Cap 13 - Alla scoperta della miniera di Berranzo


Berranzo - 22° profondo inverno

L'interrogatorio prende una piega inaspettata fin dal principio. I due superstiti si presentano come Ghiorghios e Pippyos, gemelli con una discendenza apparentemente infinita, figli di Lauryas, figlia di Federichias. Un albero genealogico tanto lungo quanto inutile in quel momento. Il loro leader, Massimo, ormai è un ricordo del passato, steso a terra con lo sguardo fisso nel vuoto. I due rivelano di essere originari di Gundbarg e, a giudicare dalla loro espressione, stanno ancora cercando di elaborare il fatto che tutti i loro compagni siano stati massacrati in pochi minuti.

Nel frattempo, Synthariel è costretta a lasciare il campo dell'interrogatorio per occuparsi di una questione ben più pressante: il suo lupo Elyndar, ancora sporco di resti umani tra i denti, esige attenzioni immediate e lei non ha certo intenzione di negargliele, così, mentre gli altri discutono il destino dei due prigionieri, la druida si ritrova a giocare e coccolare la sua belva affettuosa, come se tutto ciò fosse la cosa più naturale del mondo.
Ghiorghios e Pippyos, leggermente fuori dal giro dei pettegolezzi di Gundbarg a causa delle loro scorribande, raccontano di essere in giro da un paio di settimane e di non sapere nulla di ciò che è accaduto in città negli ultimi giorni. 
Per fortuna.
Quando viene proposta loro una via di fuga, cioè di rimanere a liberare l'ingresso della miniera in cambio di una paga adeguata, sembrano interessati, ma c'è un problema: devono consegnare tutte le armi. Armi che Britz ha già iniziato a sistemare nel suo capiente zaino.
Ed è qui che la situazione precipita. I due banditi si rifiutano categoricamente di cedere le balestre, nonostante il fatto che siano in evidente inferiorità numerica e senza possibilità di fuga. Vryssal, già poco incline alla pazienza, decide che il tempo delle trattative è finito. Senza preavviso, con un movimento fulmineo, li fa fuori entrambi sotto gli sguardi esterrefatti di Britz e Myra. Poi, con la stessa naturalezza con cui si toglie un granello di polvere, pulisce l’elsa dei suoi pugnali psionici sulle vesti ormai inutilizzate di Ghiorghios.
La scena è talmente assurda che nessuno trova nulla da dire. Vryssal ha appena liquidato i due prigionieri con una disinvoltura eccessiva e il gruppo decide che forse è meglio non approfondire la questione. Invece, si dedicano a un'attività ben più produttiva: spogliare i cadaveri e raccogliere tutto ciò che possa avere un minimo di valore.
Mentre frugano tra i resti del massacro, l’attenzione degli eroi viene catturata da un dettaglio sul corpo del defunto leader Massimo: tra le sue numerose cicatrici e la sporcizia accumulata, spicca un tatuaggio inequivocabile: il marchio degli Zhentarim.
La scoperta cambia drasticamente la percezione della situazione. Non si tratta più solo di un gruppo di predoni di strada in cerca di ricchezze facili. Se gli Zhentarim hanno uomini a Gundbarg e sono coinvolti in questa storia, allora potrebbero avere informazioni preziose su Berranzo e tutto ciò che sta accadendo e sia Britz, che Vryssal non sembrano essere contenti di questa nuova informazione.


Vryssal si addentra nella grotta con la solita disinvoltura, ma questa volta qualcosa lo colpisce in pieno. Una sensazione opprimente, un terrore viscerale e innaturale lo avvolge, lo stesso disagio che il gruppo ha provato a bordo del Nautiloide. C’è qualcosa di profondamente sbagliato in quel luogo. Qualcosa di antico, di spaventoso, di pericoloso.

