Cap 25 - L'arrivo a Neverwinter

Gundbarg Neverwinter – 6°- 15° Midwinter

Quando il sole sorge la mattina successiva, finalmente la temperatura sembra essere più clemente e consente ai nostri eroi, di salpare finalmente per Neverwinter, assieme all’equipaggio capitanato da Arveen Velagrigia. Ci sono tutti i volti familiari, tra cui quello di Sthor che con un grosso sorriso accoglie il suo amico Vryssal come se non lo vedesse da chissà quanto tempo.
Il viaggio inizia senza intoppi per diversi giorni – il che, per questo gruppo, è già un piccolo miracolo –  e mentre le vele si gonfiano sotto i venti del nord, anche i legami tra i compagni si fanno sempre più saldi. Le serate sono piene di risate, chiacchiere sottovoce, partite a carte che finiscono in insulti affettuosi, e improbabili giochi da bere ideati da Vryssal, che nessuno capisce ma tutti fingono di conoscere. Di giorno invece si fa finta di lavorare, anche se la metà del tempo la passano a guardare l’orizzonte cercando motivi per non lavorare affatto.
Vryssal, da bravo poser solitario con un’anima tormentata e un ottimo senso della pettinatura, se ne sta di vedetta con il vento tra i capelli, lo sguardo fisso sull’orizzonte e la camicia aperta giusto quanto basta per sembrare casualmente perfetto, giocando su quel “vedo-non-vedo” per mettere in mostra il pettorale.
La prua fende le onde gelide come se sapesse esattamente dove sta andando e la nave danza tra gli spruzzi di acqua salata puntando Neverwinter.
Poi succede.
Dopo giorni di navigazione, dal mare, con grazia e furia vendicativa, compare un gigantesco granchio che si arrampica sulla fiancata della nave sbattendo le chele come maracas possedute. Strilla, sgrana gli occhi e lancia uno sguardo collettivo che urla vendetta per quel sontuoso banchetto a base di crostaceo consumato ormai quasi un mese fa.
Il suo arrivo è talmente improvviso che anche le pance dei presenti si ribellano, brontolando con nostalgia. Del resto, quel burro all’aglio d’accompagnamento era davvero indimenticabile.

A quel punto, come da copione ormai consolidato, il gruppo si lancia all’attacco con il consueto entusiasmo, ma stavolta è Myra a prendersi il centro della scena, con una grazia letale che fa sembrare tutto il resto un’esibizione scolastica di fine anno.

Lo spadone a due mani, che su di lei non stona affatto, anzi pare disegnato e creato su misura, si muove fluido come un’estensione naturale delle sue braccia. Le linee luminose sulla pelle candida iniziano a pulsare di una luce blu intensa, come se il mare stesso cercasse di comunicare tramite lei.

Senza emettere un singolo suono, perché una vera queen non urla, suggerisce la morte, Myra gira su sé stessa con eleganza spietata: un salto all’indietro con rotazione, una capriola laterale che le porta lo spadone a tagliare in diagonale l’aria, un affondo in avanti che pare un balletto.

Poi, in un movimento finale, scivola sotto una delle chele del mostro, si rialza con un’esplosione di forza che nemmeno sapeva di avere e abbatte la lama con un colpo netto e deciso.

Il grosso ormai è fatto; i suoi compagni si degnano solo di porre fine alle sofferenze della povera bestia, che sarà a breve cena gustosa per i loro palati.

Il gigantesco granchio emette un ultimo gorgoglio drammatico e stramazza sul ponte della nave, colpito nel corpo e più di tutto nell’orgoglio.

Myra, senza degnare la creatura di un ultimo sguardo, si limita a sistemarsi un ciuffo ribelle soffiandoci sopra e increspa appena il labbro inferiore.




Al quattordicesimo giorno, dopo una traversata talmente tranquilla da far venire il sospetto che qualcosa stesse sicuramente andando storto, la Voyage attracca finalmente al porto di Neverwinter.

E che porto, signori miei.

La città si presenta in tutta la sua gloria, come se sapesse di avere ospiti importanti: isole fluttuanti galleggiano nel cielo sopra il mare. Su una di esse, in equilibrio teatrale, svetta una costruzione elegante e decisamente poco sobria: la Maschera della Pietra della Luna. Locale rinomato e ritrovo prediletto di chi ama l’intrattenimento raffinato, le compagnie stimolanti e il vino abbastanza forte da far dimenticare il conto.

Di quelle isole sospese, le altre due sono ben note: una è abitata da pescatori che giurano di servire il miglior stufato di granchio del nord (e questa è tutta da vedere), l’altra, invece, è casa di un drago nero. Strano a dirsi, però, è un vicino rispettabile: non attacca la città, non chiede tributi, non urla in draconico alle tre del mattino… E a Neverwinter, questo basta per considerarlo un cittadino modello. Sicuramente meno casinista di quei quattro insieme nella stessa stanza.

Non appena appare alla loro vista, gli occhi dei quattro inevitabilmente si posano su uno dei simboli della città: il castello di Lord Dagult Neverember, che domina dall’alto l’intera città.

