Cap 17 - I sahuagin e la golden crown pt. 2

Darkwood Lagoon – 28° profondo inverno

L'aria è satura dell'odore salmastro del mare e del ferro del sangue versato, mentre gli otto sahuagin fissano la scena davanti a loro con espressioni confuse. Il cielo plumbeo sembra troppo vicino per essere reale, un enorme coperchio grigio pronto a rovesciare altra neve e gelo sulla spiaggia insanguinata. Le onde si infrangono con violenza sulla riva, quasi a voler lavare via lo scempio, ma il mare non ha abbastanza forza per cancellare il massacro. I loro occhi neri guizzano tra i corpi smembrati e le onde che si tingono di rosso. Uno di loro emette un verso gutturale, indicando i resti con un artiglio affilato, mentre gli altri si guardano attorno, cercando il responsabile di quello scempio.

Dietro le rocce e le collinette di sabbia, il gruppo attende. 
Britz stringe l’arco con forza, le dita già posizionate sulla corda, pronte a scoccare la prima freccia. Il respiro è veloce, irregolare, e cerca disperatamente di controllarlo, di soffocare l’angoscia che ogni volta, prima della battaglia, gli stringe lo stomaco come una morsa. 
Sa che è solo un momento, un battito di ciglia prima che tutto cambi. Non appena la prima freccia troverà il bersaglio, il mondo smetterà di essere paura e incertezza. Il battito frenetico nel petto lascerà spazio a un ritmo diverso, più antico, fatto di istinto e furia cieca. 
Lì, nella tempesta del combattimento, Britz non dovrà più pensare. Solo colpire. Il piccolo rifugio di sabbia che lo protegge sembra quasi il capolavoro di un bambino particolarmente ambizioso. Una piccola fortezza di sabbia, sassi e conchiglie.

Myra chiude gli occhi per un istante, inspirando profondamente l’aria carica di iodio. Il profumo del mare la avvolge, pungente e familiare, insinuandosi nelle sue vene come un vecchio amante mai dimenticato. I suoi capelli per un attimo fluttuano nell'aria come sospinti da una forza misteriosa che ne prende il sopravvento. Per un breve attimo, il gelo, la battaglia imminente, i corpi sventrati sulla spiaggia svaniscono. poi torna in sé. Stringe l’elsa della sua spada con un sorriso malizioso, pronta a scatenare il caos.

Vryssal osserva dalla sua posizione dietro il grosso scoglio, immobile come un predatore in agguato. I suoi occhi si muovono con precisione chirurgica, calcolando distanze, punti deboli, traiettorie di fuga. Ogni sahuagin è un bersaglio numerato nella sua mente, un enigma da risolvere con la giusta lama nel punto giusto. I suoi pugnali psionici vibrano appena tra le sue dita, impazienti, quasi comunicando con lui in un muto linguaggio di sangue e morte. Il vento gli scompiglia i capelli in un disordine che sembra quasi studiato, un tocco di disordine nel suo meticoloso piano d'attacco.

Synthariel osserva la scena con la freddezza di chi ha già visto il finale scritto tra le onde. Ogni movimento, ogni respiro trattenuto, ogni passo affondato nella sabbia umida: tutto sembra già deciso. La paura è lì, annidata in un angolo della sua mente, ma non la domina. Non può, non deve. Perché sa di non essere sola. I suoi amici sono lì con lei, ognuno immerso nella più totale attenzione, ognuno pronto a combattere fino all’ultimo respiro. Li osserva uno ad uno e senza esitazione, li copia. Synthariel osserva la scena con la freddezza di chi ha già calcolato la fine di ogni singolo nemico.

Un’ondata si infrange sulla riva, schiumando contro la sabbia bagnata. I sahuagin avanzano, le zampe palmate che affondano tra i cadaveri dei loro simili, gli occhi piccoli e neri che guizzano in cerca di un colpevole. Stridono nella loro lingua gutturale, le unghie adunche che fremono di rabbia. Dietro di loro, tra le onde mosse, gli squali danzano. Non è un movimento casuale: è un richiamo di sangue, un incitamento silenzioso alla caccia, alla vendetta. L’odore del massacro si mescola al sale e al gelo, e il mare sembra trattenere il respiro, aspettando solo una cosa…

Un respiro con gli occhi chiusi, poi Britz si dimentica di tutto. Il battito del cuore rallenta, il mondo si restringe al solo arco tra le sue mani. Con un gesto misurato, sussurra alla natura e all’improvviso, sotto ai piedi di uno dei due gruppi di sahuagin, appaiono alghe vischiose e serpeggianti. Sguscianti come creature vive, si attorcigliano alle caviglie degli uomini-pesce, bloccandoli sul posto. Per un istante, i sahuagin si guardano intorno spaesati, cercando di capire da dove siano arrivate, ma il tempo per i dubbi è già finito.  

