Cap 31 - Tra Zentharym e arpisti meglio scegliere... o finisci tra i mai più visti

Neverwinter – 17° midwinter


La fila davanti al tavolo di Shonka sembra una sfida a chi ha più fegato. Grorg e Grurg, due orchi dalla muscolatura esagerata e dall’intelligenza, be’, diciamo "diluita", attendono il loro turno appiccicati l’uno all’altro come due cozze in amore. Il clima è teso e pregno di testosterone.
Ma Synthariel e Myra non si lasciano intimidire. Anzi, prese dalla foga di passare davanti, Myra si abbassa la scollatura della veste e con estrema attenzione a mostrarlo solo a loro, estrae un capezzolo, ma la reazione è alquanto bizzarra. I due orchi dopo aver riso di quel gesto iniziano a limonare con una furia barbarica ansimando e ripetendo i loro stessi nomi. In fondo l’effetto sperato si è realizzato: Myra alza gli occhi al cielo, prende Synthariel per mano e insieme scavalcano la fila.
Shonka, cieca come una talpa e inquietante come una profezia dimenticata, le accoglie senza parlare. Le dita nodose si muovono lentamente sulla sabbia del tavolo, tracciando simboli con una lentezza rituale.
Una nave col teschio.
Una pergamena bianca.
Una luna.
Un sole.
Un’altra luna.
E infine, una testa di drago.
Poi silenzio. I suoi occhi diventano completamente bianchi, come due perle lattiginose abbandonate nel buio. Nessuna parola. Nessuna spiegazione. Solo quella mappa di simboli inquietanti nel vuoto.
Le due osservano la scena con crescente frustrazione, cercando indizi, un gesto, una parola che possa dare un senso alla sequenza. Non ottenendo nulla, si rivolgono a Vryssal e Britz nella speranza che, facendosi leggere anche loro il futuro, Shonka possa ripetere i simboli o dare un nuovo pezzo del puzzle, ma i due non sono per nulla inclini a partecipare. La veggente, senza nemmeno alzare lo sguardo, rifiuta con freddezza: chi non crede, non riceve risposte.
Alla fine, Myra e Synthariel restano da sole con la cruda e indecifrabile simbologia tracciata nella sabbia. Nessuna spiegazione, nessuna conferma. Solo un insieme di segni criptici e lo sguardo vuoto della vecchia, come se la verità non fosse destinata a essere compresa… almeno non subito.



