Cap 29 - Il male minore o il male peggiore?
Neverwinter
– 16° midwinter
Nella sala
sommersa della Casa della Conoscenza, la tensione raggiunge il suo culmine. Le
acque ribollono di rabbia e violenza mentre due mostri pericolosi si
affrontano: da un lato Bartholomew, lo zombie pirata vestito con i resti di una
gloriosa uniforme piratesca, puzzolente di muffa e tarme, dall’altro Kzixxarro,
l’aboleth che ha tormentato i pensieri degli eroi nelle ultime ore. Il loro
scontro è titanico, una danza viscida di tentacoli e carne decomposta, tra
schizzi di muco gelatinoso verde e fendenti pesanti come ancore.
E a proposito
di àncore…
Tutt'intorno,
una folla di scheletri sbuca dalle acque e dagli anfratti, brandendo spade
arrugginite e mascelle traballanti e, come se tutto questo non fosse già
abbastanza assurdo… appare lei.
Una figura
massiccia, familiare, con la pelle verdastra e un braccio che finisce in
un’enorme ancora di ferro. La sua risata roca echeggia tra le pareti mentre
carica un gruppo di scheletri con estremo entusiasmo, come se fosse appena
tornata da un viaggio negli inferi.
È Ankah,
l’orchessa ex-luogotenente del famigerato Capitan Calloso. O almeno ciò che ne
rimane.
Il suo volto è
ancora più rovinato di prima, la pelle tirata, gli occhi iniettati di una
strana luce. Eppure, è inconfondibile: la sua àncora che sbatte e la sua
inutilità totale.
Gli eroi si
scambiano uno sguardo che è un misto di stupore, confusione e, diciamolo, un
filo di gioia malcelata nel vederla lì, come unico volto conosciuto.
Non appena gli
eroi si fanno avanti, una voce viscida e penetrante si insinua nelle loro menti:
è Kzixxarro, ma non è lo stesso aboleth che avevano incontrato tempo prima: la
sicurezza è svanita, sostituita da una tensione palpabile. C'è rabbia, paura,
forse addirittura un accenno di disperazione.
Accenna velocemente
a un tradimento: parla di Dagult Neverember, del rapimento di suo figlio quando
ancora Dagult era a Waterdeep. Nelle loro menti arrivano delle immagini vivide di
Dagult e delle sue guardie che massacrano un aboleth e lo imprigionano con
tridenti e catene. A questo punto Synthariel si irrigidisce di colpo. Che sia
stato davvero il Lord di Neverwinter a prendere suo figlio e ad ucciderlo e
torturarlo?
Le intenzioni
del gruppo restano ambigue per un attimo. Lo sguardo passa dall’aboleth allo
zombie pirata, fino all’orchessa dalla mano d’àncora. Poi è Vryssal a rompere
l’indugio, scagliandosi contro Ankah senza esitazioni. Un attimo dopo, però,
una nuova ondata mentale lo investe: la stessa voce, ma più forte, più
profonda, che si insinua nei suoi pensieri e lo spinge, senza possibilità di
replica, a schierarsi dalla sua parte.
L’aboleth è
ancora più potente di quanto ricordassero e Vryssal ne è in balìa.
Gli attacchi
dei quattro si concentrano senza pietà sulla ciurma scheletrica di Bartholomew.
Le ossa esplodono in frammenti sotto le frecce e le magie, sparpagliandosi nell’acqua
che ricopre la sala.
Il pirata
zombie inizia a incassare i colpi con un’insofferenza sempre più evidente. Ogni
fenditura, ogni taglio, ogni esplosione magica fa sfrigolare la carne in
decomposizione e Bartholomew si irrigidisce. Non prova dolore, ma è chiaramente
infastidito: sprizza odio da ogni parte del corpo, e dalle orbite vuote, dove
un tempo forse c’erano occhi, ora trapela solo un fuoco verde acido, pronto a
esplodere.
Dal fondo della
stanza, come un sogno vivido, compare una figura eterea: è Fratello Jhonatan
Atlavas. Spalla a spalla con il suo antico mentore, combatte senza esitazione
gli scheletri che tentano di sopraffare Kzixxarro.
Myra,
osservando la scena, ha un’idea brillante.
Sulla carta.
Un piano
sottile, ingegnoso, quasi astuto: farsi passare per alleata dell’aboleth
abbastanza a lungo da liberare Vryssal dal suo controllo mentale, per poi
tentare un doppio gioco coinvolgendo anche Bartholomew.
Quello che la
warlock non considera, però, è che Kzixxarro non è esattamente uno sprovveduto
con la coscienza lenta. È un aboleth psionico, e ogni pensiero, ogni accenno
mentale, viene percepito come un urlo. L’illusione dura solo qualche istante,
giusto il tempo necessario perché il legame mentale su Vryssal si spezzi e in
quell’attimo, Myra crede quasi di avercela fatta.
Kzixxarro però capisce.
Senza dire
nulla, senza muoversi, senza nemmeno emettere un suono, le scaglia addosso il
suo più fedele servitore, che però non viene calcolato troppo ed è talmente
rilevante durante lo scontro, che non lo sfiorano nemmeno passandogli accanto.