Vryssal non aspettava altro. Con un movimento fulmineo, scatta fuori dalla sua copertura, un lampo nell’ombra. I suoi pugnali psionici guizzano nell’aria come saette e si conficcano nel torace di un sahuagin, che si accascia su sé stesso, gli occhi vitrei ancora fissi nel vuoto. Non fa in tempo nemmeno a capire da dove sia arrivato il colpo, né chi lo abbia lanciato.
Anche Synthariel non si lascia intimidire. Con gli occhi fissi sul nemico, inspira profondamente e lascia che la forza della natura fluisca attraverso di lei. L’aria intorno si carica di energia, un fremito invisibile che percorre la spiaggia. Poi, con un gesto fluido, evoca un fascio di luce radiante che si abbatte sul sahuagin ferito.
Il corpo della creatura si contorce in un ultimo spasmo, emettendo un verso gorgogliante mentre la luce lo consuma. Quando il bagliore si dissolve, del mostro non rimane che un mucchio di cenere bagnata dall’acqua salmastra.
Le onde si infrangono sulla battigia, creando una vaporosa schiuma in quel mare d’inverno che colpisce la giovane warlock come un pugno in pieno viso.
Myra, però, non è più lì.

Il gelo della spiaggia scompare, sostituito da un’oscurità liquida e soffocante. L’acqua riempie i suoi polmoni, densa e impietosa. Le gambe non rispondono ai suoi comandi, il suo corpo affonda mentre la mente lotta disperatamente per risalire. Inspira, ma non c’è ossigeno, solo dolore. Un coltello bollente le lacera il petto, i polmoni. La pelle brucia come se fosse scorticata viva. L’acqua è ovunque, eppure nel suo cervello riecheggia solo un lamento silenzioso, un urlo che nessuno può sentire.

«Mamma…»
Poi, il buio.
Un battito di ciglia, e la realtà torna a schiantarla sulla spiaggia. Il fragore della battaglia la investe di nuovo: urla, lame che squarciano la carne, il sapore metallico del sangue nell’aria. Davanti a lei, un Sahuagin corre all’attacco, le fauci spalancate in un ghigno animalesco. Di fronte a lei, l’albero maestro della Golden Crown spunta come uno spettro dalle profondità.
Myra solleva la mano, pronta a scatenare il suo potere, ma il corpo non risponde con la solita ferocia. Il terrore dell’acqua è ancora dentro di lei, la stretta dell’oceano ancora troppo reale. Il suo incantesimo si disperde sulla sabbia, dissolvendosi come un’onda sulla riva.
Il mondo intorno a lei si sfoca. Le urla dei compagni diventano un brusio lontano, il clangore delle armi, lo schiocco delle frecce che si conficcano nella carne, il ringhio soffocato dei Sahuagin… tutto ovattato, distante.
Le gambe le tremano. La sabbia sotto i piedi le sembra instabile, quasi volesse inghiottirla e riportarla nelle profondità da cui è fuggita. Il sangue le scorre lungo il braccio, caldo contro la pelle gelida, ma nemmeno quel dolore riesce a riportarla del tutto alla realtà.
Scivola.
Il respiro le si mozza in gola mentre un Sahuagin le piomba addosso, le zanne sporche di sangue a pochi centimetri dal suo viso. Alza la spada, prova a colpire, ma il movimento è debole, esitante. Non c’è la solita precisione, la solita grazia letale.
Sente Synthariel urlare il suo nome. Si volta di scatto, gli occhi sgranati, e in quell’istante vede il bagliore verde della magia curativa avvolgerla come una carezza. Il taglio sul braccio si rimargina, il dolore svanisce, ma la morsa attorno al cuore resta.
Un'altra freccia sibila vicino al suo orecchio, seguita dal gemito di una creatura che cade a terra. Gli avventurieri continuano a combattere, ignari della tempesta che le sta devastando l’anima. Myra sente un altro urlo inumano, poi un altro ancora, fino a quando il campo di battaglia non si dissolve del tutto.
Un sussurro.
Non viene dal mare, né dalla terra. È nella sua memoria
«Papà! Papà non farlo!»
La voce le si spezza sulle labbra. Il mondo torna a ruotare attorno a lei, ma per la prima volta, non è sicura di voler restare.
Myra barcolla, il sapore ferroso del sangue le riempie la bocca mentre il dolore le pulsa nella gamba ferita. Un’altra lama la sfiora, un altro morso la strappa alla sua stessa confusione.
E poi, all’improvviso, una presa salda la trattiene.
Britz.
Non dice nulla, non ne ha il tempo, ma il suo sguardo, per un istante, si posa su di lei. Forse si chiede perché sia così lenta, perché sembri distante, perché la sua spada, che fino a un attimo prima seminava morte, ora non sia altro che un peso nelle sue mani. Forse non vede la tempesta dentro di lei, ma sente che c’è qualcosa di sbagliato.
Myra vorrebbe aggrapparsi a lui, alla sua presenza stabile, a quella sicurezza che fino a poco fa dava per scontata. Si rende conto che quel gruppo sconclusionato è forse l’unica ragione per cui varrebbe la pena ritrovare la lucidità, ma non fa in tempo.
Un altro colpo.
Un dolore acuto le esplode nella testa, la vista le si annebbia. Si accascia di lato, le orecchie piene del suono ovattato della battaglia, delle urla, del vento che sferza e sembra farle male.
Britz scatta in avanti, il rapier che brilla mentre cerca di fermare l’ennesimo Sahuagin. Colpisce a vuoto.
Un’ombra blu si muove veloce verso di lei, un lampo tra la sabbia e il sangue e un sahuagin urla di dolore. Dentro di sé Myra sorride, ma fuori riesce solo a contorcersi in una smorfia di dolore.
La voce di Synthariel le arriva ovattata, come se fosse sott’acqua, ma è lì. Sono tutti lì per lei.
Un altro sahuagin crolla, la carne bruciata dalla luce radiosa che lo incenerisce in un bagliore accecante.
Poi, finalmente, il silenzio.
Il respiro affannoso dei compagni, il vento che sibila tra le onde, il battito del proprio cuore che rimbomba nelle orecchie.
Myra si lascia cadere sulla sabbia, le palpebre pesanti, il sapore del sangue sulla lingua.
«Bene,» mormora con voce roca, «credo di aver bisogno di una pausa.»



