L'aria è satura
dell'odore salmastro del mare e del ferro del sangue versato, mentre gli otto
sahuagin fissano la scena davanti a loro con espressioni confuse. Il cielo
plumbeo sembra troppo vicino per essere reale, un enorme coperchio grigio
pronto a rovesciare altra neve e gelo sulla spiaggia insanguinata. Le onde si
infrangono con violenza sulla riva, quasi a voler lavare via lo scempio, ma il
mare non ha abbastanza forza per cancellare il massacro. I loro occhi neri
guizzano tra i corpi smembrati e le onde che si tingono di rosso. Uno di loro
emette un verso gutturale, indicando i resti con un artiglio affilato, mentre
gli altri si guardano attorno, cercando il responsabile di quello scempio.
Britz stringe
l’arco con forza, le dita già posizionate sulla corda, pronte a scoccare la
prima freccia. Il respiro è veloce, irregolare, e cerca disperatamente di
controllarlo, di soffocare l’angoscia che ogni volta, prima della battaglia,
gli stringe lo stomaco come una morsa.
Sa che è solo
un momento, un battito di ciglia prima che tutto cambi. Non appena la prima
freccia troverà il bersaglio, il mondo smetterà di essere paura e incertezza.
Il battito frenetico nel petto lascerà spazio a un ritmo diverso, più antico,
fatto di istinto e furia cieca.
Lì, nella
tempesta del combattimento, Britz non dovrà più pensare. Solo colpire. Il
piccolo rifugio di sabbia che lo protegge sembra quasi il capolavoro di un
bambino particolarmente ambizioso. Una piccola fortezza di sabbia, sassi e
conchiglie.
Myra chiude gli
occhi per un istante, inspirando profondamente l’aria carica di iodio. Il
profumo del mare la avvolge, pungente e familiare, insinuandosi nelle sue vene
come un vecchio amante mai dimenticato. I suoi capelli per un attimo fluttuano
nell'aria come sospinti da una forza misteriosa che ne prende il sopravvento.
Per un breve attimo, il gelo, la battaglia imminente, i corpi sventrati sulla
spiaggia svaniscono. poi torna in sé. Stringe l’elsa della sua spada con un
sorriso malizioso, pronta a scatenare il caos.
Vryssal osserva
dalla sua posizione dietro il grosso scoglio, immobile come un predatore in
agguato. I suoi occhi si muovono con precisione chirurgica, calcolando
distanze, punti deboli, traiettorie di fuga. Ogni sahuagin è un bersaglio
numerato nella sua mente, un enigma da risolvere con la giusta lama nel punto
giusto. I suoi pugnali
psionici vibrano appena tra le sue dita, impazienti, quasi comunicando con lui
in un muto linguaggio di sangue e morte. Il vento gli scompiglia i capelli in
un disordine che sembra quasi studiato, un tocco di disordine nel suo
meticoloso piano d'attacco.
Synthariel
osserva la scena con la freddezza di chi ha già visto il finale scritto tra le
onde. Ogni movimento, ogni respiro trattenuto, ogni passo affondato nella
sabbia umida: tutto sembra già deciso. La paura è lì,
annidata in un angolo della sua mente, ma non la domina. Non può, non deve.
Perché sa di non essere sola. I suoi amici sono lì con lei, ognuno immerso
nella più totale attenzione, ognuno pronto a combattere fino all’ultimo
respiro. Li osserva uno ad uno e senza esitazione, li copia. Synthariel
osserva la scena con la freddezza di chi ha già calcolato la fine di ogni
singolo nemico.
Un’ondata si
infrange sulla riva, schiumando contro la sabbia bagnata. I sahuagin avanzano,
le zampe palmate che affondano tra i cadaveri dei loro simili, gli occhi
piccoli e neri che guizzano in cerca di un colpevole. Stridono nella loro
lingua gutturale, le unghie adunche che fremono di rabbia. Dietro di loro,
tra le onde mosse, gli squali danzano. Non è un movimento casuale: è un
richiamo di sangue, un incitamento silenzioso alla caccia, alla vendetta.
