Cap 23 – Arveiaturace e Meltharond. Un amore lungo un’eternità.



***ATTENZIONE CONTIENE EPICITA’***


 

Torre di Meltharond - 4° midwinter

La botola geme sotto i colpi incessanti degli eroi, ogni assalto è un colpo contro il legno ormai logoro ghiacciato dal tempo. Muscoli tesi, mascelle serrate, dita che stringono con forza le armi utilizzate come leve. Il sudore scivola lento lungo le tempie, tracciando sentieri salati sui volti concentrati. I respiri si fanno profondi, affannosi e si condensano in nuvole di vapore che si sollevano nell’aria gelida, dissolvendosi verso un cielo muto.
È infine la druida, celata nella possente forma di orso, a porre fine alla resistenza del legno. Con un ringhio gutturale e uno strattone carico di forza, spezza le ultime resistenze: la botola si spalanca con un suono greve, rivelando l’oscurità al di sotto.
L’aria che ne fuoriesce è fredda e umida, carica di quella foschia leggera che serpeggia come un alito antico e dimenticato. Una scala a chiocciola si snoda nel vuoto, precipitando in profondità dove la luce non osa penetrare. Un silenzio teso avvolge il gruppo, mentre l’incertezza si fa strada dentro di loro.
È Britz, lo gnomling dal cuore impavido e dalla freccia sempre incoccata, a farsi avanti per primo. Ogni passo che muove è un esercizio di precisione, ogni gesto riflette l’esperienza di chi ha camminato a lungo in mezzo ai pericoli. Il suo corpo si muove come un’ombra, i sensi tesi a cogliere il più flebile scricchiolio, il più tenue tremito dell’aria.
Tra la luce del giorno che scompare alle sue spalle e l’oscurità che lo avvolge, guida la discesa. Si acquatta, le dita sottili sfiorano la pietra ruvida della parete. Scende un gradino alla volta, con movimenti felini, sicuro nella sua arte e certo che, in quel momento, nessun occhio potrà scorgere la sua figura.
La nebbia lo avvolge, densa e innaturale, colmando ogni fessura, ogni angolo, ogni respiro. Un brivido gli corre lungo la spina dorsale, ma non è il freddo ad entrargli nelle ossa. No, questa volta è qualcosa di diverso. Qualcosa di più antico, più profondo. È magia. Pura, palpabile. E lui ne è immerso.
Quando i suoi piedi toccano la pietra fredda del piano inferiore, Britz comprende subito di essere solo. Nessun suono, nessun respiro, nulla che tradisca la presenza di qualcun altro oltre lui. Solo il suo fiato, lieve e regolare e il battito del proprio cuore, che riecheggia come un tamburo ovattato nel silenzio.
I suoi occhi che non si lasciano intimidire dall’oscurità scorrono rapidi sull’ambiente circostante. Le pareti, coperte di scaffali ricolmi di libri, alambicchi e ampolle dimenticate dal tempo e d avvolte dalla polvere, raccontano una storia antica. Il luogo è un laboratorio – non vi è dubbio – e ogni dettaglio gli conferma ciò che già sospettava: quello è il rifugio del mago di cui aveva parlato il re Asciarossa.
Per un attimo, la mente del piccolo eroe si allontana da quel sotterraneo immerso nella nebbia. Si volge altrove, verso i suoi compagni rimasti sopra, al di là della botola. E il pensiero vola, senza bisogno di parole, attraverso quel legame invisibile che ormai li unisce: la telepatia, quel dono prezioso di Vryssal che ormai è un collegamento silenzioso fra menti affini. Un dono per cui non smette mai di ringraziare.
Il suo pensiero si sofferma quindi per un attimo sul mezzelfo. È entrato nella sua vita come una tempesta improvvisa, capace di travolgere ogni certezza, di scomporre l’ordine costruito con fatica. Eppure, nel caos lasciato dal passaggio dell’amico, Britz ha trovato qualcosa di raro. Un senso di appartenenza. Di equilibrio, seppur instabile. Di verità. Con lui, ogni luogo sembra poter diventare casa. Anche quel laboratorio freddo e dimenticato. Anche una casa immersa nel nulla.