E quindi, Vryssal se ne infischia; se dovesse fermarsi ogni volta che avverte una vibrazione sinistra, non combinerebbe nulla nella vita. Avanza con determinazione fino a raggiungere una vasta stanza abbandonata, disseminata di attrezzi minerari ormai arrugginiti e dimenticati. Ciò che cattura la sua attenzione però, è una massiccia parete crollata che blocca completamente l’accesso alla miniera.
Un dettaglio non gli sfugge: tra le rocce sente un leggero passaggio d’aria. C’è un varco, una via d’accesso dietro il crollo. Ora serve solo trovare un modo per aprirlo.
Proprio in quel momento, Synthariel fa il suo ritorno, visibilmente irritata. Dopo aver perso tempo a coccolare Elyndar, ora si ritrova a dover fare da manodopera per spostare i massi. La druida non manca di insultare il rogue per averle rovinato la giornata.
Il resto del gruppo decide quindi di riunirsi e tutti scendono nella grotta buia. Myra, già poco convinta della faccenda, non fa nulla per nascondere la sua repulsione. Quel posto le mette i brividi, ogni fibra del suo essere le urla di andarsene, eppure è bloccata lì, in una grotta infestata da presenze invisibili e con il compito di scavare tra le macerie.
Il gruppo si ferma un attimo, incerto sul da farsi. La parete crollata è un ostacolo più ostinato del previsto, e la sensazione di disagio che colma l’aria non aiuta a concentrarsi. Mentre cercano idee, qualcuno si ricorda di un piccolo dettaglio dimenticato: il sacchettino con le pallette pelosette trovato nella caverna dei Lacci del Morto.
Forse dentro c’è qualcosa di utile. Forse c’è un aiuto inaspettato.
Con un’aria di sfida e un pizzico di incoscienza, Vryssal pesca dal sacchettino e lancia una palletta con la sicurezza di chi sa che, qualsiasi cosa succeda, riuscirà comunque a uscirne in piedi.
Un attimo di suspense. Poi, la magia si manifesta.
Davanti agli eroi compare una pantera. Un'enorme, maestosa ed elegantissima pantera. Il suo manto scuro sembra inghiottire la poca luce della grotta, i suoi occhi felini scrutano il gruppo con curiosità. Per un istante, nessuno osa muoversi.
Poi l'animale inizia a strusciarsi contro Vryssal in cerca di coccole e un coro di “awwwww” si solleva dalle gole dei quattro che per un attimo sembrano dimenticarsi di quelle brutte sensazioni. Tutti sono attorno alla creatura, tra carezze, complimenti e tentativi di guadagnarsi la sua simpatia.


Ritrovata un minimo di concentrazione dopo l’entusiasmo per la nuova mascotte felina, il gruppo torna a occuparsi del problema principale: la parete crollata che blocca l’accesso alla miniera.

Myra, non particolarmente entusiasta di sporcarsi le mani con il lavoro manuale, decide di usare il suo famiglio per risolvere la questione, ma questa volta opta per una forma decisamente più adatta al compito e richiama un piccolo vermetto capace di infilarsi negli spazi più stretti e scavare attraverso le rocce.
Il minuscolo esploratore si fa strada attraverso le crepe e oltre il crollo, scomparendo alla vista. Myra chiude gli occhi per concentrarsi sulla connessione con la creatura, seguendo ogni suo movimento fino a quando il vermetto non emerge dall’altra parte.
Ciò che vede è una stanza imponente, quadrangolare, con quattro massicci pilastri di pietra decorati da intricate iscrizioni leggermente luminescenti. In fondo a questa stanza, il vermetto vede l’elemento più significativo dell’intero scenario: due gigantesche porte di bronzo.

Le famigerate Porte di Bronzo di Berranzo.

Myra prova a lanciare la mage hand per aprire le porte, ma sono troppo pesanti e, di conseguenza, queste non si smuovono e il piccolo verme non riesce ad andare oltre.

Bisogna prendere la situazione per le pallette (pelosette) e agire.
Britz, con la precisione e l’occhio esperto di chi sa dove mettere le mani, analizza il crollo e individua un punto critico. Se rimosso con attenzione, potrebbe creare un’apertura senza far venir giù l’intera caverna sulle loro teste.
L’idea di usare la magia per facilitare il lavoro viene subito accantonata, più che altro perché nessuno ha voglia di testare sulla propria pelle quanto sia resistente la volta della miniera.
Dopo un po’ di fatica e qualche imprecazione, riescono finalmente a spostare abbastanza macerie da rivelare un passaggio che conduce alla stanza successiva.
L’aria oltre l’apertura è densa di polvere e di un vago sentore di umidità stagnante. Davanti a loro, nella penombra, si intravedono i quattro pilastri scolpiti e le massicce porte di bronzo che il famiglio di Myra aveva già esplorato in precedenza.
L’entrata dei quattro nella stanza è tutt’altro che ordinata. È un caos organizzato, con ogni membro del gruppo che si lancia istintivamente su ciò che attira di più la propria attenzione.
Vryssal, con la sua proverbiale delicatezza, decide che il miglior approccio è quello artistico: armato di pugnale, si mette a intarsiare le greche scolpite sui pilastri con la precisione di un bambino con un pennarello. Myra, con il suo spirito distruttivo, valuta la possibilità di evocare un maglio da guerra di dimensioni considerevoli e abbattere direttamente i piloni perché, se c’è una porta chiusa, allora probabilmente la soluzione è radere al suolo l’intero edificio. Poco importa che le porte siano in realtà non chiuse a chiave.
Britz, invece, ha completamente perso ogni parvenza di compostezza. Gli occhi gli brillano mentre studia le porte di bronzo di Berranzo, analizzando ogni minimo dettaglio e la sua mente è ormai focalizzata su un solo obiettivo: aprire quelle dannate porte.
L’unica che tenta di agire con un minimo di raziocinio è Synthariel, che cerca di decifrare le greche incise sui pilastri nella speranza di trovarvi un significato nascosto. Dopo qualche minuto, passato a fissarle con aria pensierosa e annuire con fare sapiente, è costretta ad ammettere che non ne ha capito assolutamente nulla.




