Cap 18 – Hok Miraz e un sonno lungo 161 anni
Golden crown –
28° profondo inverno
L’acqua si fa
più fredda mentre scendono di livello, lasciandosi alle spalle il sangue degli
squali eliminati che si disperde lentamente. La Golden Crown è lì sotto, un
relitto che il tempo ha trasformato in una bara silenziosa, avvolta
nell’oscurità e nell’oblio.
Synthariel
nuota con cautela, tenendosi a distanza, il suo corpo da squalo agile e snello
si muove con naturalezza, ma c’è una tensione nei suoi movimenti, un’ombra di
paura. Gli altri la lasciano fare, capendo che ha bisogno di ritrovare il
proprio ritmo dopo l’attacco. Non ci vorrà molto prima che torni ad essere la
solita Synthariel.
Sprutzy, come
serpente velenoso, se avesse delle sopracciglia, le starebbe aggrottando da un
pezzo. Il suo sguardo non si sposta mai da Myra mentre cerca di decidere se sia
più preoccupato per la sua warlock o per il fatto che si trovino in un posto
che odora di morte e pericolo e che lui sarà colui che dovrà valutarne i
pericoli.
Sul ponte della
nave, le balestre giganti sono ancora armate, pronte a scatenare il caos su
chiunque osi avvicinarsi. Vryssal le guarda con occhi attenti, riflettendo su
quanto sarebbe facile farle scattare con il minimo movimento sbagliato.
Stanno ancora
decidendo cosa fare quando il mezzelfo dalla pelle blu, con un paio di potenti
colpi di gambe, scatta avanti e si ferma davanti alla guardiola.
Dall'esterno
non sembra niente di speciale: legno marcio, oblò coperti da uno strato di
alghe che li rende impossibili da vedere… ma c’è qualcosa che non quadra. Si
avvicina, studiando la porta, poi la vede: una pesante
catena arrugginita, avvolta attorno alle maniglie come se qualcuno, tanto tempo
fa, avesse voluto sigillare la stanza dall’esterno.
Come se nessuno
dovesse mai più uscirne.
Vryssal si
avvicina ad un piccolo squarcio nel legno, stringendo gli occhi per guardare
all'interno. Al centro della stanza, un grosso tavolo di legno è ricoperto di
argenterie ossidate, candelabri rovesciati e altri oggetti che un tempo
dovevano brillare alla luce delle lanterne. Le scrivanie di legno, rovinate
dall’umidità e dal tempo, sono coperte da uno strato di sabbia e fango, ma è il
grosso tendaggio che copre un lato della cabina ad attirare la sua attenzione.
Oscilla
leggermente con le correnti, come se qualcosa si nascondesse dietro. Sprutzy si
infila tra le fessure della cabina, il suo piccolo corpo scivola tra i detriti
senza fare rumore. Attraversa il tendaggio mosso dalla corrente, rivelando una
parte della stanza sorprendentemente ben conservata.
Il candelabro
dorato, ancora sospeso al soffitto con una spessa corda, sembra quasi sfidare
il tempo, brillando debolmente nella penombra dell'acqua torbida. La libreria,
sebbene coperta da strati di sedimenti, custodisce ancora una serie di tomi dal
dorso scolorito, alcuni consumati dall'umidità, altri ancora intatti, come se
attendessero di essere sfogliati di nuovo.
E poi c’è il
letto, sommerso quasi completamente da sabbia e fango, lasciando trasparire
solo una parte della testata, come se il mare stesso avesse cercato di
seppellirne i suoi segreti.
Fuori, Vryssal,
si dedica alla catena con l’abilità e la sicurezza che lo contraddistinguono.
Le sue mani si muovono veloci, agili nel forzare il meccanismo arrugginito, e
per un istante si lascia scappare un mezzo sorriso soddisfatto.
Sa che, in quel
momento, tutti dipendono da lui. Ed è esattamente il genere di pressione che
gli piace.
Vryssal sente
la resistenza della catena sotto le dita, il metallo ruvido che gratta contro
la pelle mentre cerca di smuoverla. L'acqua intorno a lui è silenziosa,
interrotta solo dal suono ovattato dei movimenti dei suoi compagni che lo hanno
raggiunto.
Chiunque
l’abbia chiusa voleva assicurarsi che non venisse aperta.
Stringe la
presa, mentre maneggia il piede di porco, lasciandosi andare a un ghigno
soddisfatto. Gli piace questa sensazione. Sapere che tutti stanno aspettando
che sia lui a risolvere il problema, che senza di lui resterebbero lì,
immobili, davanti ad una porta chiusa. Gli piace essere necessario. Essere
quello che apre le strade, che scioglie i nodi, che porta avanti la situazione.