È Vryssal il primo a rompere la quiete irreale della stanza e lo fa nel suo modo consueto: senza troppi indugi, senza particolare cautela. Sfiora la sua perla e un bagliore caldo si diffonde all’istante nell’ambiente, spazzando via le ombre e illuminando a giorno ogni angolo del laboratorio.
La stanza si rivela allora in tutta la sua struttura: costruita con maestria umana, dall’architettura solida, colma di mensole, scaffali e tavoli ingombri di oggetti. I quattro si muovono in silenzio, ciascuno guidato da un proprio istinto. Le dita sfiorano i tavoli impolverati, libri ormai logori dal tempo e strumenti la cui funzione è dimenticata.
Synthariel chiude un attimo gli occhi, inspira profondamente e quando li riapre, un’aura brillante rivela la magia: vedono un libro che brilla come fosse appena stato posato lì; la copertina, intatta e senza segni d’usura, è elegantemente bicolore: bianco e azzurro, come il ghiaccio.
Poco distante, su un tavolo, c’è un oggetto ancora più curioso. Una sorta di lastra di pietra, divisa in dodici spazi quadrati, spaccata proprio al centro da una frattura netta, come se fosse stata spezzata con violenza. Accanto ad essa, sparse in modo disordinato, una quantità di piccole tessere di pietra, ognuna recante una lettera dell’alfabeto.
Sia il supporto che le tessere emanano un’aura magica palpabile, come se fossero parte di un incantesimo. Nessuno parla, ma ognuno comprende che quei due oggetti non sono lì per caso.
Britz e Myra si muovono in silenzio per la stanza, scrutando ogni angolo con attenzione. Il piccolo halfling si avvicina a un vecchio tavolo in legno scuro, ingombro di alambicchi e flaconi dalla forma irregolare. Gli occhi esperti scorrono sulle etichette sbiadite, poi si fermano prima su delle pozioni di cura e poi su due boccette il cui contenuto luccica con riflessi azzurrini, come cristalli intrappolati in un liquido.
Le osserva con attenzione, annuisce appena. Non ha dubbi: sono pozioni di resistenza al freddo.
Un mezzo sorriso gli sfiora il volto mentre le prende con delicatezza. Tra sé e sé, non può fare a meno di pensare che forse è davvero l’unico ranger del Faerûn a soffrire il gelo, ma ora, almeno, sa che quelle pozioni gli risparmieranno qualche notte a tremare sotto le stelle.
La druida viene subito catturata dalla curiosità. I suoi occhi si posano sul libro rimasto in bella vista tra gli scaffali, e senza perdere tempo lo tratta con la massima delicatezza. L’ultima volta che qualcuno del gruppo ha sfiorato un tomo incantato non è finita nel migliore dei modi, e il ricordo di Myra con le mani intrappolate e un mago di cento sessantuno anni che minaccia di ucciderla è ancora abbastanza vivido.
Si volta per scrutarla, istintivamente, come a cercare un cenno di rassicurazione, ma la warlock è immersa nei propri pensieri. Nota il suo profilo, il volto serio, assorto, si è fatto distante mentre si avvicina alla tavola con le lettere in pietra. Un sorriso intimidito le sfiora le labbra, e Synthariel lo coglie con la coda dell’occhio. Sottile, appena accennato, ma autentico. E non può fare a meno di sorridere a sua volta. Strane, diverse, come il giorno e la notte, eppure ormai inseparabili. Anche se ancora c'è tanto di Myra che ancora non conosce, lei è lì, sempre più a suo agio nel mondo che la druida abita da sempre.
Con delicatezza apre il libro e inizia a sfogliare le pagine. “La grande storia del potente mago Meltharond” recita il titolo. Un fremito le attraversa le dita. Ha sempre amato leggere. Le parole hanno da sempre avuto il potere di trasportarla altrove, e non sarà certo un tomo incantato fermarla ora. Anzi, quel sapere custodito la attira ancora di più. Le pagine scorrono veloci sotto i suoi occhi, divorate con una fame antica, mentre il mondo intorno sembra farsi ovattato e distante.