L’odore del massacro si mescola al sale e al gelo, e il mare sembra trattenere
il respiro, aspettando solo una cosa…
Un respiro con
gli occhi chiusi, poi Britz si dimentica di tutto. Il battito del cuore
rallenta, il mondo si restringe al solo arco tra le sue mani. Con un gesto
misurato, sussurra alla natura e all’improvviso, sotto ai piedi di uno dei due
gruppi di sahuagin, appaiono alghe vischiose e serpeggianti. Sguscianti come
creature vive, si attorcigliano alle caviglie degli uomini-pesce, bloccandoli
sul posto. Per un istante, i sahuagin si guardano intorno spaesati, cercando di
capire da dove siano arrivate, ma il tempo per i dubbi è già finito.
Vryssal non
aspettava altro. Con un movimento fulmineo, scatta fuori dalla sua copertura,
un lampo nell’ombra. I suoi pugnali psionici guizzano nell’aria come saette e
si conficcano nel torace di un sahuagin, che si accascia su sé stesso, gli
occhi vitrei ancora fissi nel vuoto. Non fa in tempo nemmeno a capire da dove
sia arrivato il colpo, né chi lo abbia lanciato.
Anche
Synthariel non si lascia intimidire. Con gli occhi fissi sul nemico, inspira
profondamente e lascia che la forza della natura fluisca attraverso di lei.
L’aria intorno si carica di energia, un fremito invisibile che
percorre la spiaggia. Poi, con un gesto fluido, evoca un fascio di luce
radiante che si abbatte sul sahuagin ferito.
Il corpo della
creatura si contorce in un ultimo spasmo, emettendo un verso gorgogliante
mentre la luce lo consuma. Quando il bagliore si dissolve, del mostro non
rimane che un mucchio di cenere bagnata dall’acqua salmastra.
Le onde si
infrangono sulla battigia, creando una vaporosa schiuma in quel mare d’inverno
che colpisce la giovane warlock come un pugno in pieno viso.
Myra, però, non
è più lì.
Il gelo della
spiaggia scompare, sostituito da un’oscurità liquida e soffocante. L’acqua
riempie i suoi polmoni, densa e impietosa. Le gambe non rispondono ai suoi
comandi, il suo corpo affonda mentre la mente lotta disperatamente per
risalire. Inspira, ma non c’è ossigeno, solo dolore. Un coltello bollente le
lacera il petto, i polmoni. La pelle brucia come se fosse scorticata viva.
L’acqua è ovunque, eppure nel suo cervello riecheggia solo un lamento
silenzioso, un urlo che nessuno può sentire.
«Mamma…»
Poi, il buio.
Un battito di
ciglia, e la realtà torna a schiantarla sulla spiaggia. Il fragore della
battaglia la investe di nuovo: urla, lame che squarciano la carne, il sapore
metallico del sangue nell’aria. Davanti a lei, un Sahuagin corre
all’attacco, le fauci spalancate in un ghigno animalesco. Di fronte a lei,
l’albero maestro della Golden Crown spunta come uno spettro dalle
profondità.
Myra solleva la
mano, pronta a scatenare il suo potere, ma il corpo non risponde con la solita
ferocia. Il terrore dell’acqua è ancora dentro di lei, la stretta dell’oceano
ancora troppo reale. Il suo incantesimo si disperde sulla sabbia, dissolvendosi
come un’onda sulla riva.
Il mondo
intorno a lei si sfoca. Le urla dei compagni diventano un brusio lontano, il
clangore delle armi, lo schiocco delle frecce che si conficcano nella carne, il
ringhio soffocato dei Sahuagin… tutto ovattato, distante.
