Berranzo - 22°
profondo inverno
L'interrogatorio prende una piega
inaspettata fin dal principio. I due superstiti si presentano come Ghiorghios e
Pippyos, gemelli con una discendenza apparentemente infinita, figli di Lauryas,
figlia di Federichias. Un albero genealogico tanto lungo quanto inutile in quel
momento. Il loro leader, Massimo, ormai è un ricordo del passato, steso a terra
con lo sguardo fisso nel vuoto. I due rivelano di essere originari di Gundbarg
e, a giudicare dalla loro espressione, stanno ancora cercando di elaborare il
fatto che tutti i loro compagni siano stati massacrati in pochi minuti.
Nel frattempo, Synthariel è
costretta a lasciare il campo dell'interrogatorio per occuparsi di una
questione ben più pressante: il suo lupo Elyndar, ancora sporco di resti umani
tra i denti, esige attenzioni immediate e lei non ha certo intenzione di
negargliele, così, mentre gli altri discutono il destino dei due prigionieri,
la druida si ritrova a giocare e coccolare la sua belva affettuosa, come se
tutto ciò fosse la cosa più naturale del mondo.
Ghiorghios e Pippyos, leggermente
fuori dal giro dei pettegolezzi di Gundbarg a causa delle loro scorribande,
raccontano di essere in giro da un paio di settimane e di non sapere nulla di
ciò che è accaduto in città negli ultimi giorni.
Per fortuna.
Quando viene proposta loro una via
di fuga, cioè di rimanere a liberare l'ingresso della miniera in cambio di una
paga adeguata, sembrano interessati, ma c'è un problema: devono consegnare
tutte le armi. Armi che Britz ha già iniziato a sistemare nel suo capiente
zaino.
Ed è qui che la situazione
precipita. I due banditi si rifiutano categoricamente di cedere le balestre,
nonostante il fatto che siano in evidente inferiorità numerica e senza
possibilità di fuga. Vryssal, già poco incline alla pazienza, decide che il
tempo delle trattative è finito. Senza preavviso, con un movimento fulmineo, li
fa fuori entrambi sotto gli sguardi esterrefatti di Britz e Myra. Poi, con la
stessa naturalezza con cui si toglie un granello di polvere, pulisce l’elsa dei
suoi pugnali psionici sulle vesti ormai inutilizzate di Ghiorghios.
La scena è talmente assurda che
nessuno trova nulla da dire. Vryssal ha appena liquidato i due prigionieri con una
disinvoltura eccessiva e il gruppo decide che forse è meglio non approfondire
la questione. Invece, si dedicano a un'attività ben più produttiva: spogliare i
cadaveri e raccogliere tutto ciò che possa avere un minimo di valore.
Mentre frugano tra i resti del
massacro, l’attenzione degli eroi viene catturata da un dettaglio sul corpo del
defunto leader Massimo: tra le sue numerose cicatrici e la sporcizia
accumulata, spicca un tatuaggio inequivocabile: il marchio degli Zhentarim.
La scoperta cambia drasticamente
la percezione della situazione. Non si tratta più solo di un gruppo di predoni
di strada in cerca di ricchezze facili. Se gli Zhentarim hanno uomini a
Gundbarg e sono coinvolti in questa storia, allora potrebbero avere informazioni
preziose su Berranzo e tutto ciò che sta accadendo e sia Britz, che Vryssal non
sembrano essere contenti di questa nuova informazione.

Vryssal si addentra nella grotta
con la solita disinvoltura, ma questa volta qualcosa lo colpisce in pieno. Una
sensazione opprimente, un terrore viscerale e innaturale lo avvolge, lo stesso
disagio che il gruppo ha provato a bordo del Nautiloide. C’è qualcosa di
profondamente sbagliato in quel luogo. Qualcosa di antico, di spaventoso, di
pericoloso.
E quindi, Vryssal se ne infischia;
se dovesse fermarsi ogni volta che avverte una vibrazione sinistra, non
combinerebbe nulla nella vita. Avanza con determinazione fino a raggiungere una
vasta stanza abbandonata, disseminata di attrezzi minerari ormai arrugginiti e
dimenticati. Ciò che cattura la sua attenzione però, è una massiccia parete
crollata che blocca completamente l’accesso alla miniera.
Un dettaglio non gli
sfugge: tra le rocce sente un leggero passaggio d’aria. C’è un varco, una via
d’accesso dietro il crollo. Ora serve solo trovare un modo per aprirlo.
Proprio in quel momento,
Synthariel fa il suo ritorno, visibilmente irritata. Dopo aver perso tempo a
coccolare Elyndar, ora si ritrova a dover fare da manodopera per spostare i
massi. La druida non manca di insultare il rogue per averle rovinato la giornata.
