Cap 16 - I Sauhagin e la Golden crown pt.1
Darkwood Lagoon - 27°
profondo inverno
La bufera non
dà tregua, e il viaggio si trasforma in una marcia stremante tra neve e vento
tagliente. Gundarlun sembra aver deciso di mettere alla prova la resistenza
degli eroi, che arrancano nel freddo per quasi due giorni senza quasi fermarsi.
Quando finalmente raggiungono la scogliera che si affaccia sulla spiaggia
dell’affondamento, il panorama che si presenta ai loro occhi è tutt’altro che
rassicurante.
Laggiù, tra le
onde grigie e la nebbia salmastra, movimenti rapidi tradiscono la presenza dei
Sauhagin. Le creature anfibie si tuffano nel mare con una coordinazione
inquietante, sparendo nelle profondità con un tempismo che sembra quasi
militare. Osservandoli dall’alto, il gruppo si rende conto che attaccare alla
cieca sarebbe un suicidio. Serve un piano.
Si allontanano
quindi verso l’entroterra per accamparsi e riposarsi, consapevoli che un
attacco all’alba, con la luce dalla loro parte, sarebbe più vantaggioso. La
notte è gelida e implacabile, nessuno osa accendere un fuoco per paura di farsi
notare. Dormono rannicchiati tra le pellicce e sacchi pelo, tentando di
ignorare la sensazione di ghiaccio che sembra insinuarsi direttamente nelle
ossa.
Al mattino, il
campo si sveglia con una nota di ilarità inaspettata. Vryssal, che come sempre
aveva dato per scontato di poter passare la notte comodamente abbracciato a
qualcuno, è ridotto a un blocco di ghiaccio semovente. Il mezzelfo si alza con
movimenti rigidi e il viso blu – ancora più blu – mentre il suo sguardo cerca, forse
con un filo di disperazione, quello di Myra. Lei, con tutta la freddezza che la
contraddistingue, lo squadra con un sopracciglio alzato, chiedendosi per
l’ennesima volta in quale universo parallelo lui abbia pensato che ciò potesse
mai accadere, indicandogli il taccuino.
Synthariel, con
un sospiro di rassegnazione e un accenno di sorriso, decide di prendere in mano
la situazione. Con movimenti energici e decisi, inizia a strofinare le braccia
intirizzite di Vryssal per riportargli un minimo di calore. La druida, ormai
intenerita da quello strambo elfo del mare, scuote la testa e continua a
scaldarlo con una determinazione quasi materna, mentre lui si lascia fare con
aria sofferente, ma compiaciuta.
Tuttavia, il
momento di affetto viene bruscamente interrotto quando delle strane figure si
profilano tra gli alberi innevati.
Dalla foschia
emergono delle creature dall’aspetto tanto bizzarro quanto minaccioso: enormi
aragoste umanoidi, con possenti chele e occhi neri e inespressivi. Si muovono
con un’andatura strana, il loro carapace riflette la luce fioca del mattino e
l’odore di salsedine si fa più intenso mentre si avvicinano.
Il gruppo si
prepara al peggio, con le mani che sfiorano le armi e gli incantesimi pronti a
essere lanciati. Tuttavia, gli Aldani non sembrano immediatamente
ostili, sebbene la loro predisposizione alla chiacchiera sia praticamente
nulla. Si limitano a fissare i quattro eroi con la stessa espressione
impassibile con cui probabilmente osserverebbero un’alga morta e la loro
parlantina è lenta e trascinata.
È subito chiaro
che gli Aldani non provino la minima simpatia per i Sauhagin, che descrivono
subito come particolarmente violenti negli ultimi 30-40 giorni, poiché hanno
addirittura ucciso dei loro piccoli. Anzi, se per descrivere il loro rapporto, utilizzano
spesso la parola “genocidio”.
