Cap 20 - L'esplorazione della Golden crown pt.2
Duskwood Lagoon - 29°
profondo inverno
Mentre la neve
cade fitta e il vento gelido sferza senza pietà, i quattro si preparano alla
nuova immersione con il solito, poco elegante rituale di cospargersi di grasso
di sahuagin. L’aria è pungente, l’acqua sembra ancora più ostile del solito,
quasi a volerli respingere, ma il loro compito è tutt’altro che concluso.
Durante i
preparativi, una tensione latente si manifesta in un acceso battibecco tra Myra
e Synthariel. La druida cerca, con la sua solita insistenza, di sapere di più
sul passato della warlock, ma Myra, come sempre, erige un muro impenetrabile.
Non cede, non offre nulla, e la reazione di Synthariel è immediata: il volto si
chiude in un'espressione offesa, il tono si fa tagliente. La delusione è
palpabile, e tra le due cala un silenzio carico di rancore non detto.
Quando Myra
finalmente rompe il silenzio, però, lo fa per raccontare di ciò che ha vissuto
mentre era incosciente. Parla del dolore che l’ha squarciata, di quella
sensazione di essere stata schiacciata e ridotta in polvere da una forza
indescrivibile. Non nasconde nulla di ciò che ha provato, ma nega
categoricamente qualsiasi legame con la sua vita passata. Non c’è alcun motivo
di preoccuparsi, dice, e nessuna connessione con quello che era prima.
Ma le sue
parole non convincono del tutto. Gli sguardi scambiati tra i suoi compagni sono
eloquenti, e Britz in particolare la osserva con un'espressione sempre più
dubbiosa. Non la contraddice apertamente, ma il modo in cui la guarda, con
sospetto sempre più evidente, dice più di mille parole.
Osservando
meglio la grossa statua, il gruppo nota con dovizia di dettagli che si tratta
di un unico blocco di legno alto circa due metri, scolpito con mano incerta e
amatoriale. La forma è amorfa, irregolare, e non è chiaro cosa rappresentasse
originariamente. Il tempo, l’acqua e la scarsa abilità dello scultore hanno
reso impossibile distinguere i dettagli, ma un elemento attira subito
l’attenzione: la base.
A differenza
della parte superiore, la base della statua è scolpita con grande abilità, con
linee nette e dettagli precisi che formano delle figure di squali. È un
contrasto evidente con il resto dell’opera, come se qualcuno avesse tentato di
trasformare una statua esistente in qualcosa di diverso.
Nonostante la
curiosità li spinga a indagare oltre, il freddo dell’acqua è implacabile. Ogni
movimento sembra più lento, ogni respiro più pesante. Il gelo penetra fin sotto
la pelle, pungendo con piccoli aghi invisibili, rendendo quasi doloroso restare
immersi ancora a lungo.
Alla fine,
decidono di rimandare ogni elucubrazione a un momento più opportuno, quando
potranno analizzare tutto con calma, magari seduti accanto a un bel fuoco
scoppiettante, con il calore a scacciare il gelo, la mente più lucida e la
pancia piena, per comprendere il mistero della statua.
Il grande
portone si spalanca con un leggero cigolio sotto la mano sicura di Vryssal,
rivelando l’ambiente oltre. Prima ancora che possano davvero osservare
l’interno, un banco di piccoli pesci dai denti affilati si lancia fuori,
avvolgendo l’elfo del mare in una nuvola scintillante di squame guizzanti. Ma
invece di attaccarlo, i pesci si limitano a nuotargli attorno con affetto quasi
eccessivo, strusciandosi contro di lui come vecchi amici ritrovati.
Myra, che non
si lascia mai sfuggire un’occasione per dimostrare un punto, decide di
avvicinarsi alla stessa maniera. Non tanto per curiosità, quanto per pura
soddisfazione personale. E infatti, come previsto, non appena entra nel raggio
del banco, i pesci cambiano atteggiamento all’istante: si lanciano su di lei
con una ferocia improvvisa, mordendo e strattonando con l’intento evidente di
farle capire che la sua presenza non è gradita.
