Cap 34 – Uno sprizzo di umanità.
Neverwinter 17°
midwinter
È da tempo che
le gesta dei nostri eroi non vengono raccontate.
Come se fossero
rimasti dormienti, dimenticati, o – peggio ancora – ritenuti di poca
importanza.
Ma non è così.
La loro ultima
storia non si trova nei libri polverosi di biblioteche abbandonate, né viene
cantata dai bardi nelle locande affollate tra una pinta e una rissa.
No.
La loro è una
storia fatta di misteri, di insicurezze, di magie bizzarre e di molte,
moltissime parolacce.
Li avevamo
lasciati su un’isola dimenticata dai più, lassù dove le case sembrano sospese
tra cielo e mare, collegate solo da ponti di corda e catene che scricchiolano
come ossa antiche. Lì, tra pescatori dal nome pomposo e poco senso
dell’umorismo, arrivarono cercando delle druide e lì, qualcosa si ruppe.
Non erano
druide. O almeno, non lo sembravano più.
La tensione tra
i quattro amici e quelle tre donne crebbe in fretta, alimentata da parole
sbagliate e sguardi taglienti. Uno di loro, il più scaltro e il più incosciente
– Vryssal, lo chiamavano – fece infuriare colei dai capelli corvini con una
frase di troppo e lei rispose, ma non con le parole.
Un guizzo. Un
lampo nella mente e la warlock, Myra, sussultò. Aveva sentito la voce di
qualcosa o qualcuno. ‘Sto arrivando’, diceva.
Fu allora che
la porta si spalancò, come squarciata da un vento nero e ciò che ne uscì… non
era umano. Non era nemmeno vivo, forse, ma vivo abbastanza da uccidere.
Le tre
lanciarono incantesimi di luce e morte e l’aria si riempì di fumo, energia e
paura.
Ma loro, quei
quattro, non si tirarono indietro; combatterono per sé stessi, per ciò in cui
credevano, per proteggersi a vicenda – anche quando fingevano di non
importarsene.
Non era solo
una battagli, era l’inizio di qualcosa di più grande, di più oscuro.
Ma questa…
questa è solo la prima parte della storia.
Davanti a loro,
una creatura che pareva uscita da racconti horror in una notte di plenilunio di
un barista mannaro, aveva tentacoli ovunque, una bocca che sembrava progettata
solo per masticare incubi, e un nome che non prometteva nulla di buono: Arbek.
Un nome che a pronunciarlo ti viene quasi da chiederti se sia un’imprecazione o
una marca di seghe circolari.
Ma niente
avrebbe fermato i quattro. Con una coordinazione sorprendente (e forse anche un
po’ casuale), concentrarono i loro sforzi sul mostro, scaricandogli addosso
magie, pugnali psionici, frecce e ogni genere di insulto condito con spadate a
due mani.
Arbek
resistette, per un po’, poi, come ogni essere con troppi denti e troppo ego, con
la grazia di una triglia lanciata contro un muro, ferita mortalmente, furiosa,
e forse anche un po’ offesa nell’orgoglio, cadde, ma non lo fece in silenzio.
No, Arbek decise
che avrebbe lasciato un ricordo indelebile della sua fine; fu così che, con un
ultimo gorgoglio raccapricciante e un’esplosione di pura furia tentacolata,
scoppiò. Letteralmente.
Un boato
rimbombò nella sala, e il getto d’energia sprigionato fu talmente potente da
travolgere non solo Vryssal e Britz – che ci erano ormai abituati a finire in
aria ogni tre per due – ma anche due delle tre druide presenti.
I poveri sventurati crollarono a terra con le teste tra le mani, più per lo stordimento che per il dolore, come chi ha appena assistito a uno spettacolo di fuochi d’artificio troppo vicino al palco.
Da lì, tra
sputi di sangue, lividi nell’orgoglio e qualche parolaccia sussurrata a denti
stretti, i nostri eroi si rimisero in piedi; non era stata una passeggiata e
non era ancora finita perché ora bisognava convincere le tre druide superstiti,
o almeno quelle ancora capaci di sentire ragioni.
Lillicra e
Shannele, stremate, confuse e con una luna piena appena svanita negli occhi,
alla fine si lasciarono andare al dialogo, ma Mireene, invece… Bhè Mireene no.
Colei dai
capelli corvini, che già sin dall’inizio sembrava avere più spine che petali,
era ormai oltre ogni redenzione. La malvagità aveva attecchito in lei come
l’edera su una vecchia rovina e nessuna parola, nessun gesto, nessuna supplica
poté salvarla.
Alla fine, fu
la forza – quella vera – a porre fine alla sua resistenza e Mireene cadde
svenuta, forse sconfitta più nel cuore che nel corpo.
Synthariel, che
da brava druida sapeva bene quando la giustizia prende il volto della
necessità, non si disperò. Anzi, prese il corpo della donna con la fermezza di
chi sa esattamente cosa fare, e con una scintilla negli occhi annunciò la sua
intenzione: l’Enclave di Smeraldo, a Waterdeep, avrebbe avuto molto da chiedere
e lei, finalmente, alcune risposte da ottenere.
Le
conversazioni si fecero fitte. Si parlò di Tharilea, delle bugie raccontate proprio
da Mireene, delle sue manipolazioni che aveva fatto passare come nemica agli
occhi delle sue compagne, ma la parte più inquietante venne dopo, mentre il
corpo del mostro si raffreddava ai loro piedi: furono Myra e Vryssal, la
warlock dal passato salmastro, e il rogue dall’avvenire incerto, ad avvicinarsi
con uno sguardo che tradiva qualcosa tra il disgusto e la nostalgia.
Perché quella
cosa, quel mucchio di denti e membra corrotte, loro lo conoscevano. Non lǝi, ma
ciò che era diventatǝ.
Arbek era
parte della Progenie dell’Abisso. Mostri della terraferma, un tempo
uomini, donne, forse anche qualcosa di più nobile, ma ora completamente
ghermiti da entità degli abissi tanto potenti da strappar loro il libero
arbitrio.
Non restava
nulla, se non un corpo, dei tentacoli, e l’eco di un’anima perduta.
E mentre il
silenzio calava di nuovo su quell’isola, l’eco di tutto questo – delle
menzogne, delle trasformazioni, dei segreti – restava sospeso nell’aria, più
pungente della salsedine.
Avevano davanti
a sé cinque domande.
Cinque, non una
di più.
Un numero che
può sembrare generoso finché non devi usarle per scavare nella mente di una
creatura corrotta, spenta, spezzata. Poteva essere l’inizio di una verità
illuminante o solo l’ennesimo pugno d’aria, un mucchio di mosche in volo a
ricordare quanto può essere beffardo il destino.
E così, tra
sguardi carichi di dubbi e mezze frasi sussurrate, i nostri eroi si prepararono
a interrogare l’eco di ciò che un tempo era un essere senziente.
Prima domanda, ma ti identifichi come lei o lui?
ReplyDelete