Cap 28 - Oh, oh, cavallo. Oh oh...
Neverwinter 16° midwinter
La luna splende
alta nel cielo di Neverwinter, proiettando riflessi argentei sulle strade
deserte. L’aria si fa pungente e tagliente, insinuandosi tra i vicoli e le
crepe delle abitazioni, mentre un silenzio carico di tensione avvolge la città.
Una dopo l’altra, le porte si chiudono con fragore, le finestre si sbarrano, e
la popolazione si rifugia nel terrore. La paura corre più veloce del vento: la
Black Armada è arrivata.
La grande nave
fantasma, imponente e silenziosa, avanza lungo il Neverwinter River, troppo
stretto per una simile mole, eppure incapace di opporsi al suo passaggio. La
trasparenza spettrale dello scafo le permette di attraversare ostacoli e ponti
senza lasciar traccia, come se il mondo reale non potesse più toccarla né
fermarla.
Dall’alto della
fortezza di Dagult Neverember, gli eroi osservano la scena. Restano immobili,
in silenzio, gli occhi puntati sulla minaccia incombente. Non c’è strategia che
sembri funzionare, nessuna certezza sul passo successivo. L’indecisione si
insinua tra loro come l’aria fredda che penetra tra le fessure della pietra. La
casa della conoscenza è la meta della nave e loro, volenti o nolenti, sanno di
doverla raggiungere prima che sia troppo tardi.
Mentre Myra
spalanca le braccia e si lancia dalla finestra con il suo abito incantato che
la accompagna in una discesa elegante e rapida, gli altri si affrettano lungo
le scale della fortezza, cercando di non inciampare nella fretta, ma per quanto
si sforzino, ogni gradino sembra rallentarli rispetto al volo leggero della
warlock che già plana verso il selciato sottostante.
Arrivati infine
sulla strada, si rendono conto di essere in svantaggio. I secondi scorrono e la nave avanza implacabile. Si scambiano indicazioni
concitate su cosa fare, valutano rapidamente le opzioni e puntano tutto su
un’idea semplice quanto rischiosa: prendere i cavalli legati al vecchio
carretto del coniglio.
Purtroppo, i
due animali non collaborano. Gli zoccoli battono nervosamente contro il
selciato, le orecchie indietro, le narici dilatate. Intorno a loro si
percepisce solo panico e non è difficile capire il motivo: sulla nave, che si
avvicina come un presagio, decine e decine di figure scheletriche sembrano
popolare il ponte. Ombre senza carne e senza pietà. La loro sola presenza gela
il sangue. Anche i cavalli sembrano saperlo, e nulla, né carezze né comandi,
riesce a smuoverli dal terrore che li inchioda.
La druida non
va per il sottile, non vuole perdere troppo tempo per slegare le bestie dal
carretto, così con un colpo ben assestato spacca e distrugge il povero carretto
che ha solo la colpa di essere pesante e non poter far andare i cavalli alla
loro massima velocità.
Le bestie, in
preda al panico, scalciano e si rifiutano di muoversi, agitandosi e sollevando
zolle di terra e brandelli di fieno. Sembrano del tutto sorde a qualsiasi
tentativo di comando, finché Britz, con sorprendente fermezza e un'aria quasi
solenne, si avvicina a uno dei cavalli e inizia a sussurrare qualcosa di
ipnotico. Le sue parole sono impercettibili, i suoi gesti minuscoli, appena
accennati, come se stesse comunicando in un linguaggio dimenticato riservato
solo ai cuori più calmi. Incredibilmente, l'animale si placa. Il respiro si fa
più lento, gli occhi meno folli. Il cavallo lo guarda e obbedisce.
Synthariel, che
da sempre vanta un legame profondo con la natura, si trova invece di fronte a
un rifiuto cocciuto. Le sue mani, solitamente capaci di lenire e rassicurare,
vengono ignorate. Il cavallo si ritrae, tira le briglie, ansima e agita la
criniera come se la minaccia peggiore fosse proprio davanti a lui. Non c’è modo
di calmarlo, non in quel momento, non con l’ombra della nave fantasma che si
allunga sempre più sulla città.
Vryssal, senza
troppi complimenti, afferra Britz e lo issa in sella con un gesto tanto brusco
quanto efficace, prima di saltare a sua volta sul cavallo, accomodandosi dietro
l’halfling. Un rapido colpo di tallone e la cavalcatura scatta in avanti con un
nitrito deciso, lanciandosi in un galoppo che taglia l’aria fredda della sera.