Mentre il gruppo si dirige verso il porto, Synthariel cammina con la grazia di una bimba capricciosa: trascina i piedi, sbuffa, lancia lamentele a ogni passo e guarda il cielo con espressione sofferente. Ogni tanto lancia un’occhiataccia al gruppo, ma è difficile prendere sul serio tanta teatrale esasperazione.
Gli altri tre, al contrario, sono di tutt’altro umore. Ridacchiano senza ritegno, scambiandosi battute e ipotesi sempre più assurde su quale delle due navi – il Voyage o l’Ira del Dragone – sia più facile da affondare per errore. Chi con un cannone sparato al contrario, chi con una manovra maldestra mentre si cerca di evitare uno scoglio. Nessuno, ovviamente, intende davvero fare una cosa del genere: sarebbe una follia totale, un’idiozia da manuale… ma il solo pensarci li fa sbellicare dalle risate.
In un improvviso slancio di euforia – o forse solo per alimentare il caos che tanto le dona – Myra propone una scommessa, lanciando uno sguardo complice e una strizzatina d’occhio a Britz e Vryssal. La posta in gioco è semplice quanto potenzialmente disastrosa: chi vince dovrà baciare il proprio “compagno” con cui svolgerà la gara. Nessuno chiede spiegazioni. Nessuno chiarisce nulla, ma tutti annuiscono con aria saputa, come se fosse perfettamente ovvio di chi si stia parlando.
Il problema, ovviamente, è che non si è capito affatto. O meglio: ognuno è convinto di aver capito benissimo, ma potrebbe benissimo riferirsi a una persona diversa. Nella testa di Myra c’è la vittoria schiacciante di Britz e Synthariel ed ecco perché prende Vryssal da un polso portandolo con sé sul Voyage.
Su nessuna delle due navi, né sul Voyage né sull’Ira del Dragone, è presente un capitano. Una mancanza che, in teoria, potrebbe rivelarsi un vantaggio: niente autorità da sfidare, niente ordini da contraddire, ma in pratica, la situazione è ben diversa; le due ciurme, divise tra le due imbarcazioni, appaiono tutt’altro che convinte.
Svogliati e chiaramente annoiati, i marinai fissano i quattro appena saliti a bordo – chi su una nave, chi sull’altra – con la stessa espressione confusa e scettica: cosa vogliono da noi? E soprattutto, quelli sull’ira del dragone si domandano: chi sono?
Occhi socchiusi contro il sole, braccia incrociate e qualche sbadiglio ben poco rispettoso sono tutto ciò che ottengono in risposta. Le ciurme attendono, giudicano e soprattutto non muovono un dito, in attesa che qualcuno, chiunque, si dimostri degno di essere seguito.
È Myra a prendere in mano la situazione, come spesso accade quando c'è bisogno di carisma. La scommessa fatta poco prima? Totalmente dimenticata. La furia agonistica che le brucia nelle vene ha spazzato via ogni pensiero: ora conta solo vincere.
Sale su una cassa, capelli al vento e lo sguardo che taglia l’orizzonte. Poi comincia a parlare. All’inizio con tono deciso, quasi formale, poi sempre più acceso, appassionato, viscerale. Le parole scorrono fuori dalla sua bocca come onde in un mare in tempesta, trascinando ogni orecchio attento nella sua corrente.
E il dado – letteralmente, dato che fa 20 – è tratto.
I marinai, un attimo prima incerti, ora sono rapiti. Gli occhi brillano, i pugni si stringono, le teste annuiscono. Quando lei conclude con una frase che è insieme un grido di battaglia e una promessa di gloria, la ciurma del voyage esplode in un coro selvaggio:
«MYRA! MYRA!»
Presi da un entusiasmo contagioso, l’equipaggio si mette subito al lavoro: si issano vele, si cazzano le rande  e qualcuno – per sicurezza – comincia ad armare i cannoni. Non si sa mai.
Tutt’altra musica, decisamente più stonata, risuona sull’Ira del Dragone. Là dove Myra ha incendiato gli animi, Synthariel tenta di imporsi con autorità, ma il tono fermo e distaccato, forse troppo, non ottiene l’effetto desiderato.
I marinai la osservano in silenzio, sguardi duri e braccia incrociate. Alcuni socchiudono gli occhi, altri si scambiano occhiate eloquenti. Non sembrano intimiditi, né particolarmente interessati a compiacere una perfetta sconosciuta che piomba dall’alto con l’idea di dare ordini.
Quando lei propone – o meglio, pretende – la loro partecipazione alla gara, la risposta è secca, e unanime: un rifiuto.
Finisce quindi così la gara, con una vittoria a tavolino dei Myssal. O dei Vryra, a scelta. Il giro d’onore è tutt’altro che sobrio: fuochi d’artificio lanciati senza criterio, canzoni cantate a squarciagola, balli improvvisati sul ponte… d’altronde non ci si poteva aspettare nulla di diverso da loro due insieme.


Dopo un po’ di perculi, i quattro si dirigono verso quella che era stata annunciata come una “festa esclusiva”, un evento ospitato nientemeno che alla Casa delle Mille Facce.
Certo, dopo la giornata passata a smuovere mezza Neverwinter tra minacce aliene, nobili infastiditi e oracoli ciechi, l’idea di una festa suona più come un agguato travestito da buffet, ma, si sa, dove c’è musica e cibo gratis, loro ci vanno comunque.
La Locanda delle Mille Facce si presenta come un locale di tutto rispetto: elegante, raffinato, quasi fin troppo per i quattro eroi, abituati più a sporcarsi le mani che a guardare il decoro. Ignorando completamente la targa dorata e lucida appesa vicina alla porta, irrompono dentro con la sicurezza di chi si aspetta una festa in loro onore.
Al loro ingresso, però, l’atmosfera è ben diversa da quella immaginata: un ambiente di classe, con bicchieri di vetro finissimo, tavoli impeccabilmente apparecchiati, e un certo senso di inquietudine dato dai manichini che, sparsi qua e là, sembrano fissarli con un’attenzione fin troppo assidua.