Le gambe le
tremano. La sabbia sotto i piedi le sembra instabile, quasi volesse
inghiottirla e riportarla nelle profondità da cui è fuggita. Il sangue le
scorre lungo il braccio, caldo contro la pelle gelida, ma nemmeno quel dolore
riesce a riportarla del tutto alla realtà.
Scivola.
Il respiro le
si mozza in gola mentre un Sahuagin le piomba addosso, le zanne sporche di
sangue a pochi centimetri dal suo viso. Alza la spada, prova a colpire, ma il
movimento è debole, esitante. Non c’è la solita precisione, la solita grazia
letale.
Sente
Synthariel urlare il suo nome. Si volta di scatto, gli occhi sgranati, e in
quell’istante vede il bagliore verde della magia curativa avvolgerla come una
carezza. Il taglio sul braccio si rimargina, il dolore svanisce, ma la morsa
attorno al cuore resta.
Un'altra
freccia sibila vicino al suo orecchio, seguita dal gemito di una creatura che
cade a terra. Gli avventurieri continuano a combattere, ignari della tempesta
che le sta devastando l’anima. Myra sente un altro urlo inumano, poi un altro
ancora, fino a quando il campo di battaglia non si dissolve del tutto.
Un sussurro.
Non viene dal
mare, né dalla terra. È nella sua memoria
«Papà! Papà non
farlo!»
La voce le si
spezza sulle labbra. Il mondo torna a ruotare attorno a lei, ma per la prima
volta, non è sicura di voler restare.
Myra barcolla,
il sapore ferroso del sangue le riempie la bocca mentre il dolore le pulsa
nella gamba ferita. Un’altra lama la sfiora, un altro morso la strappa alla sua
stessa confusione.
E poi,
all’improvviso, una presa salda la trattiene.
Britz.
Non dice nulla,
non ne ha il tempo, ma il suo sguardo, per un istante, si posa su di lei. Forse
si chiede perché sia così lenta, perché sembri distante, perché la sua spada,
che fino a un attimo prima seminava morte, ora non sia altro che un peso nelle
sue mani. Forse non vede la tempesta dentro di lei, ma sente che c’è qualcosa
di sbagliato.
Myra vorrebbe
aggrapparsi a lui, alla sua presenza stabile, a quella sicurezza che fino a
poco fa dava per scontata. Si rende conto che quel gruppo sconclusionato è
forse l’unica ragione per cui varrebbe la pena ritrovare la lucidità, ma non fa
in tempo.
Un altro colpo.
Un dolore acuto
le esplode nella testa, la vista le si annebbia. Si accascia di lato, le
orecchie piene del suono ovattato della battaglia, delle urla, del vento che
sferza e sembra farle male.
Britz scatta in
avanti, il rapier che brilla mentre cerca di fermare l’ennesimo Sahuagin.
Colpisce a vuoto.
Un’ombra blu si
muove veloce verso di lei, un lampo tra la sabbia e il sangue e un sahuagin
urla di dolore. Dentro di sé Myra sorride, ma fuori riesce solo a contorcersi
in una smorfia di dolore.
La voce di
Synthariel le arriva ovattata, come se fosse sott’acqua, ma è lì. Sono tutti lì
per lei.
Un altro
sahuagin crolla, la carne bruciata dalla luce radiosa che lo incenerisce in un
bagliore accecante.
Poi,
finalmente, il silenzio.
Il respiro
affannoso dei compagni, il vento che sibila tra le onde, il battito del proprio
cuore che rimbomba nelle orecchie.
Myra si lascia
cadere sulla sabbia, le palpebre pesanti, il sapore del sangue sulla lingua.
«Bene,» mormora
con voce roca, «credo di aver bisogno di una pausa.»

Myra sbatte le
palpebre più volte, cercando di capire se sia ancora preda di qualche
allucinazione o se la scena davanti a lei sia, purtroppo, reale.