Vryssal,
sentendosi messo alle strette, nega con fermezza l'insinuazione di essere un malenti, respingendo
ogni accusa con la solita sicurezza, ma Myra non ha bisogno di
ulteriori prove: il messaggio è stato ricevuto forte e chiaro.
Non che la cosa
le importi davvero e lo ribadisce con nonchalance, se anche fosse un tritone a
due teste, o un drago sputa acido, sarebbe comunque Vryssal, colui che corre non appena la vede in
difficoltà, e tanto le basterebbe. Tuttavia, non può fare a meno di far notare
la sottile ironia della situazione. Ognuno ha i propri scheletri nell’armadio,
ognuno ha segreti che preferirebbe tenere nascosti, o non affrontare, eppure
c’è sempre qualcuno che mette in discussione la fiducia.
I pesci vengono
annientati in un battito di ciglia, dissolvendosi in un turbine di squame e
acqua torbida senza nemmeno il tempo di rappresentare una vera minaccia.
Ma se
il combattimento è stato rapido e indolore, lo stesso non si può dire della
tensione che ora aleggia tra i quattro. Le parole si
fanno affilate, i toni più taglienti. Nessuno ha più voglia di scherzare, e
ogni frase diventa un’occasione per rispondere a tono, per ribattere, per
difendere il proprio punto di vista o per attaccare quello altrui. L’acqua
attorno a loro sembra improvvisamente più fredda, e non ha nulla a che fare con
la temperatura del mare.
L'interno della
stanza rivela diverse casse ammucchiate lungo le pareti, alcune vecchie e
logorate dal tempo, altre più recenti e in condizioni decisamente migliori.
Queste ultime presentano serrature dalla forma inquietante, intagliate a
imitazione di bocche di squalo spalancate, un dettaglio che le riconduce senza
dubbio ai sahuagin.
Ogni nuovo scrigno porta con sé un incremento della ricchezza degli eroi, che si
ritrovano tra le mani monete, gioielli e oggetti preziosi di ogni genere.
Tuttavia, tra i tesori si nascondono anche macabri ritrovamenti.
Uno degli
scrigni, apparentemente identico agli altri, contiene mani mozzate umanoidi, in
condizioni pessime, gonfie e scolorite dall'acqua, segno che vi galleggiano da
chissà quanto tempo. Vryssal non si scompone e spiega che questa
è una pratica tipica dei sahuagin. Quando attaccano una nave e ne depredano il
carico, usano mozzare le mani dei capitani come segno di vittoria, una sorta di
raccapricciante trofeo per commemorare le loro conquiste.
Oltre a una
splendida armatura perfettamente conservata, che sembra aver sfidato il tempo e
l’acqua senza riportare il minimo danno, gli eroi trovano anche un oggetto
decisamente più enigmatico: un cubo di medie dimensioni che, a prima vista,
potrebbe sembrare solo un pezzo di pietra lavorata, ma osservandolo più da
vicino, si notano sei piccoli glifi incisi su ciascuna delle facce; simboli
arcani il cui significato sfugge a una prima analisi. Tuttavia, l’oggetto è
tutt’altro che integro: una delle facce è fratturata, quasi completamente
spaccata.
Gli eroi
proseguono e il ponte inferiore della Golden Crown è un abisso di ombre
e silenzio. L'acqua qui è densa, torbida, ed è quasi impossibile distinguere
anche le sagome più vicine. Anche per chi ha la scurovisione, il mondo è fatto
solo di sfumature indistinte e forme sfuggenti.