A rompere il silenzio, si avvicinano due figure: Therys, eladryn dell’Autunno, una creatura fatata e angelica, il cui sguardo sembra seguire il lento mutare delle stagioni, e Toram, che si presenta come suo stepbrother,  un mezzelfo dallo sguardo enigmatico.
Tra una chiacchiera confusa e qualche strana spiegazione sui loro legami di sangue – madri diverse, padri diversi, zii in comune e chissà che altro – la verità agli occhi dei quattro è ben altra e anche molto chiara: quei due scopano. Vryssal, suppone che la cosa accada dentro un’asciugatrice e, senza capire che quella non è una festa a loro dedicata, comincia a ballare da solo con i manichini.
I due stepcosi, con un sospiro rassegnato, mostrano infine una spilla con un simbolo inequivocabile: un’arpa e una mezzaluna. Raccontano brevemente chi sono gli Arpisti e, vista la totale assenza di idee di Myra – che manco sapeva chi fossero gli Zhentarim – si soffermano con un sorriso enigmatico sulla spiegazione di ciò che hanno bisogno da loro. Propongono ai quattro un gioco doppio, un affare che potrebbe cambiare le carte in tavola.
Gli arpisti voglio che i quattro continuino a collaborare con gli zhentarym, stando all’interno saranno agenti degli arpisti e l’obiettivo è quello di scoprire qualcosa su Dagult Neverember, perché anche secondo loro sta acquisendo troppo potere e potrebbe a breve diventare un vero e proprio dittatore.
In tutto questo vogliono anche informazioni sulle divisioni interne degli zhentarym, tra i doomraiders e il resto degli zhentarym.


Essere un arpista ha numerosi vantaggi, oltre  alle informazioni e supporto materiale, dispongono di  reti di trasporto, con circoli di teletrasporti. E proprio per questo chiedono il loro aiuto. Non hanno più contatti con una delle basi segrete nel mare della spada ed in particolare con la leader Tea Wisecobble. Non hanno idea della locazione di questa base segreta, sanno che è all’interno di un iceberg, e possono teletrasportarli lì seduta stante.
T&T fanno un cenno alla loro stepdaughter, Sandyse, la tecnica per il teletrasporto che dimostra subito un interesse particolare per Synthariel, che però non apprezza.


Un portale rosso scuro si apre improvvisamente, conducendo i quattro in una stanza chiusa e buia, illuminata soltanto dalla luce fioca del portale stesso. Sulla parete opposta, si delineano delle fessure che sembrano celare una porta segreta. La stanza è spoglia, priva di arredamento, ma oltre la porta segreta si sentono voci che parlano in comune, disquisendo di prigionieri con un marcato accento di Luskan. Poco distante, una pulsantiera suggerisce il meccanismo per aprire la porta, che dopo qualche tentativo, scorre silenziosa, con un rumore sommesso e strano che suona come "kataflushklapatacatarakatavrata", ma nessuno sembra accorgersi di questo dettaglio.
All’interno, seduti attorno ad un tavolo, quattro individui vestiti con tuniche da prete attirano l’attenzione: ciascuna tunica è adornata da un simbolo ben riconoscibile, un enorme calamaro viola, emblematico di un culto oscuro o di un potere marino sinistro che trilla subito nella mente di Myra.


Alla vista di queste persone Britz ha un’epifania.
«Il bacio! Dovevate baciarvi! Avete vinto la scommessa» Fortunatamente, grazie al collegamento psichico che lega i quattro, il messaggio arriva chiaro senza fare nessun tipo di rumore, anche se Myra lo fulmina con uno sguardo tagliente. Ne nasce un piccolo scambio telepatico piuttosto acceso, dove lei domanda a Britz da quale parte stia, e lui risponde con uno sguardo chiarissimo rivolto a Vryssal, chiudendo così la questione.
La faccenda tende a passare in secondo piano velocemente, e mentre Vryssal non dice  - o pensa – una parola a riguardo, Myra spera con tutta sé stessa che quello gnomling malcagato se ne dimentichi al più presto.





 








Comments

Popular posts from this blog