Nel frattempo,
Synthariel continua il suo braccio di ferro con l’animale rimasto, ma è chiaro
che la creatura ha già scelto: non ha intenzione di muovere uno zoccolo. Il
terrore dei non morti in arrivo ha già messo radici troppo profonde perché
possa essere estirpato da parole gentili.
Myra, convinta
di aver puntato sul cavallo vincente, vede Vryssal e Britz sfrecciare via in
sella all’altra bestia, come due eroi da leggenda. Il mezzelfo, ovviamente, non
perde l’occasione per voltarsi indietro e regalarle un sorrisetto così l’idea balzana,
si fa largo nella mente dei due, praticamente contemporaneamente.
Le lancia velocemente
una corda e Myra la afferra con grazia. Un battito di ciglia e la magia fa il
resto: il suo corpo si solleva, sospinto dall’incantesimo Levitate,
trasformandola in una sorta di aquilone sinistro e affascinante, svolazzante
sopra i tetti di Neverwinter, i capelli argentei che si agitano come fiamme
nell’oscurità. Da quella posizione privilegiata, guida Britz attraverso i
vicoli stretti e oscuri, indicandogli mentalmente i percorsi più sgombri e
sicuri, dribblando barricate improvvisate e gruppi di scheletri in formazione.
L’animale corre
come impazzito, lanciato in un galoppo furioso che martella i selciati con il
suono degli zoccoli. L’eco rimbalza tra le case sprangate, mentre la notte di
Neverwinter si fa sempre più fredda e carica di tensione. Dall’alto, sospesa
come un incubo elegante e inquietante, Myra scruta la città. Tra le ombre dei
vicoli scorge una scia di non morti che trascina gambe in decomposizione,
braccia contorte e occhi spenti di luce, avanzando inesorabilmente verso il
cuore della città.
Due anziani si
muovono goffamente sotto di lei, tentando una fuga disperata. La decisione si
presenta e viene presa nello stesso battito di ciglia: nessuno rallenta, nessuno
si ferma. In fondo, pensano è una fine dignitosa, tutto sommato. Morire
divorati da un’orda di zombie per salvare Neverwinter. Un gesto eroico. Un
sacrificio necessario.
Le imprecazioni
mentali di Synthariel non tardano ad arrivare, taglienti e insistenti come
spine che si piantano nel cervello. Un fiume di parole rabbiose che mescola
urla al cavallo che continua a ignorarla con ostinazione, e condanne ai tre che
hanno osato tirare dritto.
Quando
finalmente riescono a ritrovarsi davanti alla Casa della Conoscenza, dopo
inseguimenti, litigi equini e imprecazioni mentali, i quattro si concedono solo
pochi istanti di parole concise e taglienti. I cavalli vengono congedati - o
almeno, il cavallo, visto che quello di Synthariel pensa bene di svignarsela,
scomparendo tra i vicoli come un coniglio inseguito da un drago.
L’altro,
invece, rimane. Testa alta, orecchie attente, come se comprendesse
perfettamente le parole di Britz, che gli parla con tono solenne, spiegandogli
per filo e per segno come comportarsi per non finire in situazioni spiacevoli,
ma non fa in tempo a godersi l’insegnamento. Un rumore raccapricciante irrompe
dall’esterno appena gli eroi varcano la soglia della biblioteca: un nitrito
strozzato, misto a un suono umido e crudo, come carne che si lacera sotto zanne
o artigli affilati. Un brivido attraversa l’aria. Qualcosa là fuori ha appena
fatto uno spuntino.
Synthariel non
si trattiene. Si gira di scatto verso Britz, lo fissa e con il tono più seccato
possibile lascia cadere la frase più prevedibile dell’intero multiverso: “Te
l’avevo detto…”
Dopo una
scrollata di spalle disinteressata, Vryssal pesca dalla sua sacca una palletta
pelosa apparentemente innocua, che nel giro di un battito di ciglia si
trasforma in un cinghiale imponente, fiero e pronto a caricare tutto ciò che
non odori di alleato. Si mettono quindi subito in marcia, diretti verso le sale
inferiori della Casa della Conoscenza e mentre scendono, lo fanno a modo loro:
con stile, violenza e una certa inclinazione al disordine. Pugnalate psichiche
si insinuano tra le ossa dei nemici, frecce sibilano nei corridoi, spade
fischiano nell’aria e magie esplodono tra scaffali e altari. Il gruppo si fa
strada tra ondate di scheletri che hanno già preso d'assalto l’edificio,
respingendoli con una facilità che farebbe impallidire un esercito.