I quattro
avanzano a tentoni, sfiorando le pareti marce e ricoperte di alghe, cercando un
punto di riferimento. Davanti a loro, una porta chiusa. Si fermano, trattenendo
il fiato, tendendo l’orecchio nel disperato tentativo di captare qualsiasi
suono al di là del legno marcescente. Poi,
all’improvviso, Synthariel si irrigidisce. La sua pinna sfiora il braccio di
Myra prima di immobilizzarsi. La druida non si muove, ma le sue parole
risuonano istantaneamente nella mente dei compagni.
"C’è
qualcosa dietro di noi. Proprio oltre le scale. Si muove."
L’oscurità più
fitta li avvolge alle spalle. E nel nero, qualcosa si agita.
Avanzando
lentamente, tre figure scomposte emergono dalle tenebre. I merrow sono
creature deformi, tritoni corrotti dalla malvagità, con corpi muscolosi e
squilibrati, la pelle grigia e squamosa. In mano tengono arpioni intagliati
nell'avorio, pronti a trafiggere chiunque osi attraversare il loro cammino.
La luce
accecante della perla di Vryssal esplode nel buio come una stella (la
più luminosa), colpendo le creature con una fitta e violenta esplosione di
luce. I merrow sono accecati e disorientati per un
attimo, ma sono troppo affamati di sangue per fermarsi.
Il
combattimento è immediato, brutale e senza alcuna pietà. Le acque si
tingono di rosso con il sangue degli eroi. Vryssal si tuffa con agilità tra i
colpi di arpione, ma non senza subire il taglio di una delle punte affilate. Al
suo fianco, Britz si fa avanti, il volto accigliato dalla sofferenza mentre
combatte strenuamente. Ogni colpo che sfiora la carne dei merrow è un colpo che
invoglia a finirli, ma il sangue che scorre dalle sue ferite lo rallenta.
Un ululato
sordo e inquietante rimbomba nelle menti dei quattro, un richiamo antico e
primordiale, che pare provenire dalle profondità più oscure del mare. Il suono
si insinua nelle loro teste, gelido e penetrante e, prima che
possano reagire, qualcosa di enorme emerge dall’esterno della nave.
Due enormi
squali irrompono nell’oscurità, affiancando i merrow, pronti a portare morte. I
loro occhi scrutano i quattro eroi con una fame insaziabile. Le mascelle, piene
di file di denti aguzzi, sembrano pronti a spezzare ossa. Ogni movimento degli
squali è rapido e letale, la loro presenza impossibile da ignorare.
L’acqua intorno
a loro diventa ancora più turbolenta, scossa dai colpi potenti delle pinne
degli squali giganti, che si avvicinano minacciosamente ai loro obiettivi.
Il
combattimento, già brutale e sanguinoso, raggiunge nuovi livelli di violenza.
Ogni colpo dei predatori marini sembra un uragano e i quattro eroi si preparano
a fronteggiare questa nuova minaccia con tutte le forze rimaste.
Synthariel e
Myra continuano a coprire e sostenere i compagni da lontano. La druida, con la
sua magia, cerca di guarire, rianimare i corpi stremati, mentre Myra lancia
incantesimi che traforano l’acqua, ma il peso della battaglia sembra pesare su
tutti e l'acqua attorno a loro diventa sempre più densa, imbrattata di sangue e
fatica.
Quando Myra
vede Vryssal crollare sotto il morso potente di uno squalo gigante, le sue
gambe sembrano tremare, ma è solo per un attimo. Il sangue rosso tinge l’acqua
che intorno a lui si fa sempre più torbida, e la visione del suo corpo che
galleggia immobile, quasi spezzato, risveglia in Myra una paura che non pensava
di poter provare. La vista di Britz, anch'esso incapace di reagire,
galleggiante e privo di sensi, la fa vacillare. Per un istante, il mondo sembra
rallentare attorno a lei, il battito del cuore rimbomba nelle sue orecchie
mentre l'orrore e l’impotenza la stringono in una morsa.