Scambiandosi
sguardi d’intesa, gli avventurieri capiscono che il nemico del loro nemico può
essere un utile alleato. Purtroppo, gli Aldani non hanno informazioni nuove sul
Nautiloide caduto, sui mindflayer o su qualsiasi altro mistero che il gruppo
sta cercando di svelare. L’accordo viene siglato senza troppi fronzoli: i
Sahuagin devono morire, tutti sono d’accordo, non c’è altro da aggiungere. Gli
Aldani si scambiano un ultimo sguardo con i quattro, poi, senza una parola di
commiato, spariscono nella nebbia esattamente come erano arrivati.
Con una
sicurezza quasi innata, Synthariel, Britz e Vryssal affrontano la discesa con
l’eleganza e l’agilità di esperti scalatori. I loro passi sono leggeri, i
movimenti fluidi, e persino il vento gelido sembra rispettare la loro grazia.
In pochi istanti sono già a metà strada, senza il minimo intoppo.
Poi c’è Myra.
Myra, che
probabilmente in un’altra vita era una creatura marina perfettamente adattata
alle profondità oceaniche, ma che sulla terraferma sembra aver mantenuto lo
stesso livello di coordinazione di un merfolk fuori dall’acqua. Una piccola
pietruzza, minuscola ed apparentemente innocua, segna la sua disfatta. Il piede
le scivola, l’equilibrio la tradisce e, in un istante, si ritrova a perdere il
controllo.
Il gruppo la
osserva mentre la warlock si trasforma in una palla di vestiti, capelli
argentei e maledizioni sussurrate, rimbalzando giù per la discesa. Si rialza
spolverandosi le vesti, ritrovando una dignità ormai perduta e giustificandosi
con «Era un tuffo».
L’elfa, ancora
con qualche granello di sabbia incastrato tra i capelli e la dignità a pezzi,
decide che è il momento di farsi prendere sul serio. Evoca con un gesto
elegante un serpente velenoso, che si materializza con l’aria poco entusiasta
di chi sa già che verrà mandato in una missione pericolosa.
Senza troppe
cerimonie, la warlock lo indirizza verso il mare, e il rettile, con la grazia
di chi ha un destino segnato, si tuffa tra le onde gelide e scompare nelle
profondità.
L’attesa è
lunga, riempita da folate di vento freddo e sguardi scambiati tra i membri del
gruppo, ognuno dei quali si chiede silenziosamente quanto sia una buona idea
attaccare un branco di sahuagin in casa loro.
Dopo un po’, il
serpente si collega con Myra e riporta le informazioni: Il galeone giace
immerso nelle acque gelide come un colosso caduto, un tempo maestoso, ora
ridotto a un relitto in balia degli elementi. Il legno, che doveva essere
robusto e lucente, è marcito, impregnato d’acqua salmastra e ricoperto da uno
spesso strato di alghe, cozze e patelle. Qua e là, frammenti di decorazioni
dorate ancora resistono alla rovina, testimoniando l’antico splendore della
nave, le iscrizioni ornate, che un tempo dovevano incutere ammirazione, ora
sono sbiadite. Il ponte superiore è in condizioni pessime: alcune assi sono
spezzate, lasciando intravedere l’oscurità sottostante. Insomma, l’intero
relitto è un monumento all’abbandono, alla gloria svanita e alla morte. Eppure,
qualcosa si muove tra le sue ombre sommerse. Il serpente Sprutzy, nota anche le
figure che si muovono tra il relitto che non lasciano nulla al caso. Sei di
loro sono appostati strategicamente sulle sezioni ancora stabili del relitto, altri
due sono posizionati con una grossa balestra pesante, le corde tese e i dardi
già incoccati, pronti a scagliare morte su chiunque osi avvicinarsi, e una
pattuglia di altri cinque Sahuagin si muove nelle acque circostanti,
accompagnata da squali che nuotano in sincronia con loro, come ombre affamate
in attesa di un segnale. Ogni movimento attorno al relitto viene osservato con
occhi freddi e spietati, ogni onda è scrutata con diffidenza.