Il resto del gruppo decide quindi
di riunirsi e tutti scendono nella grotta buia. Myra, già poco convinta della
faccenda, non fa nulla per nascondere la sua repulsione. Quel posto le mette i
brividi, ogni fibra del suo essere le urla di andarsene, eppure è bloccata lì,
in una grotta infestata da presenze invisibili e con il compito di scavare tra
le macerie.
Il gruppo si ferma un attimo,
incerto sul da farsi. La parete crollata è un ostacolo più ostinato del
previsto, e la sensazione di disagio che colma l’aria non aiuta a concentrarsi.
Mentre cercano idee, qualcuno si ricorda di un piccolo dettaglio dimenticato:
il sacchettino con le pallette pelosette trovato nella caverna dei Lacci del
Morto.
Forse dentro c’è qualcosa di
utile. Forse c’è un aiuto inaspettato.
Con un’aria di sfida e un pizzico
di incoscienza, Vryssal pesca dal sacchettino e lancia una palletta con la
sicurezza di chi sa che, qualsiasi cosa succeda, riuscirà comunque a uscirne in
piedi.
Un attimo di suspense. Poi, la
magia si manifesta.
Davanti agli eroi compare una
pantera. Un'enorme, maestosa ed elegantissima pantera. Il suo manto scuro
sembra inghiottire la poca luce della grotta, i suoi occhi felini scrutano il
gruppo con curiosità. Per un istante, nessuno osa muoversi.
Poi l'animale inizia a strusciarsi contro Vryssal in cerca di coccole e un coro di “awwwww” si
solleva dalle gole dei quattro che per un attimo sembrano dimenticarsi di
quelle brutte sensazioni. Tutti sono attorno alla creatura, tra carezze,
complimenti e tentativi di guadagnarsi la sua simpatia.

Ritrovata un minimo di
concentrazione dopo l’entusiasmo per la nuova mascotte felina, il gruppo torna
a occuparsi del problema principale: la parete crollata che blocca l’accesso
alla miniera.
Myra, non particolarmente
entusiasta di sporcarsi le mani con il lavoro manuale, decide di usare il suo
famiglio per risolvere la questione, ma questa volta opta per una forma
decisamente più adatta al compito e richiama un piccolo vermetto capace di
infilarsi negli spazi più stretti e scavare attraverso le rocce.
Il minuscolo esploratore si fa
strada attraverso le crepe e oltre il crollo, scomparendo alla vista. Myra
chiude gli occhi per concentrarsi sulla connessione con la creatura, seguendo
ogni suo movimento fino a quando il vermetto non emerge dall’altra parte.
Ciò che vede è una stanza
imponente, quadrangolare, con quattro massicci pilastri di pietra decorati da
intricate iscrizioni leggermente luminescenti. In fondo a questa stanza, il
vermetto vede l’elemento più significativo dell’intero scenario: due
gigantesche porte di bronzo.
Le famigerate Porte di Bronzo di
Berranzo.
Myra prova a lanciare la mage hand
per aprire le porte, ma sono troppo pesanti e, di conseguenza, queste non si
smuovono e il piccolo verme non riesce ad andare oltre.
Bisogna prendere la situazione per
le pallette (pelosette) e agire.
Britz, con la precisione e
l’occhio esperto di chi sa dove mettere le mani, analizza il crollo e individua
un punto critico. Se rimosso con attenzione, potrebbe creare un’apertura senza
far venir giù l’intera caverna sulle loro teste.
L’idea di usare la magia per
facilitare il lavoro viene subito accantonata, più che altro perché nessuno ha
voglia di testare sulla propria pelle quanto sia resistente la volta della
miniera.
Dopo un po’ di fatica e qualche
imprecazione, riescono finalmente a spostare abbastanza macerie da rivelare un
passaggio che conduce alla stanza successiva.
L’aria oltre l’apertura è densa di
polvere e di un vago sentore di umidità stagnante. Davanti a loro, nella
penombra, si intravedono i quattro pilastri scolpiti e le massicce porte di
bronzo che il famiglio di Myra aveva già esplorato in precedenza.
L’entrata dei quattro nella stanza
è tutt’altro che ordinata. È un caos organizzato, con ogni membro del gruppo
che si lancia istintivamente su ciò che attira di più la propria attenzione.
Vryssal, con la sua proverbiale
delicatezza, decide che il miglior approccio è quello artistico: armato di
pugnale, si mette a intarsiare le greche scolpite sui pilastri con la
precisione di un bambino con un pennarello. Myra, con il suo spirito distruttivo,
valuta la possibilità di evocare un maglio da guerra di dimensioni
considerevoli e abbattere direttamente i piloni perché, se c’è una porta
chiusa, allora probabilmente la soluzione è radere al suolo l’intero edificio. Poco
importa che le porte siano in realtà non chiuse a chiave.
Britz, invece, ha completamente
perso ogni parvenza di compostezza. Gli occhi gli brillano mentre studia le
porte di bronzo di Berranzo, analizzando ogni minimo dettaglio e la sua mente è
ormai focalizzata su un solo obiettivo: aprire quelle dannate porte.