Vryssal, che di Neverwinter conosce ogni anfratto, soprattutto quelli più loschi e improbabili, sorride sotto i baffi. È un ritorno a casa. O almeno, a uno dei tanti posti in cui ha lasciato qualche debito e qualche cuore infranto.

Il suo sguardo scivola più in là, fino a incrociare la sagoma familiare del Leviatano Spiaggiato, un locale leggendario che pare miracolosamente ancora in piedi. È lì che aveva incontrato per la prima volta i suoi attuali compagni. Tra una barzelletta di dubbio gusto e un piccolo saccheggio in piena regola, erano nati quei legami fragili ma indistruttibili che solo l’alcol scadente sa forgiare.

Ma Neverwinter non è solo nostalgia al gusto di birra tiepida.

C’è la Casa della Conoscenza, libreria vasta e misteriosa che potrebbe avere informazioni interessanti per le ricerche dei quattro eroi, il cimitero cittadino, che dopo l’eruzione del vulcano ha smesso di essere un luogo di pace perché ora pullula di presenze poco vive e molto morte.

Per chi preferisce invece un’atmosfera più rustica, c’è la Torre Crollata, taverna rumorosa gestita da orchi.

Si intravede anche la torre della famigerata Mardred, la maga più celebre della zona, nota per la sua abilità arcana e la sua statura compatta in quanto nana.

E poi c’è la taverna misteriosa, la Casa delle Mille Facce.

Il Neverwinter River attraversa la città gettandosi infine nel mare. Qua e là, piccole cascate scintillano alla luce del sole come se fossero lì apposta per fare scena al momento dell’arrivo degli eroi. E a giudicare da come alcuni membri della Voyage si sistemano, è probabile che ne siano convinti anche loro, ma non tutto è splendore e meraviglia.

A nord, come un ricordo doloroso mai davvero sepolto, si apre una gigantesca frattura nel terreno: la ferita ancora aperta lasciata dal Monte Hotenow, che tempo fa eruttò con furia tale da devastare parte della città. Quella zona, oggi, è silenziosa, disabitata.

La Voyage getta l’ancora tra gli spruzzi e l’andirivieni affaccendato del porto di Neverwinter. Non passa molto tempo che dalla banchina si avvicina una figura accompagnata da due guardie: pelle traslucida, capelli che sembrano fatti d’acqua, sguardo severo ma stanco. È Lengesse, una genasi dell’acqua e, a quanto pare, la capa del porto. Con passo deciso si occupa delle formalità, mentre le sue guardie osservano l’equipaggio come se temessero che uno di loro potesse decidere di rubare l’intero molo.

Dopo aver pagato la tassa d’ormeggio, si apre il sipario su uno spettacolo che solo i più pazienti riescono ad affrontare senza sbadigliare: la lunga, articolata e tecnicamente ineccepibile disquisizione economico-legale di Synthariel. La druida snocciola numeri, clausole, cavilli e riferimenti a decreti oscuri. In un crescendo di formule burocratiche, Lengesse crolla e sulla base delle conoscenze e dettagli giuridico-economici forniti da Synthariel, sotto la stessa responsabilità della stessa Lengesse, la genasi, dà una nota scritta interpretativa, con interpretazione autentica che vale come decreto normativo 32 della capitaneria del porto che dichiara che, nel loro caso, la decurtazione da fare sarà solo del 10%.