Britz,
completamente nudo, si spalma con serietà inquietante del grasso di sahuagin
addosso, come se fosse la cosa più normale del mondo. E in effetti, in mezzo a
quel delirio, l’idea è persino geniale: quel sudicio intruglio avrebbe almeno
evitato loro di congelarsi a morte una volta in acqua.
Myra si guarda
intorno, cercando Synthariel, ma di lei nessuna traccia. In compenso, Vryssal le
è accanto con un ghigno pericoloso e le mani ricoperte di quell'orrore viscido
e appiccicoso.
«Dai, che ti
spalmo io».
Ride mentre lo
dice e Myra sospira, sapendo già di essere spacciata. Per quanto ogni tanto
vorrebbe prenderlo a spadate in faccia, alla fine riesce sempre a farla ridere
più del dovuto.
Si lascia
cospargere di grasso con un misto di rassegnazione e disgusto, mentre Britz,
ancora con il sedere all’aria, cerca disperatamente le sue braghe tra la neve.
Ed è proprio in
quel momento che Synthariel ritorna.
Myra non sa
dire chi tra lei, Britz o Vryssal meriti uno sguardo più giudicante, ma il modo
in cui la mezzelfa aggrotta le sopracciglia suggerisce che stia seriamente
rivalutando tutte le sue scelte di vita fino a quel momento.
Elyndar, a
pochi passi da loro, li osserva con la saggezza di chi ha capito da tempo di
essere l’unico essere senziente in questo gruppo di idioti.
L’immersione
dovrebbe essere la parte più facile della giornata.
E in effetti,
per tre membri del gruppo lo è.
Synthariel si
tuffa senza esitazione e in un vortice di nebbia argentata il suo corpo cambia
forma, trasformandosi in un elegante squalo grigio che scivola tra le onde con
la naturalezza di chi è nato per nuotare. Britz, con il suo mantello impregnato
di odori discutibili, non si pone nemmeno il problema: si lancia dietro di lei
senza indugi, rimanendo a una distanza quasi sospetta dalla sua pinna caudale. Come
spesso accade, tra l’altro, negli ultimi giorni.
Vryssal,
nemmeno a dirlo, aspettava solo il via libera per tuffarsi. Si immerge con un
entusiasmo quasi infantile, come se quell’acqua gelida fosse il suo parco
giochi personale.
E poi c’è Myra,
che rimane immobile, l’acqua le lambisce la vita mentre stringe ancora in mano
la pozione per respirare sott’acqua. Dovrebbe berla. Dovrebbe tuffarsi e basta.
Ma non riesce a
muoversi.
Il mare la
chiama, come ha sempre fatto. Ma ora quella voce ha un’eco diversa, qualcosa di
oscuro e vischioso che la terrorizza. Ha già perso i sensi una volta. Ha già
sentito il proprio corpo cedere, trascinato nelle profondità. E se succedesse
di nuovo?
Le onde
disegnano cerchi attorno al suo corpo immobile, testimoni silenziose della sua
esitazione.
«Dai, ti
muovi?»
La voce di
Vryssal la riporta alla realtà. Quando lo guarda, lo trova lì, a pochi passi da
lei, il solito sorrisetto sulle labbra, ma con qualcosa di diverso negli occhi.
Qualcosa che le fa capire che lui ha capito.
«E se dovessi
perdere di nuovo i sensi? Se venissi trascinata giù?» La sua voce è un soffio,
più un lamento che una vera domanda.
E poi succede.
A volte, le
persone si identificano in quello che credono di essere, ma quando meno te lo
aspetti, la persona in cui credevi meno, si rivela quella che ti capisce di più.
Vryssal non
dice nulla di complicato, nulla di profondo. Non cerca di convincerla con frasi
altisonanti.
Tende solo la
mano, il palmo rivolto al cielo, il braccio teso verso di lei.
«Dai. Su. Dammi
‘sta mano.»
E lei la
prende.