Il ponte
sottostante della nave è un'incognita: tre porte chiuse potrebbero nascondere
qualsiasi cosa, e oltre a esse si estendono altri livelli avvolti nelle tenebre
marine. Dall’interno, si intravedono sagome in movimento, probabilmente altri
sahuagin o forse qualcos’altro. Fortunatamente, Sprutzy avverte gli eroi in
tempo che la pattuglia di sahuagin sta risalendo dalla spiaggia, dando loro
l'opportunità di prepararsi per un attacco a sorpresa.
Myra tenta un
inganno in piena regola, ma il suo piano fallisce miseramente e di conseguenza rivela
subito la sua posizione. Capisce però, grazie al contatto telepatico col capo della
pattuglia, che questi sahuagin non sono stati infettati dai girini dei mindflayer
e quindi collaborano in altro modo.
Senza più
possibilità di nascondersi, inizia un combattimento violento e rapido. I cinque
sahuagin, sorpresi, non hanno scampo contro la potenza dei quattro eroi. Ogni
colpo inferto li avvicina alla sconfitta, e ben presto la battaglia si conclude
con i corpi dei sahuagin sparsi sulla sabbia. Anche questa volta il loro healer
ha tankato alla perfezione.
Dopo un rapido
brainstorming e un riposo, i quattro eroi decidono di attirare i restanti
sahuagin sulla spiaggia, per evitare il rischio di combattere nelle fredde
acque. Si mettono al lavoro, scavando buche nella sabbia bagnata e piazzando
trappole che sperano possano dare loro un vantaggio. Poi, con sprezzo del
pericolo, scuoiano i corpi dei sahuagin e li lanciano in mare, come una
provocazione.
Non ci vuole
molto prima che gli altri, sei sahuagin accompagnati da due raider, individuati
da Sprutzy, emergano dalle ombre. Si preparano al combattimento, armati di
giavellotti e con artigli affilati, pronti a vendicare i loro compagni caduti.
La tensione cresce mentre si preparano per lo scontro.
E così, la
danza della battaglia ha inizio.
Darkwood Lagoon - 27°
profondo inverno
La bufera non
dà tregua, e il viaggio si trasforma in una marcia stremante tra neve e vento
tagliente. Gundarlun sembra aver deciso di mettere alla prova la resistenza
degli eroi, che arrancano nel freddo per quasi due giorni senza quasi fermarsi.
Quando finalmente raggiungono la scogliera che si affaccia sulla spiaggia
dell’affondamento, il panorama che si presenta ai loro occhi è tutt’altro che
rassicurante.
Laggiù, tra le
onde grigie e la nebbia salmastra, movimenti rapidi tradiscono la presenza dei
Sauhagin. Le creature anfibie si tuffano nel mare con una coordinazione
inquietante, sparendo nelle profondità con un tempismo che sembra quasi
militare. Osservandoli dall’alto, il gruppo si rende conto che attaccare alla
cieca sarebbe un suicidio. Serve un piano.
Si allontanano
quindi verso l’entroterra per accamparsi e riposarsi, consapevoli che un
attacco all’alba, con la luce dalla loro parte, sarebbe più vantaggioso. La
notte è gelida e implacabile, nessuno osa accendere un fuoco per paura di farsi
notare. Dormono rannicchiati tra le pellicce e sacchi pelo, tentando di
ignorare la sensazione di ghiaccio che sembra insinuarsi direttamente nelle
ossa.
Al mattino, il
campo si sveglia con una nota di ilarità inaspettata. Vryssal, che come sempre
aveva dato per scontato di poter passare la notte comodamente abbracciato a
qualcuno, è ridotto a un blocco di ghiaccio semovente. Il mezzelfo si alza con
movimenti rigidi e il viso blu – ancora più blu – mentre il suo sguardo cerca, forse
con un filo di disperazione, quello di Myra. Lei, con tutta la freddezza che la
contraddistingue, lo squadra con un sopracciglio alzato, chiedendosi per
l’ennesima volta in quale universo parallelo lui abbia pensato che ciò potesse
mai accadere, indicandogli il taccuino.