Ed è strano,
quasi ironico. Non è mai stato il tipo che ci si aspetta di vedere in prima
linea quando c'è da prendersi una responsabilità, eppure… eccolo lì. E non è
solo il gusto della sfida, il piacere di sentire il metallo cedere sotto la sua
presa. No, c’è anche quella consapevolezza sottile che gli scorre addosso come
una corrente tiepida: qualcuno, tra loro, lo sta guardando. Qualcuno, forse, si
affida a lui più di quanto vorrebbe ammettere.
E questo?
Questo è ancora meglio.
Con un ultimo
strattone, sente la ruggine cedere sotto la sua presa. Il metallo geme, vibra,
e poi… la catena si rompe.
La stanza,
chiusa da tempo, oppone resistenza all'apertura, con uno spesso strato di
sabbia che rende il movimento della porta più difficoltoso. Una volta dentro,
il gruppo riconosce subito l’ambiente descritto da Myra attraverso il suo
famiglio. Ogni dettaglio combacia, due dipinti però, attirano l’attenzione.
Quello laterale è quasi completamente marcito, ridotto ad un’ombra indistinta
di ciò che un tempo raffigurava. Quello rivolto a sud, invece, appare intatto,
quasi nuovo, senza la minima traccia di alghe o detriti. Il ritratto mostra una
giovane donna dai tratti calimshiti, incredibilmente bella, con un’espressione
serena e accogliente, come se li stesse osservando.
Prima che
qualcuno possa decidere di toccare qualcosa senza pensarci, Myra inizia a
intonare il rituale di Detect Magic, preferendo non rischiare di finire in
qualche trappola per un gesto avventato. Quello che Synthariel riesce a
captare, ancora prima di poter usufruire del rituale, è che quel dipinto ha
un’aura magica potentissima (over 9000!), eppure, anziché ponderare con serietà
il significato della scoperta, l’atmosfera prende una piega inaspettata.
Myra e Vryssal,
nonostante il rituale in corso, iniziano a ridacchiare a vicenda, lanciandosi
frecciatine con la naturalezza di chi ha trovato un pretesto per distrarsi. Tra
un commento e l’altro, l’attenzione torna inevitabilmente sul quadro e, con la
tipica impulsività che lo contraddistingue, Vryssal decide di mettere alla
prova la sua natura magica nel modo meno ortodosso possibile. Senza troppi
indugi, afferra Sprutzy e lo lancia verso il dipinto con un movimento rapido,
come se fosse un elastico teso e rilasciato di colpo.
L’esperimento,
se così si vuole definire, ha un esito prevedibile. Il famiglio, colpito
nell’orgoglio più che nel corpo, si ferma una volta scontratosi contro la tela,
gira su sé stesso con un’eleganza offesa e, senza nemmeno degnarli di uno
sguardo, si allontana con una dignità ferita che rende superfluo qualsiasi
commento. Non ha alcuna intenzione di farsi coinvolgere nei loro giochi.
Myra continua
il suo rituale, gli occhi concentrati sul quadro che ora emana un'aura di magia
di abiurazione così potente da sembrare quasi opprimente. Ma non è solo il
dipinto ad avere un potere evidente. Anche la scrivania, sotto il quadro,
brilla debolmente, come se qualcosa al suo interno stesse emanando una luce
silenziosa. Un'altra strana iridescenza proviene da oltre la tenda, dove una
presenza invisibile sembra osservare i movimenti del gruppo.
Britz, sempre
attento, si avvicina però alla scrivania a nord. La apre con un gesto esperto,
ma la sua speranza svanisce rapidamente: all’interno non c’è nulla di
interessante, se non oggetti inutili e marciti. La frustrazione si fa strada
nel suo volto, nel frattempo, Synthariel, pur avendo deciso di restare cauta e
lontana dal caos, non riesce a contenere la sua curiosità. I pensieri del
giovane halfling vengono subito attraversati dalla voce della druida “Il
doppiofondo. Forse c’è un doppio fondo. Controlla. Un doppiofondo. Guarda bene!”.
La sua mente, sempre attenta, è sopraffatta dal desiderio di esplorare e, in un
attimo, si trasforma da una creatura acquatica riflessiva a un vero e proprio
tornado subacqueo. Con impazienza, infila il suo muso ovunque. Ogni angolo
viene esplorato senza ritegno, mentre gli altri tentano, vanamente, di
spostarla o calmare la sua frenesia.