L’unica che tenta di agire con un
minimo di raziocinio è Synthariel, che cerca di decifrare le greche incise sui
pilastri nella speranza di trovarvi un significato nascosto. Dopo qualche
minuto, passato a fissarle con aria pensierosa e annuire con fare sapiente, è
costretta ad ammettere che non ne ha capito assolutamente nulla.

Decidono che è finalmente giunto
il momento di assecondare l’irrefrenabile desiderio di Britz di aprire quelle
dannate porte. E, a onor del vero, questa volta mettono giù un piano degno di
essere chiamato tale.
Myra e Vryssal si posizionano
accanto alle porte, pronti a colpire qualsiasi cosa decida di varcarle. Britz,
con l’arco già teso, prende posizione a fondo sala, gli occhi puntati sulla
soglia con la concentrazione di un predatore in attesa della preda. Synthariel,
nel frattempo, si prepara a friggere qualsiasi creatura sfortunata osi
presentarsi dall’altro lato, giusto per essere sicuri che niente esca di lì in
condizioni decenti.
Ovviamente, la prudenza non è
mai troppa. Prima di aprire le porte in grande stile, mandano avanti il buon
vecchio vermetto da ricognizione. Perché nulla dice strategia come
mandare avanti un esserino minuscolo e indifeso a testare il terreno prima di
rischiare la pelle.
Il povero vermetto non fa in tempo
a rendersi conto della situazione che un'orda di topi dal cervello arancione,
gli stessi inquietanti roditori psionici visti sul Nautiloide, gli si avventa
addosso. Per fortuna, Myra ha abbastanza riflessi da dissolvere il famiglio un
attimo prima che venga smembrato in un tripudio di squittii sovrannaturali e
dentini assetati di magia.
Questo cambia tutto.
Non si tratta più solo di una
miniera abbandonata con qualche mistero sepolto sotto tonnellate di macerie.
Ora c’è la prova tangibile che qualcosa di molto sbagliato si annidi lì
dentro. Perché mai degli esseri psionici, legati a un’astronave aliena
schiantata, dovrebbero infestare un luogo chiuso da cent’anni?
Dopo un rapido scambio di sguardi
carichi di tensione, gli eroi prendono una decisione: le porte si apriranno, e
qualunque cosa ci sia dietro, verrà affrontata.
Il gruppo spinge sulle enormi
porte di bronzo, che si aprono con un lugubre cigolio, sollevando polvere
vecchia di un secolo. L’odore di umido e decadenza li avvolge immediatamente,
mentre l’oscurità oltre l’ingresso si anima di movimenti frenetici e squittii
inquietanti.
Lo sciame di topi psionici si
riversa fuori come un’ondata vivente, cervelli pulsanti di energia aliena, ma
questa volta, il gruppo è pronto. Sanno già con cosa hanno a che fare, sanno
dove colpire e soprattutto non si fanno prendere troppo dal panico.
Il combattimento dura appena il
tempo di qualche respiro affannato. In pochi istanti, i topi non sono altro che
piccoli cadaveri sparsi sul pavimento.
Il silenzio cala di nuovo, rotto
solo dal tintinnio delle armi riposte e dal respiro ancora accelerato degli
avventurieri. Nonostante la vittoria schiacciante, il pensiero che creature
simili si trovino lì dentro, e che qualcos’altro possa averle fatte entrare - o peggio ancora, generate - non è affatto rassicurante.
Myra stringe i pugni, cercando di
soffocare l’ansia che le serra il petto. Tutto in quella miniera urla di andarsene,
di lasciar perdere, di non continuare. La sensazione opprimente di terrore puro
non è solo nelle loro menti, li avvolge, rendendo difficile persino respirare.
La warlock ci prova. Ci prova
davvero. Con tutta la sua eloquenza, con tutta la sua arte nel persuadere,
tenta di far ragionare il gruppo, ma non c’è verso. Gli altri sono decisi ad
andare avanti, incuriositi dal mistero, spinti dal desiderio di capire cosa si
nasconda dietro un luogo che è stato sigillato per un secolo.
Myra sente di stare commettendo un
errore. Non è mai stata tanto sicura di qualcosa nella sua vita. Eppure, è in
minoranza. Può solo cercare di farsi coraggio e sperare che il suo istinto si
sbagli (spoiler: no).
Con un ultimo sguardo alle porte
di bronzo ormai spalancate alle loro spalle, stringe i denti e segue gli altri.
Il gruppo avanza lentamente, scendendo nelle profondità della miniera. L’aria
si fa più pesante, l’oscurità più densa. Ad ogni passo, il gruppo ha la
sensazione di lasciare dietro di sé non solo la luce, ma anche un pezzo della loro
sanità mentale.
Ehi, non hai scritto di come ho fatto credere che il laccio del morto li avrebbe strangolati se fossero scappati ... certo, poi li ho uccisi, ma era stato un bel imbroglio :D
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