Cap 24 (quello vero) - il ritorno degli aldani


La stanchezza è un mantello che si posa sulle spalle del gruppo, pesante e meritato, ma non per Vryssal, che decide di non fermarsi. Senza dire troppe parole, si lancia nell’acqua gelida del lago sotterraneo, scomparendo tra le increspature come un’ombra. Nuota con forza, tra alghe e salmerini spaesati, finché non riemerge nelle acque ben più familiari del Lago di Berranzo.
Niente scrigni. Niente portali. Niente sorprese. Nessun tesoro e, cosa probabilmente più importante, niente draghi bianchi; solo alghe, freddo e qualche salvelinus alpinus che lo guarda male.
Torna indietro con un’espressione tra il deluso e il congelato, giusto in tempo per trovare i compagni ancora mezzi addormentati.


Riprendono il cammino verso l’uscita, tentando di portarsi dietro tutto quello che possono, comprese le tesserine e la lastra di pietra, solo per scoprire che, una volta staccata dal tavolo in legno, questa diventa un bellissimo e pesantissimo fermaporta in pietra. Sbuffano e lasciano lì tutto.
Il ritorno a Gundbarg è sereno, senza intoppi né mostri, quasi un miracolo.
Gimlet li riceve per parlare di come gestire la propria nave. Mentre Synthariel, Britz e Vryssal discutono piani, rinforzi, e catapulte da installare sul Voyage, Myra si stanca in fretta delle chiacchiere da cantiere navale e se ne va, incontrandosi o, meglio, scontrandosi, con Lut, il pirata diciannovenne, dal volto di un sessantenne.
I due si scambiano un rapidissimo battibecco telepatico, fatto di frecciatine mentali e superiorità morale non richiesta. Come previsto, il pirata si allontana stizzito, mentre lei, con l’abituale indifferenza che la contraddistingue, si limita ad alzare le spalle e a voltarsi dall’altra parte, tornando a fissare l’orizzonte con l’aria di chi ha cose molto più importanti da fare. Tipo ignorare i problemi.
Tharilea, la druida, nel frattempo, si dice disponibile ad accompagnarli, più per senso del dovere che per spirito d’avventura. Del resto, come ha già sottolineato con la pazienza di chi è abituata a parlare con scoiattoli, ha una missione: portare all’Enclave di Smeraldo a Neverwinter, e poi anche nelle altre città della costa della spada, informazioni fresche su quella che rischia di diventare una doppia catastrofe. Da una parte i pirati della black armada, dall’altra i mindflayer, e in mezzo, ovviamente, loro.
All’improvviso, il vento cambia direzione, all’orizzonte compaiono nuvoloni gonfi di pioggia, vento e un carico generoso di neve. Il piccolo Britz, naturalmente, è il primo a risentirne: i capezzoli si intirizziscono all’istante e un brivido lo attraversa.
Intanto, il re e la regina di Gundarlun attendono impazienti a palazzo. Non appena i quattro eroi varcano la soglia, vengono accolti da una raffica di domande da parte del sovrano, che sembra in vena di interrogatori più che di tè e biscotti, ma il gruppo svicola con maestria, senza destare alcun sospetto. Quasi alcun sospetto. Soprattutto quando Myra, vestita con un abito così elegante da far impallidire i tendaggi reali, completo di ali draghesche sulle scapole, comincia a sfilare con nonchalance su e giù per il salone, trasformando l’incontro diplomatico in una mezza passerella.
Gli eroi vengono accompagnati nelle loro stanze, una per ognuno, e non appena fa sera, il gruppo si divide in coppiette.
Britz e Synthariel vengono scortati fino alle cucine, dove si lasciano sedurre da un buffet a base di sushi che, considerando la latitudine gelida di Gundarlun che ricorda il freezer ghiacciato di mia nonna in alta montagna, è stato sicuramente abbattuto nel rispetto delle migliori tradizioni igieniche. I due non fanno nemmeno finta di essere diplomatici: si abbuffano con la grazia di due pellicani affamati, completamente ignari del protocollo reale.
Nel frattempo, Myra e Vryssal passeggiano per i corridoi ai piani superiori del castello con un’aria così rilassata da risultare immediatamente sospetta. Portano stampato in fronte il cartello “Guai in agguato” e sembrano intenzionati a rispettare la tradizione. Appena vedono una porta chiusa, l’istinto investigativo prende il sopravvento: si avvicinano con l’innocenza di due bambini davanti a una credenza piena di marmellata proibita; stanno quasi per mettersi a discutere con una guardia (colpevole di fare il proprio lavoro), quando una serie di rintocchi di campane irrompe nell’aria, spezzando l’incanto e annunciando che il caos non tarderà ad arrivare.
Il ranger e la druida scattano in direzione del trambusto, con l’efficienza di chi ha già previsto che qualcosa sarebbe andato storto proprio nel momento meno opportuno. E infatti eccolo lì, il momento meno opportuno, che bussa alla porta con tutta la delicatezza di un ariete da sfondamento.
Nel frattempo, Myra e Vryssal, che approfittando della momentanea distrazione della guardia erano riusciti ad intrufolarsi nella stanza proibita, tendono a fregarsene, e Myra si mette a saltellare sul letto a baldacchino come un’adolescente in gita scolastica. È solo quando le urla iniziano a salire da fuori che smettono, più per fastidio acustico che per senso del dovere. Si avvicinano a una finestra, si sporgono con pigrizia, e là sotto vedono il disastro in tutta la sua gloria crostacea: gli Aldani.
Una marea di uomini-aragosta sta invadendo la città con l'entusiasmo tipico dei granchi alla sagra del pesce e a guidarli c’è un esemplare decisamente più imponente degli altri, una sorta di re dei crostacei, che brandisce o, meglio, cheleeggia, uno scudo molto familiare. Uno di quelli che il gruppo riconosce all’istante.
E non in senso vago, tipo “Ah si, mi ricorda qualcosa”, ma proprio in quel modo scomodo che fa dire: “Porca eva, lo sapevo che sarebbe tornato fuori”.