Myra Mairee scosta la tenda con convinzione, già consapevole di ciò che la aspetta. Il gigantesco lampadario dorato troneggia sopra la sua testa, le candele ormai spente da un secolo. Uno dei libri presenti nella libreria emana una debole luce magica, mentre qualcosa sotto la sabbia del letto risplende con la stessa energia. Non è sola nei suoi ritrovamenti: dall’altra parte della stanza, Synthariel ha ormai preso a musate anche Vryssal, sempre più insistente affinché apra un cassetto chiuso a chiave dal quale fuoriesce una luce fioca all’interno della seconda scrivania.
Nella mente del
ladro riecheggiano la voce ripetitiva e assillante della druida, come un mantra
ipnotico: "Aprilo. Apri il cassetto. Hai aperto il cassetto?"
L’insistenza è tale che, esasperato, Vryssal cede prima del previsto, incapace
persino di allontanarla. Forza la serratura con la consueta abilità, ma appena
sente il doppio click, sa di aver commesso un errore. Un istante dopo, piccoli
aghi scattano dalla serratura, penetrando nella sua carne con una precisione
fastidiosa. Una fitta di dolore lo coglie, abbastanza intensa da fargli portare
istintivamente il dito alle labbra, succhiando via il sangue che, lentamente,
si dissolve nell’acqua intorno a lui.
All'interno del
cassetto, Vryssal trova un cilindro di pelle dall'aspetto vissuto e una gemma
verde incastonata in un supporto di metallo che pulsa di un’energia magica
legata alla divinazione. Accanto, un sacchetto pesante rivela il tintinnio
familiare dell’oro, e tra le monete spicca un diamante, perfettamente intatto
nonostante il tempo trascorso negli abissi.
Aprendo il
cilindro, scopre al suo interno un cannocchiale finemente lavorato, con inserti
d’oro e una fattura decisamente pregiata. Anche senza sapere esattamente a chi
appartenesse, è chiaro che non si tratta di un oggetto comune.
Nel frattempo,
Myra si avvicina alla libreria, attirata dall’unico libro ancora intatto tra le
pagine spappolate delle altre opere. La sua copertina è di granito, pesante e
imponente, come se fosse stato realizzato per resistere al tempo stesso. Come
il dipinto. È l’unico volume a non aver
ceduto all’umidità e alla rovina del relitto e la sua aura magica suggerisce
che la sua sopravvivenza non sia frutto del caso. Anche qui arriva lo squalo
curioso e nelle mente di Myra arrivano le stesse parole che erano arrivate al
mezzelfo poco prima: “Aprilo. Dai, apri il libro, vediamo cosa c’è scritto.
Apri. Apri?”
L’angoscia per
quella voce insistente si insinua nella mente di Myra, ma a essere sinceri, non
è che avrebbe riflettuto molto sulle conseguenze nemmeno in circostanze
normali. Senza troppe cerimonie, spalanca il pesante libro dalla copertina di
granito, e in un istante due artigli di pietra fuoriescono dai bordi,
serrandosi attorno alle sue mani come manette. La warlock sgrana gli occhi,
strattona d’istinto, ma il libro non molla la presa.
Vryssal, che
già pregustava la scena con un sorrisetto, si lascia scivolare via
l’espressione divertita nel momento in cui nota qualcosa muoversi sotto la
sabbia del letto. Le sue pupille si stringono mentre la polvere e il fango si
sollevano, rivelando una figura che sta emergendo.
Britz, dal
canto suo, non ci pensa due volte. Nella sua mente riecheggiano le voci di Myra
e Synthariel che gli urlano di aspettare, di non fare cazzate, ma poi c’è
quella di Vryssal.
Ed è quella che
sceglie di ascoltare.
Senza esitare,
tende l’arco e scocca una freccia che trapassa la mano scarna di quella che
ormai sembra inequivocabilmente una mummia. Peccato che il colpo non sembri
fare il minimo effetto.
La figura
continua ad emergere, la sabbia scivola dalle pieghe della sua tunica
intarsiata, ancora incredibilmente ben conservata. Non sembra particolarmente
entusiasta di essere stata svegliata.
Vryssal, rapido
come sempre, coglie l'attimo e, cercando di prendere in mano la situazione,
afferra uno scrigno che riflette una fievole luce magica. Lo solleva con fare
minaccioso, pronto a farlo a pezzi, ma la mummia non sembra nemmeno
accorgersene.