Bartholomew,
barcollante, tenta la rigenerazione, ma non fa nemmeno in tempo ad emettere il
primo grugnito che una colonna di luce lunare lo investe e il Moonbeam blocca
qualsiasi speranza di guarigione.
Da quel momento
in poi, la battaglia cambia direzione; Bartholomew, ormai vulnerabile, viene
preso d’assalto. Gli scheletri attorno a lui cadono uno dopo l’altro, la magia,
nel giro di pochi istanti, riduce in polvere tutto ciò che resta della ciurma
non-morta.
Poi cala un
momento di stallo.
Le armi si
abbassano, i respiri si fanno più profondi, i cuori ancora tesi. Gli occhi si
voltano tutti verso la stessa direzione. Perché Bartholomew è caduto, sì, ma
Kzixxarro no.
Il silenzio che
segue non è pace.
È preludio.
La parlantina
di Myra è come un incantesimo sotto i consigli spassionati del piccolo halfling
che la indirizza: logorroica, incalzante, piena di pause drammatiche e mezze
verità sussurrate con l’aria di chi sa molto più di quello che dice. L’aboleth,
che ha visto civiltà nascere e crollare, pare stordito. Forse è colpa del
linguaggio teatrale, forse del tono con cui lei gli spiega che non si trattava
affatto di un doppio gioco, ma di un triplo gioco. E detto così, pare
addirittura plausibile. La creatura si arresta per un attimo. Esita. E
annuisce.
È allora che
Kzixxarro, incoraggiato dalla ritrovata alleanza, rivela un dettaglio che fino
a quel momento aveva solo lasciato trapelare: Dagult Neverember ha rapito suo
figlio. Non a Neverwinter, ma a Waterdeep.
Tre dei quattro
(Myra si è appena accorta di esseri spezzata un’unghia e con estrema attenzione
lima un angolino fastidioso), si sforzano di recuperare informazioni dalla
memoria: Dagult Neverember, prima era un lord politico di Waterdeep. Cacciato
per corruzione, dicono, o per motivi meno chiari. Non ne sono particolarmente
sicuri nemmeno loro, ma ora sembra meno trasparente di quanto pensassero.
Mentre il
gruppo discute, analizza, riflette, racconta, mente (e si lima le unghie),
Vryssal decide che le parole hanno fatto il loro tempo. Con un’occhiata furtiva
e un mezzo sorriso che preannuncia guai, si confonde tra le ombre della
libreria ancora semidistrutta. Come un predatore paziente, aspetta il momento
giusto, poi si lancia giù, due lame pronte, l’aria che fischia intorno a lui, e
atterra addosso a Kzixxarro con precisione chirurgica.
L’aboleth
emette un urlo mentale, un suono che fa vibrare le pareti e le sinapsi, ma il
danno è fatto: Vryssal lo ha colpito in profondità, sia nel corpo che
nell’orgoglio e questo basta per far scattare gli altri. In un istante, quelli
che pochi secondi prima cercavano alleanze e diplomazia, ora lo assaltano con
una furia metodica.
La battaglia è
brutale. Kzixxarro non è un avversario qualsiasi: combatte con poteri che
sfidano la mente più salda, piega la volontà e si insinua nei ricordi. Un
attacco psionico improvviso si abbatte su Vryssal, e il mezzelfo vacilla, come
se un’intera parte di sé venisse strappata via. Frammenti della sua memoria si
frantumano: volti, nomi, momenti, tutto svanisce.
Eppure,
qualcosa resiste. Un'immagine. Un dettaglio che si rifiuta di svanire: le tette
di Myra, che sono lì a ballonzolare strette nel vestito.
E non
dimentichiamo che ormai i quattro sono un’unità affiatata e letale.
Quando
finalmente il corpo dell’aboleth si affloscia sotto i loro colpi, le acque si
calmano e un silenzio surreale cala sulla stanza. Tutti respirano a fatica. Non
tanto per la stanchezza, quanto per l’intensità di ciò che è appena successo.
Hanno appena
sconfitto un aboleth.
Kzixxarro. Quello
stesso aboleth che, forse, andava tenuto in vita.
Fratello
Atlavas, lì accanto, barcolla. Il suo sguardo si fa lucido, confuso, e sembra
lentamente emergere da un incubo. Qualcosa nei suoi occhi cambia, come se un
velo si sollevasse. È ancora scosso, ancora posseduto in parte da un’ombra
lontana, ma non è più uno schiavo.
Nel frattempo, gli
accoliti di Oghma accorrono tra i detriti e le pozze di sangue, prestando aiuto
agli eroi con mani tremanti ma volenterose. Vryssal e Synthariel, malconci e
doloranti, portano addosso segni evidenti di maledizioni che ne deturpano pelle
e spirito, ma Myra velocemente li rimette in sesto, prima di appoggiarsi con la
schiena al muro, esausta.
Per oggi è
abbastanza. Senza bisogno di molte parole, si allontanano dal campo di
battaglia, lasciandosi alle spalle i sussurri dell’aboleth ormai muto. Trovano
riparo tra i corridoi della Casa della Conoscenza, ora più silenziosi, e lì,
finalmente, si concedono il lusso di crollare.
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