La sensazione
di perdita è troppo forte per essere ignorata. L’acqua intorno a lei si tinge
di rosso, e il battito del suo cuore sembra soffocarla, mentre la paura di
perdere i suoi compagni le stringe la gola. Non c’è nulla che possa fare per
salvarli, ma c’è una cosa che potrebbe ancora tentare: richiamare il suo
patrono. Il pensiero arriva come un'ondata travolgente, potente e
irresistibile, e per un attimo, la tentazione di piegarsi a quella forza oscura
la sovrasta. Il patto che ha fatto con l'Abisso è la sua risorsa più forte,
l’unica carta che ha ancora a disposizione, ma proprio quando è sul punto di
cedere, qualcosa dentro di lei la ferma: il rischio di perdere tutto, di
perdere anche loro, è troppo grande. Il potere che invoca la sua voce interiore
è troppo pericoloso, troppo distruttivo e potrebbe ridurre tutto e tutti a
macerie. La consapevolezza che un solo passo in quella direzione potrebbe
significare la morte di tutti è troppo da sopportare. Cerca di respirare, di
fermarsi, mentre l’acqua intorno a lei continua a farsi scura. Si concentra sul
presente, sui suoi compagni, su come salvarli senza compromettere la sua stessa
anima e tutti insieme riescono a portare a casa la pellaccia, anche questa
volta, senza l'aiuto di un potere oscuro.
Ancora
doloranti e scossi dalla battaglia, gli eroi si muovono con cautela, aprendo la
massiccia porta a nord. Quello che si presenta ai loro occhi è uno scenario
tanto bizzarro quanto inquietante. La stanza sembra essere stata vandalizzata
con una furia incontrollata: le pareti sono deturpate da graffi e sfregi
profondi, come se qualcuno avesse voluto cancellare ogni traccia della sua
storia. Tra i segni incisi a fatica si possono ancora distinguere deboli
raffigurazioni di squali, simboli di Sekolah, ormai ridotte a rimasugli
indistinti.
Il pavimento è
disseminato di una quantità infinita di piccoli frammenti di corallo
fratturato, qua e là, tra i detriti, si scorgono pinne di statue distrutte,
pezzi di sculture un tempo sacre ora ridotte in mille pezzi. Quelle pinne
spezzate ricordano vagamente la statuetta ritrovata sulla zattera di Bern, ma
nessuna di esse sembra combaciare perfettamente con l’oggetto che hanno in loro
possesso.
Al fondo della
stanza, su una colonna di corallo e ossa di balena intrecciate, troneggia un
oggetto che attira immediatamente lo sguardo di tutti: un meraviglioso scudo
dorato, perfettamente intatto, splendente nonostante il caos che lo circonda.
Il metallo luccica, ma ciò che lo rende davvero inquietante è l’occhio, vero,
incastonato al suo centro. Non è un dipinto, né un’illusione: è un occhio
reale, vivo, pulsante.
E sta
guardando.
Si muove
lentamente nella sua orbita, seguendo ogni movimento degli eroi, come se fosse
consapevole della loro presenza.
Mentre Vryssal,
Synthariel e Britz entrano senza troppe remore nella stanza, lanciandosi
immediatamente a studiare le stranezze che la riempiono, Myra resta ferma sulla
soglia. Il suo istinto le urla di non fidarsi e per una volta decide di
ascoltarlo.
Le idee che le
turbinano nella mente non le piacciono affatto. Più cerca di dare un senso a
tutto questo, più i pezzi del puzzle sembrano incastrarsi in un disegno che non
vuole vedere.
Perché i
sahuagin stanno rifiutando Sekolah? Il loro dio è sempre stato una certezza
incrollabile per loro, una guida indiscutibile. Eppure, qui ci sono prove di un
culto strappato via con rabbia. Di un cambiamento.
Perché la
statuetta le ha mostrato quella visione? Il suo patrono, o almeno qualcosa che
lei associa a lui, che distrugge Sekolah. E perché la statua marcia al piano di
sopra l’ha colpita così violentemente (a lei e solo a lei), al punto da farle
perdere i sensi?