La stringe con
forza, come un’àncora, come una promessa. Porta la pozione alle labbra e beve.
E poi, con un
coraggio che non credeva di avere, si immerge.
La sensazione è
strana. Ambivalente.
L’oscurità la
attira. La reclama con dita lunghe e gelide, avvolgendola in un abbraccio
vischioso, quasi affettuoso. Ma allo stesso tempo la respinge. La scaccia come
se non la volesse più, come se fosse un’estranea, un’ospite indesiderata nei
suoi abissi.
Myra fatica a
capire cosa le stia accadendo. Il mare dovrebbe essere casa sua. L’acqua
dovrebbe accoglierla, non soffocarla. Eppure, ogni fibra del suo corpo è tesa,
incerta, come se si trovasse sospesa tra due mondi senza appartenere davvero a
nessuno dei due.
Ma c’è una cosa
di cui è certa.
Non ha
intenzione di mollare quella presa.
Non finché non
sarà sicura di potersi fidare di sé stessa.
Perché per
qualche motivo – un motivo che le sfugge, che non vuole analizzare troppo –
quell’infantile mezzelfo blu che le nuota accanto le è più vicino di quanto mai
avesse creduto.
Synthariel si
muove nell’acqua con una grazia innata, la sua coda ondeggia con naturalezza
mentre si sposta silenziosa, accostandosi al relitto con la cautela di un
predatore in ascolto. La nave è lì davanti a loro, maestosa e inquietante, le
sue assi marce e spezzate raccontano storie di tempeste e sventure.
Poi, un
movimento. Un’ombra che si allunga nel buio.
Prima ancora di
poter reagire, quattro squali emergono dall’oscurità dell’abisso, nuotando con
una sicurezza inquietante, fissi su di lei. Gli occhi vitrei, neri come la
notte, la scrutano con un’intelligenza sinistra. Non sono semplici bestie
affamate.
Sanno chi è.
Sanno perché è lì. Quello che non sanno è cosa voglia e non hanno alcuna
intenzione di scoprirlo.
L’attacco è
immediato, brutale. Denti affilati squarciano la carne senza esitazione, la
loro ferocia è cieca, insaziabile. Il dolore esplode nella mente di Synthariel
mentre il suo sangue si disperde in nuvole scarlatte nell’acqua, richiamando un
istinto ancora più predatorio nei suoi aggressori.
Il mare intorno
a lei si tinge di rosso.
Il
combattimento è feroce, senza tregua, senza spazio per il respiro. L'acqua
ribolle di sangue e bolle d'aria, mentre denti affilati si scontrano con lame e
magia.
Non servono
parole. Non ne hanno bisogno.
Si muovono come
un unico corpo, un istinto condiviso che guida ogni colpo, ogni incantesimo,
ogni affondo. Vryssal si lancia in avanti, agile e sfuggente, i suoi pugnali
danzano tra le onde, squarciando la pelle coriacea degli squali. Myra, inizialmente
ancora legata a Vryssal, lascia che il suo potere si manifesti in un'onda di
energia oscura che avvolge uno degli squali, facendolo contorcere in preda al
dolore.
Synthariel
lotta, ma ogni morso la porta sempre più vicina al limite. Il suo sangue si
mescola all'acqua, la sua forma animale si spezza in un istante di
vulnerabilità, proprio mentre Britz sussulta.
E Vryssal è lì.
Scatta come un
fulmine, afferra il corpo esanime della mezzelfa prima che venga inghiottito
dalle profondità. La stringe a sé, i muscoli tesi nello sforzo di trascinarla
verso la superficie. Il suo respiro è affannoso, il cuore martella nelle
orecchie mentre si fa strada tra le correnti, ignorando il bruciore nei
polmoni.
Poi,
finalmente, l'aria.
Ormai questi non sono piu' da considerare riassunti della sessione :D
ReplyDeletema infatti poi li pubblichiamo come libro!
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