Myra sbatte le palpebre più volte, cercando di capire se sia ancora preda di qualche allucinazione o se la scena davanti a lei sia, purtroppo, reale.

Britz, completamente nudo, si spalma con serietà inquietante del grasso di sahuagin addosso, come se fosse la cosa più normale del mondo. E in effetti, in mezzo a quel delirio, l’idea è persino geniale: quel sudicio intruglio avrebbe almeno evitato loro di congelarsi a morte una volta in acqua.
Myra si guarda intorno, cercando Synthariel, ma di lei nessuna traccia. In compenso, Vryssal le è accanto con un ghigno pericoloso e le mani ricoperte di quell'orrore viscido e appiccicoso.
«Dai, che ti spalmo io».
Ride mentre lo dice e Myra sospira, sapendo già di essere spacciata. Per quanto ogni tanto vorrebbe prenderlo a spadate in faccia, alla fine riesce sempre a farla ridere più del dovuto.
Si lascia cospargere di grasso con un misto di rassegnazione e disgusto, mentre Britz, ancora con il sedere all’aria, cerca disperatamente le sue braghe tra la neve.
Ed è proprio in quel momento che Synthariel ritorna.
Myra non sa dire chi tra lei, Britz o Vryssal meriti uno sguardo più giudicante, ma il modo in cui la mezzelfa aggrotta le sopracciglia suggerisce che stia seriamente rivalutando tutte le sue scelte di vita fino a quel momento.
Elyndar, a pochi passi da loro, li osserva con la saggezza di chi ha capito da tempo di essere l’unico essere senziente in questo gruppo di idioti.

 


L’immersione dovrebbe essere la parte più facile della giornata.