I suoi occhi
cavi si spostano invece prima su Myra, che, con le mani ancora bloccate nel
libro, agita le braccia in un ridicolo tentativo di scrollarselo di dosso,
brontolando un secco "Guardi, non è come sembra".
Poi, con un
movimento rigido e innaturale, la mummia volta la testa verso Britz e in
quell’istante, con la certezza inevitabile di una condanna, l’halfling capisce
che forse, per una volta, avrebbe dovuto ascoltare le amiche.
La punizione
arriva inesorabile, scolpita nello sguardo vuoto della mummia, pronta a
scaricare secoli di rancore sull’halfling imprudente, ma Myra, con la rapidità
istintiva di un cinghiale che ha appena avvertito il sibilo di una freccia
scoccata da un piccolo gnomling, si lancia in avanti, trascinandosi
dietro il tomo di granito ancora incatenato ai polsi.
La sua
parlantina ineguagliabile si attiva come un riflesso, parole vellutate e
strategicamente selezionate si riversano nell’acqua mentre nuota, con la grazia
di un sacco di patate, verso la mummia. Un sorriso. Un ammiccamento studiato.
Una gestualità che, in altre circostanze, sarebbe persino efficace.
E contro ogni
logica, funziona.
Le spalle
ossute della mummia si rilassano leggermente. Il pericolo imminente sembra
svanire, lasciando spazio a una scena che potrebbe definirsi semplicemente
comica.
Dagli occhi
cavi del non-morto, si riflette una visione surreale: uno squalo che, con
assoluta convinzione, si atteggia come un essere umano. Synthariel, in tutta la
sua gloria acquatica, è ritta, come se la pinna dorsale potesse magicamente
sostenerla. Con un'eleganza inaspettata, esegue un profondo inchino, poi si
accomoda con la nonchalance di un aristocratico su una sedia.
Il silenzio si
prolunga per un lungo istante. Poi, inevitabilmente, la tensione si sgretola. L’unico a non prendersi nemmeno un secondo per
apprezzare il grottesco spettacolo è Britz. Con l’istinto di autoconservazione
di chi ha appena sentito l’oscuro abbraccio della morte sfiorargli la nuca, si
dà alla fuga senza farselo ripetere due volte, nuotando via più veloce di un
sahuagin infuriato.
Hok Miraz, il
mago calimshano, segue con calma il movimento di Britz, il suo corpo ruota in
un perfetto giro di 360 gradi, come se avesse già previsto ogni mossa del
piccolo halfling. Non sembra preoccupato, perché nella sua mente, ogni gesto di
Britz è come se fosse scritto su una mappa.
La sua voce
risuona nelle menti, un racconto che ha il sapore della polvere antica.
Racconta di un passato che affonda le radici nella storia commerciale di
Calimshan. Hok Miraz era l'incaricato dei commerci con la Costa della Spada e
Berranzo, era una delle novità più promettenti di tutta la zona. Un tempo,
durante la sua visita, la miniera era piena di pietre preziose, un vero e
proprio tesoro, ma di quel mondo ora non rimane traccia, ma non ha idea di cosa
sia successo da allora.
Mentre si perde
nei ricordi, parla del suo bastone magico sparito. A quel punto, Synthariel e
Myra, approfittando dell’occasione, propongono un accordo che sembra
vantaggioso per tutti: liberare Britz dalla condanna a morte in cambio del
ritrovamento del suo bastone, ma non appena la proposta viene formulata,
un'ombra di preoccupazione si diffonde tra i tre che sono rimasti. Il bastone
di Hok Miraz, se finito nelle mani di qualcuno molto potente, potrebbe
amplificare il suo potere, trasformandolo in qualcosa di quasi invincibile. Poi
il mago inizia a raccontare della capitana e del viaggio che aveva intrapreso
dopo aver preso il carico da Berranzo. La tempesta che li aveva investiti era
stata inclemente, ma le stranezze non finiscono lì. La sua mente, affilata come
una lama, non riesce a capire come una capitana così esperta possa aver deciso
di intraprendere un viaggio così pericoloso. E qui, inizia a sorgere il dubbio.
Com’è possibile che una persona con tanta esperienza abbia preso una decisione
tanto azzardata?
Nel mentre, Hok
Miraz continua il suo racconto, spiegando che il bastone era stato preso da un
piccolo sahuagin, che si è trovato condannato a morte sotto le sue stesse magie,
ma il bastone, alla fine, è sparito. Non c’è alcun segno, nessun contatto
psichico che possa indirizzarli verso la sua posizione attuale.