«Prova a scriverci una parolaccia.» La voce di Myra, sorniona e divertita, rompe il silenzio del laboratorio.
Vryssal la guarda, un sopracciglio alzato e un sorriso che si disegna senza sforzo sul volto. Trova terreno fertile nell’ironia della warlock e, senza farsi pregare, sistema alcune tesserine sul supporto di pietra, formando una parola tanto volgare quanto inutile. Myra si trattiene appena dal ridere, fingendo invece una smorfia di disapprovazione.
«Meltharond. Scrivici Meltharond!» esclama Britz, infilandosi tra i due spilungoni con la solita determinazione del piccolo halfling, che più che un compagno di viaggio sembra un fratello minore deciso a prendersi la scena.
In quell’istante, i tre sembrano tutto fuorché avventurieri. Piuttosto, paiono fratelli capricciosi, sempre pronti a punzecchiarsi, ridere, parlare sopra l’un l’altro per cose da nulla.
«Non vedi che è rotto? Non funziona,» brontola Vryssal, incrociando le braccia come un bambino contrariato.
«Teniamole con le dita, vediamo se si illuminano!» propone Myra, piegandosi un po’ di lato per osservare meglio il meccanismo.
«Scrivi Britz!»
«No, scrivi Abisso
Le voci si accavallano, le risate si intrecciano con i commenti assurdi, mentre le tesserine vengono spostate e risistemate più volte. Nessuna delle parole scelte sembra avere effetto.
«Ve l’ho detto che è rotto!» sbotta infine Vryssal, agitando una mano con impazienza.
«Mending!» Myra si volta, certa che la druida l’abbia ascoltata, ma Synthariel è completamente immersa nella lettura del libro. La sua mente viaggia lontano, tra le pagine e i misteri che vi si celano, e non sembra accorgersi del richiamo della warlock.
Myra, però, non si arrende. Si schiarisce la voce, cercando di farsi notare, poi, più decisa, alza il tono. «Mending! Vieni a fare mending!»
Nel frattempo, Vryssal e Britz, che non avevano smesso di osservare la scena, parlano quasi all’unisono, redarguendo l'elfa. «Non funziona su oggetti magici» dicono, con un tono che mescola sarcasmo e divertimento.
Mentre i tre continuano a battibeccare, a ridere, e a giocare con le tesserine come bambini che si contendono un giocattolo, Synthariel resta immobile. I suoi occhi scorrono veloci sulle pagine del libro, le dita strette attorno al dorso come se temesse che il sapere potesse sfuggirle. Poi, d’un tratto, la sua voce si alza nel silenzio del laboratorio, chiara e ferma, interrompendo il caos infantile degli altri.
«Meltharond,» inizia, sollevando appena lo sguardo cercando quello degli altri, «è stato un mago di incredibile potere, vissuto più di un secolo fa. Era noto non solo per la sua potenza arcana, ma per il legame… inusuale che aveva stretto con una creatura leggendaria: un drago bianco antico, conosciuto come Artigli di Gelo… o, col suo vero nome, Arveiaturace.» lascia la frase in sospeso, in modo che tutti possano assimilare ogni sillaba.
Il silenzio si fa improvviso. Anche Vryssal, che fino a un attimo prima stava tentando di scrivere “culone” sul tavolo delle lettere, solleva la testa incuriosito, mentre tutti e tre automaticamente si mettono a contare sulle dita le dodici lettere che compongono quel nome.
Synthariel continua, la voce più bassa, quasi rispettosa. «Tra i due nacque qualcosa di profondo. Un amore, si direbbe. Intenso. Straordinario. E quando Meltharond fu colpito da una malattia mortale, fu Arveiaturace a cadere nella disperazione. Fu allora che lui dedicò ogni sua energia, ogni sua ricerca, al tentativo di restare in vita o di conservare qualcosa di sé per restare con lei, per sempre.»
Le ultime parole le legge lentamente, accarezzando le righe scritte a mano. Sono l’ultima nota lasciata dal mago stesso, e la calligrafia è incerta, tremolante.
«Nessuno sa come la storia sia finita.»
Solleva lo sguardo, il volto segnato dalla serietà, convinta che le sue parole abbiano colpito nel segno. E infatti, li trova tutti lì, fermi, in silenzio. I tre la osservano con occhi assorti, forse per la prima volta toccati da qualcosa di più grande di loro: una storia che attraversa il tempo, la magia e l’amore.
Per un lungo istante, nessuno dice nulla. Solo il lieve frusciare della nebbia magica attorno a loro.
Poi, come se fossero stati spinti dalla stessa forza, si voltano all’unisono verso il tavolo delle lettere con foga.