Nel frattempo, come spesso accade in queste situazioni, ognuno si comporta di conseguenza: Britz, entusiasta, prende appunti, Myra, lucida il suo spadone e Vryssal è sparito, dileguatosi con l’eleganza di un ladro e la nonchalance di chi conosce la città meglio delle sue tasche. Il suo obiettivo è chiaro: riallacciare vecchi contatti, annusare l’aria, capire cosa si dice in giro.
Terminati i dibattiti e le firme, i nostri eroi si dedicano a un’attività più concreta: alleggerire lo zaino di Britz, ormai curvo sotto il peso dell’inventario.
Vryssal si dirige senza indugio al Leviatano Spiaggiato, una taverna a tre piani che conosce fin troppo bene. L’aria è satura dell’inconfondibile odore di mare, fritto e alcol di dubbio gusto. Il locale, gremito di marinai in festa, vibra di canti stonati e delle risate che rimbalzano tra le pareti adornate da trofei di caccia marina: teste di sahuagin, di arpie, mascelle di squali e un enorme carapace che troneggia sopra al bancone come fosse un trofeo sacro.
Le informazioni scarseggiano in quella taverna portuale. A quanto pare, nulla di davvero rilevante è successo durante l’assenza di Vryssal. Nessun cataclisma, nessun nuovo signore del crimine, neanche un misero incendio doloso degno di nota.
Nessun pirata della black armada si è visto e, per fortuna, nessuno ha mai sentito parlare di mindflayer, tentacoli o girini.
C’è solo qualche donzella che ogni tanto ha chiesto di lui, sbuffando per averlo trovato, ma ci metterà poco a farsi perdonare: il fascino non arrugginisce.
È proprio allora che Andrella, la proprietaria lo vede. Lo saluta dal fondo del locale con quel calore che mescola affetto e minaccia, e il cuore di Vryssal fa un triplo salto carpiato. Andrella, la donna dei suoi sogni più spinti, la fucina di tutte le sue fantasie muscolose. La moglie di Arag.
Si farebbe volentieri stritolare da quelle cosce muscolose nella danza primordiale dell’amore, ma la realtà lo richiama: un’idea malsana lo attraversa mentre nota il grosso carapace appeso e sa già dove lo porterà la sua faccia da culo.
Appena i suoi compagni lo raggiungono, Vryssal coglie l’occasione per vendere ad Andrella il suo grosso, duro e lucente carapace marino. Parte così un siparietto spassoso e pieno di sottintesi, in cui si parla fin troppo a lungo di quanto il suo carapace sia grande, quanto sia pesante, quanto sia… robusto. I doppi sensi si sprecano, i presenti alzano gli occhi al cielo, e i suoi amici, nel dubbio, si limitano a ridacchiare alle sue spalle, mentre Andrella gli concede vitto e alloggio gratuiti. In cambio del guscio.
Del suo enorme guscio.
Tutti decidono di restare a dormire al Leviatano Spiaggiato, approfittando dell’ospitalità conquistata a suon di doppi sensi e carapaci giganti. Le stanze non sono esattamente regali, ma dopo settimane in mare e tende umide, sembrano letti a baldacchino.
Myra condivide la camera con Synthariel, ma l’aria tra le due non è proprio rilassata. O meglio: è Myra a cercare di mantenere un minimo di serenità, mentre Synthariel irradia silenziosa tensione da tutti i pori. A quanto pare, ha capito che Vryssal conosce qualcosa del passato dell'amica. Segreti, dolori, quegli scheletri nell’armadio che non si dovrebbero sussurrare nemmeno alle ombre.
Myra, che di drammi se ne intende prova a spiegarle; le racconta che si è trattato solo di una serata passata a bere, di qualche parola sfuggita mentre il rum girava più delle idee. Niente di intenzionale, niente che meritasse quel broncio. Minimizza, come al suo solito.
Synthariel la ascolta, più o meno. Alla fine, anche se è furiosa, anche se è delusa, anche se vorrebbe probabilmente tirarle un cuscino in faccia, sa che Myra non l’ha mai tradita, è solo fatta così, particolarmente strana e va presa sotto ogni sua più ambigua sfumatura.
Quando aprono gli occhi il mattino seguente, la realtà li accoglie con uno spiffero assassino e il gelo che si insinua fin dentro le ossa. Britz maledice il giorno in cui ha deciso di imbarcarsi in questa folle avventura artica perché fuori imperversa una tempesta di vento, ghiaccio e neve.
Myra, impassibile e resistente nel suo meraviglioso abito, approfitta della bufera per uno shooting invernale improvvisato. Sfila tra i fiocchi di neve con la grazia di una modella posseduta da uno spirito glamour, mentre si prende cura del piccolo Britz, ormai ridotto a un pinguino tremante sotto una delle sue ali draconiche.
I quattro si dirigono verso il castello e dopo una manciata di chiacchiere burocratiche con le guardie che sembrano trovare piacere nel bloccare la gente con domande inutili, riescono finalmente a ottenere un'udienza.


Il palazzo è un trionfo di opulenza: marmi ovunque, affreschi che affrescano altri affreschi, arazzi sugli affreschi, affreschi sugli arazzi...
Seduto dietro ad una grande scrivania di mogano, li aspetta Dagult Neverember (rain). In piedi accanto a lui, il sindaco di Neverwinter, Soman Galt, che sembra essere lì solo per fare presenza e annuire a caso.
I nostri eroi raccontano tutto ciò che sanno: nessuna traccia di mindflayer, nessuna informazione sulla Black Armada, e via con la solita sfilata di misteri irrisolti, ma quando tirano fuori la mappa, la faccia di Neverember cambia colore.
Su ogni città è scritto un nome in una lingua ignota e rendono edotto anche il Lord: su Waterdeep compare Conch, su Baldur’s Gate Ramazit, che Neverember sa essere un mago famigerato e proprietario di una torre arcana, e su Neverwinter campeggia un inquietante Kzizaro. Nomi misteriosi, presagi inquietanti e un vago sentore di guai.
Neverember promette loro un ingresso ufficiale nell’Alleanza dei Lord, a patto che riescano a risolvere la questione piratesca imminente. Sull’Ordine del Guanto, invece, allarga le braccia: Shandri rimarrà ostile nei confronti di Myra, e non c’è decreto, simpatia o fulgore da spadone che possa cambiare la cosa.
Lui non può fare niente per aiutarla.

Con la burocrazia alle spalle e un nuovo obiettivo all’orizzonte, il gruppo si prepara per la prossima tappa: la Casa della Conoscenza.

Inoltre, c’è una maga nana da incontrare, poiché Myra ha poteri da comprendere e lo vuole fare al più presto.











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