Tutte queste
domande le scavano nella testa, ma Myra sa bene qual è quella che la tormenta
di più.
Non è la paura
a serrarle lo stomaco. No, è la consapevolezza che qualcosa non gira nel verso
giusto. Che ci sono fili invisibili che si intrecciano tra il suo passato e il
presente. Tra i mindflayer, i sahuagin e l'Abisso e qualunque sia la verità, il
giusto e lo sbagliato non sembrano più coincidere.
Myra non ha il
tempo di elaborare i suoi pensieri. L’aria vibra con un boato assordante. La
mente si svuota per un istante, poi torna al presente: davanti a lei, Vryssal,
Synthariel e Britz sono stati travolti da un’onda caotica, un’energia aliena e
devastante che tutti riconoscono fin troppo bene. È lo stesso potere che hanno
avvertito all’interno del nautiloide.
Al centro della
stanza, lo scudo dorato brilla con un’intensità innaturale, il suo occhio
aperto e vigile. Poi, improvvisamente, un’ondata di pura agonia si riversa
nelle loro menti. Un mind blast.
Capiscono che
quello non è solo uno scudo. È un occhio, una finestra. E Synthariel sa che
quello è uno scudo creato direttamente da un mindflayer che li vede e li
controlla dall’altra parte.
Britz, con
riflessi sorprendenti, lo copre con un pezzo di stoffa, ma nonostante questo, c’è
un’interferenza, una resistenza. È come se una presenza, fino a quel momento
latente, stesse cercando di insinuarsi nelle loro menti.
Si scambiano
sguardi tesi, il respiro corto. Optano per lasciare lì lo scudo e chiudere
prontamente la porta, per pensarci poi a mente lucida.
Si spostano
velocemente verso poppa, ed affrontano l’ultimo passaggio che si trovano
davanti.
La porta si
spalanca con un sussurro d’acqua, ma invece di trovarsi davanti il solito muro
liquido e opprimente, davanti a loro c’è un muro d’aria.
L’acqua si
ferma esattamente sulla soglia, lasciando il posto a una gigantesca bolla di
spazio asciutto. La stanza è ricoperta di sabbia, come un frammento di spiaggia
intrappolato in fondo all’oceano, e nel mezzo, quattro figure incatenate, prive
di sensi.
Sei pietre
runiche sono sparse per la stanza, segno evidente di un rituale che ha permesso
di creare quella bolla.
I
prigionieri non sembrano avere molto in comune: c’è una donna di mezz’età,
dall’aspetto logoro e il viso segnato dalla fatica, un uomo con la pelle scura,
vestito con le tipiche stoffe dei popoli del sud di Faerûn, un elfo druido, con
al collo un medaglione dell’Enclave di Smeraldo e un ragazzo umano molto
giovane, vestito da pirata locale.
Tra i loro
effetti personali c’è un baule, colmo di vestiti e un liuto, oltre a un
porta-pergamene che attira immediatamente l’attenzione di tutti. Schizzi di
squali, tentacoli e teschi, tracciati con una mano frenetica, ma ciò che la fa
gelare è la mappa della Costa della Spada. Neverwinter, Waterdeep e Baldur’s
Gate sono segnate chiaramente… al loro posto ci sono grosse macchie
d’inchiostro, come se qualcuno avesse voluto cancellarle dal mondo.
Synthariel aiuta
la donna con un incantesimo di cura; un respiro flebile, poi la sconosciuta
apre leggermente gli occhi.
“…Bern…”
dice prima di svenire nuovamente.