Scrivi. Metti Arveiaturace,» dice Myra, la voce carica di un’energia nuova.
«La A! Ho qui la A!» esclama Britz, sventolando la tesserina con fiero entusiasmo.
Synthariel, mentre i tre si spintonano in modo bambinesco, continua a raccontare la storia, dicendo che una delle caratteristiche di Arveiaturace era che potesse usare proprio mending.
La magia che viene pronunciata dalla druida è come una scintilla. Senza preavviso, il supporto in pietra si illumina con violenza e le crepe che lo attraversavano si saldano in un istante. Le tesserine, fino a quel momento dormienti, si illuminano.
Uno scatto e una luce immensa esplode nella stanza.
Gli eroi sollevano istintivamente un braccio per proteggersi il volto, gli occhi accecati dalla potenza di quella luce mistica. L’aria trema, satura di magia e, quando finalmente l’intensità si attenua e possono tornare a guardare, davanti a loro, sospeso nel vuoto, c’è un portale.
I bordi brillano d’un bianco ghiacciato che ricorda il respiro del nord; eppure, non è solo quello ad attirare la loro attenzione. Un raggio sottile parte dal portale e punta verso una piccola rientranza in cui si nota un pulsante. Quando Synthariel schiaccia quel pulsante, attingendo a tutto il suo coraggio, fuoriesce un piccolo scrigno.
Myra, Synthariel e Britz si avvicinano con cautela. All’interno, adagiato su un cuscino di velluto consunto, c’è un anello; nel castone ha un drago abbracciato ad uno scheletro.  I tre si scambiano sguardi rapidi, già immersi nell’analisi, nel dubbio e nella meraviglia che accompagna ogni scoperta magica.
Vryssal, invece, sbuffa. Li guarda di sottecchi, poi volta lo sguardo verso il portale e, senza attendere risposta, senza timore o esitazione, ci si avvicina e con un semplice gesto di saluto, con la mano sollevata e un mezzo sorriso di sfida, lo attraversa.
Scompare in un battito di ciglia, lasciandosi dietro soltanto il fruscio dell’energia magica e la sensazione che, ovunque stia andando, lo farà a modo suo.
Inutile dire che, tra sbuffi e lamenti, gli altri finiscono per seguirlo, come sempre. Attraversano il portale con la riluttanza di chi sa già di dover correre dietro a un guaio, e si ritrovano dall’altra parte, avvolti da un gelo che sembra mordergli la pelle.
Davanti a loro si apre un lungo corridoio interamente ghiacciato. Ad ogni parola, nuvole di vapore acqueo si sollevano dalle loro bocche. Britz, fedele alla sua indole, inizia subito a tremare come una foglia, pensando di bere subito una di quelle preziose pozioni contro il freddo.
Fanno pochi passi, cauti, quando il corridoio si apre improvvisamente in una vasta caverna. Il silenzio che li circonda è quasi innaturale, rotto solo da un suono pesante e ritmico: un respiro profondo, regolare… troppo regolare per essere solo il vento.
Si bloccano. Le mani si posano istintivamente sulle armi, i piedi si fermano sul ghiaccio senza un suono. Britz, furtivo come un’ombra, si allontana di pochi passi, scivolando tra le rocce congelate, ed è lui, con lo sguardo teso e le pupille dilatate, a vederlo per primo.