Synthariel, con
un sospiro di rassegnazione e un accenno di sorriso, decide di prendere in mano
la situazione. Con movimenti energici e decisi, inizia a strofinare le braccia
intirizzite di Vryssal per riportargli un minimo di calore. La druida, ormai
intenerita da quello strambo elfo del mare, scuote la testa e continua a
scaldarlo con una determinazione quasi materna, mentre lui si lascia fare con
aria sofferente, ma compiaciuta.
Tuttavia, il
momento di affetto viene bruscamente interrotto quando delle strane figure si
profilano tra gli alberi innevati.
Dalla foschia
emergono delle creature dall’aspetto tanto bizzarro quanto minaccioso: enormi
aragoste umanoidi, con possenti chele e occhi neri e inespressivi. Si muovono
con un’andatura strana, il loro carapace riflette la luce fioca del mattino e
l’odore di salsedine si fa più intenso mentre si avvicinano.
Il gruppo si
prepara al peggio, con le mani che sfiorano le armi e gli incantesimi pronti a
essere lanciati. Tuttavia, gli Aldani non sembrano immediatamente
ostili, sebbene la loro predisposizione alla chiacchiera sia praticamente
nulla. Si limitano a fissare i quattro eroi con la stessa espressione
impassibile con cui probabilmente osserverebbero un’alga morta e la loro
parlantina è lenta e trascinata.
È subito chiaro
che gli Aldani non provino la minima simpatia per i Sauhagin, che descrivono
subito come particolarmente violenti negli ultimi 30-40 giorni, poiché hanno
addirittura ucciso dei loro piccoli. Anzi, se per descrivere il loro rapporto, utilizzano
spesso la parola “genocidio”.
Scambiandosi
sguardi d’intesa, gli avventurieri capiscono che il nemico del loro nemico può
essere un utile alleato. Purtroppo, gli Aldani non hanno informazioni nuove sul
Nautiloide caduto, sui mindflayer o su qualsiasi altro mistero che il gruppo
sta cercando di svelare. L’accordo viene siglato senza troppi fronzoli: i
Sahuagin devono morire, tutti sono d’accordo, non c’è altro da aggiungere. Gli
Aldani si scambiano un ultimo sguardo con i quattro, poi, senza una parola di
commiato, spariscono nella nebbia esattamente come erano arrivati.
Con una
sicurezza quasi innata, Synthariel, Britz e Vryssal affrontano la discesa con
l’eleganza e l’agilità di esperti scalatori. I loro passi sono leggeri, i
movimenti fluidi, e persino il vento gelido sembra rispettare la loro grazia.
In pochi istanti sono già a metà strada, senza il minimo intoppo.
Poi c’è Myra.
Myra, che probabilmente in un’altra vita era una creatura marina perfettamente adattata alle profondità oceaniche, ma che sulla terraferma sembra aver mantenuto lo stesso livello di coordinazione di un merfolk fuori dall’acqua. Una piccola pietruzza, minuscola ed apparentemente innocua, segna la sua disfatta. Il piede le scivola, l’equilibrio la tradisce e, in un istante, si ritrova a perdere il controllo.
Il gruppo la osserva mentre la warlock si trasforma in una palla di vestiti, capelli argentei e maledizioni sussurrate, rimbalzando giù per la discesa. Si rialza spolverandosi le vesti, ritrovando una dignità ormai perduta e giustificandosi con «Era un tuffo».
L’elfa, ancora con qualche granello di sabbia incastrato tra i capelli e la dignità a pezzi, decide che è il momento di farsi prendere sul serio. Evoca con un gesto elegante un serpente velenoso, che si materializza con l’aria poco entusiasta di chi sa già che verrà mandato in una missione pericolosa.
Senza troppe cerimonie, la warlock lo indirizza verso il mare, e il rettile, con la grazia di chi ha un destino segnato, si tuffa tra le onde gelide e scompare nelle profondità.
L’attesa è lunga, riempita da folate di vento freddo e sguardi scambiati tra i membri del gruppo, ognuno dei quali si chiede silenziosamente quanto sia una buona idea attaccare un branco di sahuagin in casa loro.