E poi, senza
preavviso, il silenzio che segue sembra denso e palpabile. I tre si guardano,
il peso della situazione si fa sentire. Senza bisogno di parole, i loro
pensieri si connettono telepaticamente. È come se una nuova comprensione si
fosse instaurata tra di loro, qualcosa che li unisce oltre ogni parola detta.
È infine
Vryssal a rompere il silenzio con una domanda che aveva già preso forma nella
mente di tutti, ma che nessuno aveva avuto il coraggio di pronunciare fino a
quel momento.
«Ha mai sentito
parlare dei Mind Flayer?»
La domanda
rimane sospesa nell’acqua e l’effetto è immediato. Hok Miraz non è sorpreso,
anzi, annuisce lentamente. Ha sentito parlare di loro, naturalmente e non è
difficile per lui immaginare che la capitana potrebbe essere caduta preda di
una di queste creature. L’idea che i Mind Flayer possano aver avuto un ruolo in
tutto ciò si insinua come una nebbia nelle menti dei presenti. La possibilità
che la capitana, nel suo viaggio, sia stata catturata o influenzata da queste
entità psichiche è una semplice speculazione eppure, questo pensiero si insinua
sempre più in profondità.
Hok Miraz, sembra
tornare per un momento alla sua antica serenità. Il suo sguardo scruta ciascuno
dei tre avventurieri, come se cercasse di decifrare non solo le loro parole, ma
anche i pensieri che albergano nella loro mente. Poi, senza un’altra parola di
troppo, inizia a parlare del misterioso luogo di Berranzo e dell’elementale del
fuoco che alimenta la forgia, protetto da rune magiche che gli impediscono
l’uscita.
Infine, conferma
i timori dei tre: se un Mind Flayer venisse in possesso del suo bastone, la sua
capacità psichica sarebbe amplificata enormemente. Un bastone nelle mani
sbagliate potrebbe rendere il possesso della mente altrui un gioco da ragazzi.
Con una calma
apparente, il mago dona loro la possibilità di prendere qualsiasi oggetto utile
che trovano nella stanza, ma la sua ultima affermazione resta nell'aria,
sospesa: la promessa di un incontro futuro, che porta con sé una vaga
sensazione di incertezza. I tre non riescono a capire se quella frase è una
promessa di aiuto o un avvertimento.
I quattro si
muovono con cautela verso il ponte inferiore, l’acqua intorno a loro
leggermente torbida per la sabbia sollevata dal loro passaggio. Dopo il ritorno
dell’halfling, si dirigono verso la nuova area, trovandosi davanti a tre porte
disposte in maniera simmetrica: due ai lati e una centrale, alle loro spalle.
Nessun suono proviene dall’interno, il che riduce le possibilità a due sole
opzioni, entrambe poco entusiasmanti: o le stanze sono completamente vuote, o
dentro li attende qualcosa di non morto e particolarmente ostile (o un polpo da
fare con le patate).
Verso la prua
della nave, il piccolo halfling si imbatte in due nuove rampe di scale che
conducono ulteriormente verso il basso. Nel frattempo, Vryssal prende
l’iniziativa e spalanca la porta più vicina, alzando la sua perla luminosa con
il preciso intento di accecare chiunque si trovi all’interno. Tuttavia,
l’effetto scenico si rivela del tutto superfluo, poiché l’unico pubblico della
sua entrata teatrale è composto da mobili marci e pentolame arrugginito,
essendo probabilmente la cucina.
Non fa nemmeno
in tempo a godersi il silenzio desolato della stanza che una sagoma massiccia
si insinua dietro di lui. Synthariel, con la solita grazia da calamità
naturale, si infila nel vano della porta e inizia a spostare tutto con la coda,
lui compreso. Con un sospiro, il ladro accetta il suo destino e attende
pazientemente che lo squalo finisca il suo esame minuzioso della stanza.
Mentre
Synthariel continua la sua esplorazione poco ortodossa della stanza, un
mobiletto scricchiola sotto le sue perquisizioni poco delicate. Un rumore accompagna l’apertura improvvisa dell’anta, da cui sbuca fuori un grosso polpo che, purtroppo per lui, non ha nemmeno il tempo di realizzare il
proprio errore.
Nel giro di
pochi attimi, il povero cefalopode finisce triturato senza alcuna pietà,
vittima della catena alimentare e della costante fame del gruppo. L’intera
scena si svolge in un lampo: un guizzo, un morso, e il destino del mollusco è
ormai segnato. Se non altro, anche per quella giornata, la cena è assicurata.
Comunque Britz ha agito per DIFENDERE, non mi pare che questo elemento sia stato sufficientemente compreso!
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