Poco più avanti, immerso nel buio della caverna, dorme una creatura immensa. Il suo respiro solleva piccoli vortici di neve, e ogni esalazione è un brivido gelido che corre lungo le pareti. Un drago.
Bianco.
Maestoso.

Letale.
Britz lo osserva in silenzio, il cuore che batte forte nel petto, sapendo che basta un solo rumore, un solo passo in fallo, per svegliare l’incubo di ghiaccio che riposa davanti a loro.
Gli occhi di Britz vagano nella penombra della caverna, scrutando ogni angolo con l’attenzione di chi sa che il pericolo può annidarsi ovunque. Le pareti luccicano, e l’eco dei respiri profondi del drago pare pulsare tra le rocce come un battito lontano, ma poi il suo sguardo si ferma.
E strabuzza gli occhi.
All’interno di un blocco di ghiaccio rivestito di un’aura magica a proteggerlo, un abito da sposa bianco spicca nell’oscurità, come se qualcuno lo stesse indossando.
Il vestito è un capolavoro etereo, candore e grazia sospesa tra sogno e realtà. Il tessuto è un intreccio di pizzo finissimo e taffetà candido; sulla schiena si apre in un ampio scollo, incorniciato da trasparenze in tulle, che lascerebbero intravedere una schiena nuda. Sulle scapole si innalzano due magnifiche ali piumate, morbide e maestose, che si aprono potenti, simbolo di un volo che sfida il destino. Ogni piuma è applicata in maniera perfetta, alcune intessute con sottili fili d’argento che brillano appena sotto la luce.
Il corpetto rigido scolpisce una forma perfetta, come se chi lo indossa avesse una figura plasmata al confine della perfezione. Il punto vita si stringe in una linea elegante, quasi disegnata da mano divina, e da lì si apre l’ampia gonna, che si distende con grazia fino a un lungo strascico imperiale. lasciando dietro di sé un’impronta di bellezza effimera. Lungo il bordo, sottili arabeschi in pizzo si rincorrono in motivi floreali, danzando come se il tessuto stesso custodisse e narrasse una storia d’amore antica, sussurrata piano tra i fili.
Non è solo un vestito. È un incanto. Un giuramento eterno cucito tra le trame del tempo.