Il ranger e la druida sono fuori in un battito di ciglia, pronti a sferrare i loro attacchi per mettere al tappeto quel granchio troppo cresciuto e per porre fine, una volta per tutte, allo scudo che, onestamente, adesso ha iniziato a rompere seriamente le scatole.
Vryssal, appena vede l’esercito di aragoste bipedi marciare sotto il castello, non perde tempo: sfodera la sua frusta con un gesto che vorrebbe essere da manuale del perfetto acrobata. Con l’eleganza di chi si sente sempre una star, la aggancia poco più in basso e si prepara a calarsi dalla torre come se fosse la cosa più naturale del mondo. Tipo prendere il pane, ma con più testosterone.
Myra, che nel frattempo ha osservato tutta la scena con un sopracciglio alzato e l'altro impegnato a giudicare, si avvicina e, con il suo solito mix di sarcasmo e sguardi che dovrebbero essere più distaccati di quanto in realtà siano, si abbraccia a lui. Lo fa con quel tipo di affetto che urla “non mi piaci, ma se muori ci sto male” e sogghigna mentre gli sussurra qualcosa che suona molto come un “sei proprio uno sbruffone”. Il tono è beffardo. Il contatto, meno.
In due, si lanciano dalla finestra più alta della fortezza e il piano è semplice: una discesa plastica, elegante, scenografica.
La realtà invece li accoglie con tutta la grazia di cui non sono i proprietari: il volo è traballante, la presa sulla frusta è da rivedere, e in almeno due occasioni qualcuno sbatte contro il muro (non diremo chi, ma uno dei due ha un paio di costole che protestano).
Eppure, incredibilmente, arrivano a terra.
Interi. In piedi. Con una certa dignità o qualcosa che, visto da lontano, potrebbe vagamente assomigliarle.
Il combattimento è lungo, intenso e decisamente rumoroso. Gli eroi combattono con tutte le forze, lanciando incantesimi, brandendo armi e facendo versi di battaglia che vanno dal minaccioso al lievemente imbarazzante. Gli Aldani, dal canto loro, rispondono con le loro chele e una discreta dose di attacchi psionici che però finiscono nel vuoto.
Dopo un susseguirsi di colpi, urla e decisioni tattiche che oscillano tra il geniale e il disperato, è Britz a mettere fine al caos. Incocca una freccia, prende la mira e centra il bersaglio: la freccia vola precisa e trapassa il boss da parte a parte, come uno spiedino in una grigliata in cui ci si autoinvita a casa di amici. Lo scudo che la creatura teneva stretto tra le chele cade a terra con un tonfo, rotolando accanto al corpo ormai inerte.
Silenzio. Tutti gli Aldani si fermano, come se un interruttore fosse stato premuto. Poi, lentamente, cominciano a muoversi verso lo scudo con lo sguardo ipnotizzato.
È in quel momento che Britz decide di compiere una mossa eroica e teatrale, come se già non ce ne fossero state a sufficienza: raggiungere il tetto.
Il piano è semplice: usare Vryssal come trampolino umano, il risultato, però è… discutibile.
Con la grazia di un Aldani ubriaco, Britz prende la rincorsa e salta verso il rogue con l'intento di farsi lanciare in alto. Quella che doveva essere l'acrobatica catapulta dei gemelli Derrick, si trasforma in un’inaspettata versione del salto della cavallina, con tanto di piede in faccia a Vryssal e un sonoro PFF! di neve che gli esplode addosso. L’eroe improvvisato finisce con la faccia bianca come un pupazzo di neve, mentre Britz atterra effettivamente sul tetto e si ritrova proprio lì, con lo scudo a pochi passi.
Vryssal si arrampica sul tetto con agilità e raggiunge lo scudo con l’occhio malefico e, ignorando ogni istinto di autoconservazione, alza la lama e la affonda dritta nell’occhio che lo sta fissando. Dallo scudo si sprigiona un bagliore viola, di quelli chiaramente pericolosi e la geniale prontezza di riflessi di Vryssal, gli fa fare l’unica cosa che gli pare sensata: lanciare via lo scudo.
Peccato che lo scudo non sia d’accordo.
Appena lo tocca, lo scudo lo comanda e nel momento esatto in cui lo poggia nuovamente a terra (o meglio, sul tetto), un’esplosione psionica lo investe in pieno, trascinando con sé anche l’innocente e ignaro Britz, che si ritrova sbalzato per aria.
Quando la luce si spegne e la neve ricomincia a cadere in silenzio, sembra davvero tutto finito; l’occhio del mindflayer non pulsa più e gli Aldani, come svegliati da un brutto sogno, si guardano intorno confusi, tornando lentamente ad essere crostacei coscienti e neonazisti.

Non c’è tempo da perdere, le scorrerie notturne per la fortezza li aspettano!







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