Decidono che è finalmente giunto il momento di assecondare l’irrefrenabile desiderio di Britz di aprire quelle dannate porte. E, a onor del vero, questa volta mettono giù un piano degno di essere chiamato tale.

Myra e Vryssal si posizionano accanto alle porte, pronti a colpire qualsiasi cosa decida di varcarle. Britz, con l’arco già teso, prende posizione a fondo sala, gli occhi puntati sulla soglia con la concentrazione di un predatore in attesa della preda. Synthariel, nel frattempo, si prepara a friggere qualsiasi creatura sfortunata osi presentarsi dall’altro lato, giusto per essere sicuri che niente esca di lì in condizioni decenti.
Ovviamente, la prudenza non è mai troppa. Prima di aprire le porte in grande stile, mandano avanti il buon vecchio vermetto da ricognizione. Perché nulla dice strategia come mandare avanti un esserino minuscolo e indifeso a testare il terreno prima di rischiare la pelle.
Il povero vermetto non fa in tempo a rendersi conto della situazione che un'orda di topi dal cervello arancione, gli stessi inquietanti roditori psionici visti sul Nautiloide, gli si avventa addosso. Per fortuna, Myra ha abbastanza riflessi da dissolvere il famiglio un attimo prima che venga smembrato in un tripudio di squittii sovrannaturali e dentini assetati di magia.
Questo cambia tutto.
Non si tratta più solo di una miniera abbandonata con qualche mistero sepolto sotto tonnellate di macerie. Ora c’è la prova tangibile che qualcosa di molto sbagliato si annidi lì dentro. Perché mai degli esseri psionici, legati a un’astronave aliena schiantata, dovrebbero infestare un luogo chiuso da cent’anni?
Dopo un rapido scambio di sguardi carichi di tensione, gli eroi prendono una decisione: le porte si apriranno, e qualunque cosa ci sia dietro, verrà affrontata.
Il gruppo spinge sulle enormi porte di bronzo, che si aprono con un lugubre cigolio, sollevando polvere vecchia di un secolo. L’odore di umido e decadenza li avvolge immediatamente, mentre l’oscurità oltre l’ingresso si anima di movimenti frenetici e squittii inquietanti.
Lo sciame di topi psionici si riversa fuori come un’ondata vivente, cervelli pulsanti di energia aliena, ma questa volta, il gruppo è pronto. Sanno già con cosa hanno a che fare, sanno dove colpire e soprattutto non si fanno prendere troppo dal panico.
Il combattimento dura appena il tempo di qualche respiro affannato. In pochi istanti, i topi non sono altro che piccoli cadaveri sparsi sul pavimento.
Il silenzio cala di nuovo, rotto solo dal tintinnio delle armi riposte e dal respiro ancora accelerato degli avventurieri. Nonostante la vittoria schiacciante, il pensiero che creature simili si trovino lì dentro, e che qualcos’altro possa averle fatte entrare - o peggio ancora, generate -  non è affatto rassicurante.
Myra stringe i pugni, cercando di soffocare l’ansia che le serra il petto. Tutto in quella miniera urla di andarsene, di lasciar perdere, di non continuare. La sensazione opprimente di terrore puro non è solo nelle loro menti, li avvolge, rendendo difficile persino respirare.
La warlock ci prova. Ci prova davvero. Con tutta la sua eloquenza, con tutta la sua arte nel persuadere, tenta di far ragionare il gruppo, ma non c’è verso. Gli altri sono decisi ad andare avanti, incuriositi dal mistero, spinti dal desiderio di capire cosa si nasconda dietro un luogo che è stato sigillato per un secolo.
Myra sente di stare commettendo un errore. Non è mai stata tanto sicura di qualcosa nella sua vita. Eppure, è in minoranza. Può solo cercare di farsi coraggio e sperare che il suo istinto si sbagli (spoiler: no).
Con un ultimo sguardo alle porte di bronzo ormai spalancate alle loro spalle, stringe i denti e segue gli altri. Il gruppo avanza lentamente, scendendo nelle profondità della miniera. L’aria si fa più pesante, l’oscurità più densa. Ad ogni passo, il gruppo ha la sensazione di lasciare dietro di sé non solo la luce, ma anche un pezzo della loro sanità mentale.





Comments

  1. Ehi, non hai scritto di come ho fatto credere che il laccio del morto li avrebbe strangolati se fossero scappati ... certo, poi li ho uccisi, ma era stato un bel imbroglio :D

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