Dopo un po’, il serpente si collega con Myra e riporta le informazioni: Il galeone giace immerso nelle acque gelide come un colosso caduto, un tempo maestoso, ora ridotto a un relitto in balia degli elementi. Il legno, che doveva essere robusto e lucente, è marcito, impregnato d’acqua salmastra e ricoperto da uno spesso strato di alghe, cozze e patelle. Qua e là, frammenti di decorazioni dorate ancora resistono alla rovina, testimoniando l’antico splendore della nave, le iscrizioni ornate, che un tempo dovevano incutere ammirazione, ora sono sbiadite. Il ponte superiore è in condizioni pessime: alcune assi sono spezzate, lasciando intravedere l’oscurità sottostante. Insomma, l’intero relitto è un monumento all’abbandono, alla gloria svanita e alla morte. Eppure, qualcosa si muove tra le sue ombre sommerse. Il serpente Sprutzy, nota anche le figure che si muovono tra il relitto che non lasciano nulla al caso. Sei di loro sono appostati strategicamente sulle sezioni ancora stabili del relitto, altri due sono posizionati con una grossa balestra pesante, le corde tese e i dardi già incoccati, pronti a scagliare morte su chiunque osi avvicinarsi, e una pattuglia di altri cinque Sahuagin si muove nelle acque circostanti, accompagnata da squali che nuotano in sincronia con loro, come ombre affamate in attesa di un segnale. Ogni movimento attorno al relitto viene osservato con occhi freddi e spietati, ogni onda è scrutata con diffidenza.
Il ponte sottostante della nave è un'incognita: tre porte chiuse potrebbero nascondere qualsiasi cosa, e oltre a esse si estendono altri livelli avvolti nelle tenebre marine. Dall’interno, si intravedono sagome in movimento, probabilmente altri sahuagin o forse qualcos’altro. Fortunatamente, Sprutzy avverte gli eroi in tempo che la pattuglia di sahuagin sta risalendo dalla spiaggia, dando loro l'opportunità di prepararsi per un attacco a sorpresa.
Myra tenta un inganno in piena regola, ma il suo piano fallisce miseramente e di conseguenza rivela subito la sua posizione. Capisce però, grazie al contatto telepatico col capo della pattuglia, che questi sahuagin non sono stati infettati dai girini dei mindflayer e quindi collaborano in altro modo.
Senza più possibilità di nascondersi, inizia un combattimento violento e rapido. I cinque sahuagin, sorpresi, non hanno scampo contro la potenza dei quattro eroi. Ogni colpo inferto li avvicina alla sconfitta, e ben presto la battaglia si conclude con i corpi dei sahuagin sparsi sulla sabbia. Anche questa volta il loro healer ha tankato alla perfezione.
Poi c’è Myra.
Myra, che probabilmente in un’altra vita era una creatura marina perfettamente adattata alle profondità oceaniche, ma che sulla terraferma sembra aver mantenuto lo stesso livello di coordinazione di un merfolk fuori dall’acqua. Una piccola pietruzza, minuscola ed apparentemente innocua, segna la sua disfatta. Il piede le scivola, l’equilibrio la tradisce e, in un istante, si ritrova a perdere il controllo.
Il gruppo la osserva mentre la warlock si trasforma in una palla di vestiti, capelli argentei e maledizioni sussurrate, rimbalzando giù per la discesa. Si rialza spolverandosi le vesti, ritrovando una dignità ormai perduta e giustificandosi con «Era un tuffo».
L’elfa, ancora con qualche granello di sabbia incastrato tra i capelli e la dignità a pezzi, decide che è il momento di farsi prendere sul serio. Evoca con un gesto elegante un serpente velenoso, che si materializza con l’aria poco entusiasta di chi sa già che verrà mandato in una missione pericolosa.
Senza troppe cerimonie, la warlock lo indirizza verso il mare, e il rettile, con la grazia di chi ha un destino segnato, si tuffa tra le onde gelide e scompare nelle profondità.
L’attesa è lunga, riempita da folate di vento freddo e sguardi scambiati tra i membri del gruppo, ognuno dei quali si chiede silenziosamente quanto sia una buona idea attaccare un branco di sahuagin in casa loro.