E in effetti, per tre membri del gruppo lo è.
Synthariel si tuffa senza esitazione e in un vortice di nebbia argentata il suo corpo cambia forma, trasformandosi in un elegante squalo grigio che scivola tra le onde con la naturalezza di chi è nato per nuotare. Britz, con il suo mantello impregnato di odori discutibili, non si pone nemmeno il problema: si lancia dietro di lei senza indugi, rimanendo a una distanza quasi sospetta dalla sua pinna caudale. Come spesso accade, tra l’altro, negli ultimi giorni.
Vryssal, nemmeno a dirlo, aspettava solo il via libera per tuffarsi. Si immerge con un entusiasmo quasi infantile, come se quell’acqua gelida fosse il suo parco giochi personale.
E poi c’è Myra, che rimane immobile, l’acqua le lambisce la vita mentre stringe ancora in mano la pozione per respirare sott’acqua. Dovrebbe berla. Dovrebbe tuffarsi e basta.
Ma non riesce a muoversi.
Il mare la chiama, come ha sempre fatto. Ma ora quella voce ha un’eco diversa, qualcosa di oscuro e vischioso che la terrorizza. Ha già perso i sensi una volta. Ha già sentito il proprio corpo cedere, trascinato nelle profondità. E se succedesse di nuovo?
Le onde disegnano cerchi attorno al suo corpo immobile, testimoni silenziose della sua esitazione.
«Dai, ti muovi?»
La voce di Vryssal la riporta alla realtà. Quando lo guarda, lo trova lì, a pochi passi da lei, il solito sorrisetto sulle labbra, ma con qualcosa di diverso negli occhi. Qualcosa che le fa capire che lui ha capito.
«E se dovessi perdere di nuovo i sensi? Se venissi trascinata giù?» La sua voce è un soffio, più un lamento che una vera domanda.
E poi succede.
A volte, le persone si identificano in quello che credono di essere, ma quando meno te lo aspetti, la persona in cui credevi meno, si rivela quella che ti capisce di più.
Vryssal non dice nulla di complicato, nulla di profondo. Non cerca di convincerla con frasi altisonanti.
Tende solo la mano, il palmo rivolto al cielo, il braccio teso verso di lei.
«Dai. Su. Dammi ‘sta mano.»
E lei la prende.
La stringe con forza, come un’àncora, come una promessa. Porta la pozione alle labbra e beve.
E poi, con un coraggio che non credeva di avere, si immerge.
La sensazione è strana. Ambivalente.
L’oscurità la attira. La reclama con dita lunghe e gelide, avvolgendola in un abbraccio vischioso, quasi affettuoso. Ma allo stesso tempo la respinge. La scaccia come se non la volesse più, come se fosse un’estranea, un’ospite indesiderata nei suoi abissi.
Myra fatica a capire cosa le stia accadendo. Il mare dovrebbe essere casa sua. L’acqua dovrebbe accoglierla, non soffocarla. Eppure, ogni fibra del suo corpo è tesa, incerta, come se si trovasse sospesa tra due mondi senza appartenere davvero a nessuno dei due.
Ma c’è una cosa di cui è certa.
Non ha intenzione di mollare quella presa.
Non finché non sarà sicura di potersi fidare di sé stessa.
Perché per qualche motivo – un motivo che le sfugge, che non vuole analizzare troppo – quell’infantile mezzelfo blu che le nuota accanto le è più vicino di quanto mai avesse creduto.
Synthariel si muove nell’acqua con una grazia innata, la sua coda ondeggia con naturalezza mentre si sposta silenziosa, accostandosi al relitto con la cautela di un predatore in ascolto. La nave è lì davanti a loro, maestosa e inquietante, le sue assi marce e spezzate raccontano storie di tempeste e sventure.
Poi, un movimento. Un’ombra che si allunga nel buio.
Prima ancora di poter reagire, quattro squali emergono dall’oscurità dell’abisso, nuotando con una sicurezza inquietante, fissi su di lei. Gli occhi vitrei, neri come la notte, la scrutano con un’intelligenza sinistra. Non sono semplici bestie affamate.
Sanno chi è. Sanno perché è lì. Quello che non sanno è cosa voglia e non hanno alcuna intenzione di scoprirlo.
L’attacco è immediato, brutale. Denti affilati squarciano la carne senza esitazione, la loro ferocia è cieca, insaziabile. Il dolore esplode nella mente di Synthariel mentre il suo sangue si disperde in nuvole scarlatte nell’acqua, richiamando un istinto ancora più predatorio nei suoi aggressori.
Il mare intorno a lei si tinge di rosso.
Il combattimento è feroce, senza tregua, senza spazio per il respiro. L'acqua ribolle di sangue e bolle d'aria, mentre denti affilati si scontrano con lame e magia.
Non servono parole. Non ne hanno bisogno.
Si muovono come un unico corpo, un istinto condiviso che guida ogni colpo, ogni incantesimo, ogni affondo. Vryssal si lancia in avanti, agile e sfuggente, i suoi pugnali danzano tra le onde, squarciando la pelle coriacea degli squali. Myra, inizialmente ancora legata a Vryssal, lascia che il suo potere si manifesti in un'onda di energia oscura che avvolge uno degli squali, facendolo contorcere in preda al dolore.


Synthariel lotta, ma ogni morso la porta sempre più vicina al limite. Il suo sangue si mescola all'acqua, la sua forma animale si spezza in un istante di vulnerabilità, proprio mentre Britz sussulta.

E Vryssal è lì.
Scatta come un fulmine, afferra il corpo esanime della mezzelfa prima che venga inghiottito dalle profondità. La stringe a sé, i muscoli tesi nello sforzo di trascinarla verso la superficie. Il suo respiro è affannoso, il cuore martella nelle orecchie mentre si fa strada tra le correnti, ignorando il bruciore nei polmoni.
Poi, finalmente, l'aria.






Comments

  1. Ormai questi non sono piu' da considerare riassunti della sessione :D

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  2. ma infatti poi li pubblichiamo come libro!

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