Nella discesa
verso i livelli più profondi i segni della battaglia si fanno più evidenti, e resti
di accoliti sfigurati, smembrati, disseminati lungo le scale e i corridoi con i
volti ancora segnati dal terrore riempiono i corridoi. Chiunque sia passato di
lì, non era solo potente, era terrificante e sembra non essere molto lontano.
Arrivano quindi
nella stanza sottostante, quella già visitata, già conosciuta, ma ora ben più
tetra. Non c’è traccia dell’aboleth, nessuna creatura tentacolare intenta a
filosofeggiare sul terrore o a minacciare regnanti. Solo il silenzio e il suono
dei propri passi affrettati.
Rumori di
battaglia e urla soffocate si sollevano dalle profondità, provenienti dalla
zona della statua già incontrata in precedenza. Senza perdere tempo, il rogue
si muove con la consueta grazia felina lasciando in evidenza i suoi muscoli guizzanti,
avanzando silenziosamente verso la fonte del trambusto. Controlla l’acqua con
attenzione, ma non scorge nulla di anomalo. Tuttavia, in fondo al corridoio, i
suoni si spengono bruscamente. Una risata rimbomba nell’aria umida, seguita
dall’apparizione di una creatura inquietante: un grosso scheletro, quasi
trasparente, che fluttua lentamente verso le scale, come se avesse percepito la
presenza del gruppo o fosse stato richiamato da qualcuno. Dietro di lui si
muovono tre scheletri più piccoli, armati e pronti.
Il tempo di
valutare la situazione è inesistente: i quattro si lanciano nell’azione come un
meccanismo ben oliato. La battaglia esplode in un turbine di fendenti, magie e
frecce, senza che un briciolo di esitazione li rallenti. In pochi istanti, i
nemici sono ridotti a frammenti ossei e polvere, lasciando dietro di sé solo il
silenzio.
Ciò che
colpisce, più della facilità con cui hanno annientato gli avversari, è
l’assenza. Quel legame psichico oscuro e opprimente che avevano percepito la
prima volta, quella sensazione di essere osservati da Kzixxaro, ora non si
avverte più. Come se la mente dell’aboleth fosse altrove, occupata da qualcosa
di immensamente più importante. O più pericoloso.
Le librerie,
maestose e umide, si ergono lungo il perimetro della sala, emergendo
direttamente dall'acqua nera che lambisce le pareti. I quattro si avvicinano
con cautela, e Vryssal, con una premura che nasconde solo in parte secondi
fini, aiuta uno alla volta i compagni a calarsi lungo i ripiani. Quando tocca a
Myra, le sue mani si soffermano decisamente troppo su zone che non necessitavano
affatto di supporto mentre si limita a sorridere con innocenza colpevole.
Una volta
giunti sul fondo, proseguono in silenzio verso l’angolo della sala che la volta
precedente era rimasto inesplorato. L’atmosfera è opprimente, e dal buio, il
ribollire dell’acqua cattura subito l’attenzione. Onde improvvise agitano la
superficie stagnante come se qualcosa di enorme stesse lottando sotto di essa.
E poi,
all’improvviso, l’aboleth.
Kzixxaro emerge
con violenza, squarciando l’acqua, ma non è da solo. Dietro di lui, una figura
mostruosa lo insegue, riemergendo solo per un attimo prima di ricadere tra gli
spruzzi: è un gigantesco zombie, con vesti lacere da capitano pirata, occhi
spenti e la mandibola mezza penzolante.
Il sangue si
mescola all’acqua, e la scena davanti agli eroi è tanto assurda quanto
minacciosa. Per la prima volta, Kzixxaro non sembra il terrore supremo della
stanza.
Un altro
terrore è arrivato, con stivali di pelle marcia e mutande muffe, che sappiamo
tutti su quali chiappe finiranno una volta concluso il combattimento.
No, vabbè, il Myracquilone è fantastico!
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