Nel silenzio assoluto, spezzato solo dai passi misurati di Synthariel che si avvicina, il maestoso drago apre gli occhi. Due fessure glaciali, colme d’astio si posano sulla druida, aspettandosi rispetto, sottomissione, ossequi. Il colosso di ghiaccio apre le ali, dispiegandole in tutta la loro imponenza: è un gesto di potere e gli eroi lo sanno.
Telepaticamente, si scambiano consigli, suggerimenti, ipotesi; forse troppi. Le voci di Myra e Britz si rincorrono tra le menti, sovrapponendosi e confondendo la concentrazione di Synthariel. E in quel breve istante di esitazione, compie un passo azzardato: tra parole tentennanti solleva la mano e mostra l’anello. Un simbolo che, per quella creatura, potrebbe significare ogni cosa.
Non fa in tempo a parlare, a spiegare ciò che le passa per la mente, a porgere l’anello o anche solo a proferire una parola. Un battito d’ali, un lampo d’ira, e il drago soffia.
Un vento gelido, intriso di neve e frammenti di ghiaccio taglienti, investe la druida prima che qualcuno possa reagire. È un’onda di morte bianca, scagliata con rabbia, che congela l’aria stessa ancor prima che le parole possano prendere forma.
Gli eroi si sparpagliano nella caverna ghiacciata, le voci coperte dal frastuono del ruggito e del vento che sibila come mille lame. Si muovono veloci, tra schegge di ghiaccio e neve sollevata, schivando come riescono la furia cieca del drago. È Vryssal a farsi avanti per primo, il cuore impavido e lo sguardo di chi non arretra. Lo affronta a muso duro, i suoi pugnali fendono l’aria e si conficcano con precisione letale tra le scaglie, all’altezza della gola.
Piovono frecce, agili e silenziose, guidate dalla mano esperta di Britz, che colpisce tra una scaglia e l’altra, trovando spiragli nella corazza. Magie si incrociano nella caverna, esplodono in lampi che si infrangono contro il corpo imponente del drago, che urla di dolore.
Myra non resta a guardare. Corre verso Vryssal, lo sguardo fisso sulla creatura, il suo spadone a due mani che brilla nell’oscurità. Scivola sul ghiaccio, sfruttandolo con agilità, arrivando silenziosa e rapida alle sue spalle. Con uno scatto, solleva l’arma sopra la testa e la fa ricadere con tutta la forza che possiede in un punto preciso, nascosto e vulnerabile, appena sotto la coda del drago.
La lama affonda. Una volta, poi due. sono colpi puliti, calcolati. E mentre la creatura si contorce, la warlock incanala ogni frammento del suo potere, evocando magie oscure che si avvinghiano alla carne del drago come catene. L’energia dell’Abisso scorre dalle sue mani, infliggendo dolore puro, torturandolo come solo una warlock può fare.
È l’arrivo improvviso di altri quattro piccoli draghi a cambiare il corso della battaglia. Se prima il combattimento sembrava nelle mani degli eroi, ora l’equilibrio si spezza e la tensione sale come il ghiaccio che si forma sui loro corpi.
Vryssal, con una destrezza che rasenta l’impossibile, riesce comunque a infliggere il colpo di grazia al drago bianco e la creatura emette un ruggito spezzato. Poi cade con un tonfo sordo, facendo tremare la caverna intera, ma la vittoria è di breve durata. I piccoli draghi spalancano le fauci e soffiano gelo puro. Le lame e la magia non bastano a respingere quell’ondata gelida e, sia Vryssal che Myra, vengono travolti. Cadono in ginocchio, scossi dal dolore, il ghiaccio che si insinua nelle ossa come una lama invisibile.
Ed è il piccolo halfling a chiudere lo scontro con una freccia silenziosa e perfetta, che attraversa l’aria ghiacciata trapassando da parte a parte l’ultimo draghetto, proprio mentre Myra e Britz si rialzano doloranti.



Il silenzio che segue è irreale. Un singhiozzo, sottile ma carico di dolore, rompe quell’istante sospeso: è Synthariel e tutti si voltano verso di lei.
La druida abbassa lo sguardo, le spalle curve come se portassero un peso antico. Si sente fuori posto, sbagliata. Ancora una volta, la sua metà drow si fa sentire, le sussurra all’orecchio che non sarà mai abbastanza, che la sua presenza è un’ombra tra le luci, che nessuno la accetterà mai realmente.
I suoi compagni le sono accanto in un attimo, stringendola in un conforto silenzioso, fatto di mani sulle spalle, sguardi sinceri, parole leggere come piume.
Myra… Myra invece no. Non subito. A quel dolore ci penserà, certo, ma più tardi.
Perché qualcosa la sta chiamando.
Lo sente, lo percepisce nel cuore e sulla pelle: è quell’abito. Quel capolavoro di seta e piume, immobile ma vivo, la richiama a sé come se avesse atteso solo lei e quando lo indossa, scivolando tra i veli e il pizzo, ogni pezzo si incastra alla perfezione, come se fosse stato cucito sul suo corpo da mani divine.
Non sembrano esserci altri tesori nella caverna, almeno a prima vista, ma un movimento attira l’attenzione di tutti: una corrente d’acqua, nel piccolo lago ghiacciato, scompare attraverso un'apertura nel muro.
Forse conduce a scrigni colmi d’oro, forse verso gemme brillanti, reliquie antiche o poteri dimenticati.
Oppure, come spesso accade nella loro vita, verso qualcosa di molto più pericoloso.

Sta a loro decidere. 











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