Mentre
Synthariel è certa di volerli portare in salvo, gli altri tre storcono
leggermente il naso, hanno già avuto sufficienti problemi per prendersi carico
di altri quattro potenziali rotture. È Britz il primo a cedere assecondando le
motivazione della mezz'elfa e, usando le rune per creare un passaggio d’aria per la
risalita, portano in salvo i quattro. Nell’agitazione generale nessuno si
ricorda che Synthariel è ancora in forma di squalo, nemmeno Synthariel stessa che
per un istante, si ritrova a lottare goffamente sulla sabbia, colpendo il
terreno con la coda mentre cerca l’acqua come un pesce spiaggiato. Quale in
realtà è…
Poi, con i
corpi svenuti sulle spalle, cominciano la risalita verso la superficie.
L’avidità, si
sa, è una delle forze più potenti dell’universo. E infatti, nonostante siano
feriti e reduci da un incontro devastante, i quattro eroi hanno le idee
chiarissime su quale sia la priorità assoluta: portarsi via tutto.
I loro cavalli
si ritrovano improvvisamente coinvolti in una logistica degna delle migliori
operazioni di saccheggio della Costa della Spada.
Le priorità
sono chiare. Gli scrigni pieni d’oro e gioielli vengono caricati per primi,
seguiti dall’argenteria di dubbia provenienza e da mobili di lusso che nessuno
ha ben chiaro dove intendano piazzare, dato che dovranno riconsegnare casa
Vryssal alla legittima proprietaria, ma che sicuramente saranno utili prima o poi. A un certo punto,
qualcuno ricorda che anche i lampadari sarebbero un’ottima aggiunta, perché
nulla dice "eroi di classe" come un bel candelabro in stile sahuagin nel salotto.
Quando iniziano
a discutere se sia il caso di portarsi via pure i letti, perché dopotutto, il
comfort è importante, persino i cavalli sembrano giudicarli con lo sguardo, ma
ormai la decisione è presa: tutto ciò che può essere trasportato, verrà
trasportato. E se non può essere trasportato… verrà trasportato lo stesso.
Una volta fuori
dall’acqua, i quattro eroi si dedicano a un’attività fondamentale per ogni
avventuriero che si rispetti: la catalogazione del bottino.
L’armatura del
marinaio, che a prima vista sembrava un pezzo raro e leggendario, si rivela
essere poco più di una patacca. La gemma, con tre cariche di True Sight,
invece, strappa un certo entusiasmo al gruppo, perché vedere la verità delle
cose è sempre un vantaggio.
Ma il vero
problema arriva con gli Aldani.
I granchi umanoidi, orgogliosi e tronfi, si presentano raggianti per la riuscita della
loro missione di pulizia etnica, il che getta un'ombra inquietante su tutto il
salvataggio. Se da un lato, è sempre bello liberare il mondo da mostruosità
marine aggressive, dall’altro, c’è qualcosa di estremamente sbagliato nel modo
in cui gli Aldani battono soddisfatti le loro chele, come se stessero già
scrivendo un'ode su questa gloriosa giornata di sterminio.
L'idea di
mandarli dritti dritti nella stanza dello scudo è seriamente presa in
considerazione. Un bel suicidio di massa potrebbe risolvere il problema senza
sporcarsi le mani, ma proprio
quando il gruppo sta per prendere una decisione moralmente discutibile ma
estremamente pragmatica, Britz fa notare che le menti deboli sono prede facili
per i mindflayer. Magari
lasciarli in vita potrebbe significare dover affrontare una futura armata di
aragoste telepatiche controllate mentalmente da un’intelligenza aliena.
Il dibattito si
accende. Il potere telepatico viene sfruttato per comunicare senza che i
crostacei sospettino nulla, ma il dilemma resta.
Myra è
fortemente a favore dell’opzione “sterminio preventivo”. Gli altri, invece,
oscillano tra il “se diventano schiavi
di un mindflayer, sarà un casino colossale” e un bel “chi se ne frega”.
Nessuno sa
quale sia la scelta giusta. Ma la cosa certa è che il destino di questi granchi
giganti è appeso a un filo. E il filo è decisamente sfilacciato.
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