Dopo un po’, il serpente si collega con Myra e riporta le informazioni: Il galeone giace immerso nelle acque gelide come un colosso caduto, un tempo maestoso, ora ridotto a un relitto in balia degli elementi. Il legno, che doveva essere robusto e lucente, è marcito, impregnato d’acqua salmastra e ricoperto da uno spesso strato di alghe, cozze e patelle. Qua e là, frammenti di decorazioni dorate ancora resistono alla rovina, testimoniando l’antico splendore della nave, le iscrizioni ornate, che un tempo dovevano incutere ammirazione, ora sono sbiadite. Il ponte superiore è in condizioni pessime: alcune assi sono spezzate, lasciando intravedere l’oscurità sottostante. Insomma, l’intero relitto è un monumento all’abbandono, alla gloria svanita e alla morte. Eppure, qualcosa si muove tra le sue ombre sommerse. Il serpente Sprutzy, nota anche le figure che si muovono tra il relitto che non lasciano nulla al caso. Sei di loro sono appostati strategicamente sulle sezioni ancora stabili del relitto, altri due sono posizionati con una grossa balestra pesante, le corde tese e i dardi già incoccati, pronti a scagliare morte su chiunque osi avvicinarsi, e una pattuglia di altri cinque Sahuagin si muove nelle acque circostanti, accompagnata da squali che nuotano in sincronia con loro, come ombre affamate in attesa di un segnale. Ogni movimento attorno al relitto viene osservato con occhi freddi e spietati, ogni onda è scrutata con diffidenza.
Il ponte sottostante della nave è un'incognita: tre porte chiuse potrebbero nascondere qualsiasi cosa, e oltre a esse si estendono altri livelli avvolti nelle tenebre marine. Dall’interno, si intravedono sagome in movimento, probabilmente altri sahuagin o forse qualcos’altro. Fortunatamente, Sprutzy avverte gli eroi in tempo che la pattuglia di sahuagin sta risalendo dalla spiaggia, dando loro l'opportunità di prepararsi per un attacco a sorpresa.
Myra tenta un inganno in piena regola, ma il suo piano fallisce miseramente e di conseguenza rivela subito la sua posizione. Capisce però, grazie al contatto telepatico col capo della pattuglia, che questi sahuagin non sono stati infettati dai girini dei mindflayer e quindi collaborano in altro modo.
Senza più possibilità di nascondersi, inizia un combattimento violento e rapido. I cinque sahuagin, sorpresi, non hanno scampo contro la potenza dei quattro eroi. Ogni colpo inferto li avvicina alla sconfitta, e ben presto la battaglia si conclude con i corpi dei sahuagin sparsi sulla sabbia. Anche questa volta il loro healer ha tankato alla perfezione.
Dopo un rapido
brainstorming e un riposo, i quattro eroi decidono di attirare i restanti
sahuagin sulla spiaggia, per evitare il rischio di combattere nelle fredde
acque. Si mettono al lavoro, scavando buche nella sabbia bagnata e piazzando
trappole che sperano possano dare loro un vantaggio. Poi, con sprezzo del
pericolo, scuoiano i corpi dei sahuagin e li lanciano in mare, come una
provocazione.
Non ci vuole molto prima che gli altri, sei sahuagin accompagnati da due raider, individuati da Sprutzy, emergano dalle ombre. Si preparano al combattimento, armati di giavellotti e con artigli affilati, pronti a vendicare i loro compagni caduti. La tensione cresce mentre si preparano per lo scontro.
E così, la danza della battaglia ha inizio.
Non ci vuole molto prima che gli altri, sei sahuagin accompagnati da due raider, individuati da Sprutzy, emergano dalle ombre. Si preparano al combattimento, armati di giavellotti e con artigli affilati, pronti a vendicare i loro compagni caduti. La tensione cresce mentre si preparano per lo scontro.
E così, la danza della battaglia ha inizio.
Povero Vryssal, gli sarebbe servito avere un Tauntaun da aprire.
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