Cap 11 - Il Bernflayer


Fiskerbak - 20° profondo inverno

Il gruppo rimane in tensione, gli occhi puntati su Bern mentre Myra inonda il ragazzo di domande. Nessuno fiata, aspettando una risposta, ma l'unico suono che riecheggia nelle orecchie di tutti è il respiro irregolare del ragazzo.

Bern è confuso, travolto da un'ondata di domande e sospetti che lo mettono in difficoltà. Myra, sonda i pensieri più profondi del giovane Rimonda, ma non trova alcuna cospirazione oscura nei suoi pensieri, solo un miscuglio di paura, smarrimento e la costante sensazione di essere fuori posto.
Non capisce cosa stia succedendo. Non capisce perché Myra, che non è mai stata particolarmente affettuosa, ora lo guardi con un'ostilità tanto aperta.
Quando Myra riprova il contatto telepatico con Bern, la sua mente viene nuovamente travolta da visioni di distruzione e morte. Le immagini si accavallano, crude e spietate: corpi che si contorcono in preda all'agonia, la nave che precipita dal cielo, lo schianto sulla spiaggia rocciosa di Fiskerbak, tentacoli che si avvinghiano a vittime urlanti, il suono assordante di menti che si spezzano sotto un potere troppo grande per essere contenuto.
Myra si stacca di scatto, il respiro corto, il cuore che martella nel petto. C'è qualcosa di sbagliato in Bern. Qualcosa di profondamente sbagliato.
Lui la guarda con occhi confusi, forse spaventati, forse persino inconsapevoli di ciò che si agita dentro di lui. Ma Myra sa che quello non è solo un ragazzo sperduto.
Qualcosa in lui è spezzato. O peggio... qualcosa in lui si sta risvegliando.
Con Bern ormai completamente fuori dai giochi, sorvegliato da Sprutzi, il resto del gruppo si concentra sulla porta. La serratura aliena non sembra voler cedere al loro volere, ma la soluzione è chiara: se la porta non si apre con il rituale, allora si aprirà con la forza.
Myra impugna il suo spadone, lo sguardo gelido e concentrato. L’arma non è stata forgiata per tagliare il metallo, ma la sua determinazione è più dura di qualsiasi lega aliena.
Vryssal fa per avvicinarsi, pronto ad aiutarla a fare leva, con le mani già protese in avanti, ma Myra, istintivamente, si scosta di scatto per evitare il contatto. Il movimento brusco la porta a fare leva sullo spadone incastrato e con una forza che solitamente non le appartiene, riesce a spalancare la porta, che si apre senza dare particolari problemi, mentre il metallo cede con un suono raccapricciante.
La stanza, lunga e cilindrica, esercita un senso di oppressione sul gruppo. Ai lati, vasi oblunghi contenenti una sostanza liquida verdastra emanano un debole bagliore pulsante. Al loro interno, minuscole creature si agitano, sembrano piccoli vermi dalle bocche dentate e dai tentacoli sottili che guizzano nell’oscurità viscida, fluttuando nel liquido.
Synthariel osserva quei parassiti con attenzione, riconoscendoli immediatamente per ciò che sono: larve di mindflayer, il primo stadio di una trasformazione che si compie attraverso l’impianto in un corpo ospite. La scoperta non lascia spazio a dubbi sul destino di chiunque sia stato esposto a quell’orrore e la mente di tutti corre inevitabilmente a Bern, che li sta aspettando di fuori.
Mentre Myra e Synthariel studiano le pozze, un movimento improvviso interrompe i loro pensieri, trovando però preparati sia Britz che Vryssal.
Dall’ombra di uno dei contenitori, una figura umanoide balza fuori con furia cieca. La pelle, verdastra e macchiata, è segnata da profonde ferite; l’armatura, ormai a pezzi, lascia intravedere lacerazioni e muscoli tesi nello sforzo dell’attacco. Una gamba, evidentemente fuori uso, ne rallenta l’avanzata, ma ciò che attira davvero lo sguardo è la testa.
O meglio, ciò che ne rimane.
La calotta cranica è stata brutalmente divelta, lasciando il cervello esposto all’aria, parzialmente fuoriuscito.
Senza esitazione, l’essere si lancia contro il gruppo, brandendo una spada argentea con un’aggressività incontrollata. Non lascia spazio per pensare o per comprendere: l’unica risposta possibile è combattere.


Il githyanki, pur essendo un avversario imponente, è in uno stato tale da rendere l’incontro relativamente veloce. Le ferite, gravi e diffuse, indeboliscono enormemente la sua capacità di combattere, permettendo al gruppo di abbatterlo prima che possa infliggere troppi danni. La sua spada argentea, pur ancora minacciosa, diventa meno precisa e pericolosa e in breve il combattimento si conclude con la sua caduta.

Tuttavia, la vittoria non lascia una sensazione di trionfo, solo domande e preoccupazione. Il corpo del githyanki giace sul pavimento, ma la domanda che sorge è chiara: cosa ci faceva un githyanki in un luogo come questo? Che cosa gli è stato fatto?
Non c’è tempo per riflettere troppo, però.
Dal cranio divelto, il cervello che era rimasto intrappolato all’interno inizia a muoversi per poi saltare fuori dalla sua cavità. Il suo movimento è rapido e innaturale e il gruppo, che ha appena abbattuto il corpo di cui aveva preso possesso, è costretto a ributtarsi in un secondo combattimento, che sembra essere sfiancante.


Il cervello, ora libero dal corpo che aveva occupato, si rivela essere un avversario astuto e letale. Non si tratta solo di una creatura che attacca in modo casuale, ma di un essere dotato di una mente acuta e letale. Ogni movimento è preciso, ogni attacco studiato, ogni difesa apparentemente inevitabile.

L’intelligenza del cervello è palpabile: sembra capire perfettamente le dinamiche del combattimento e ha capito il punto debole del rogue, quello più pericoloso. Le sue palle.
Le forze degli eroi iniziano a diminuire. Ogni attacco che finisce nel vuoto fa sentire il peso della lotta. Il cervello sembra godere della difficoltà del gruppo, sfruttando ogni momento di debolezza, ma nonostante tutto, il gruppo non cede e porta a casa anche questa vittoria.
Malgrado la tensione del combattimento appena terminato, l'atmosfera cambia improvvisamente. Forse è l'adrenalina, forse è il puro e semplice fatto che, dopo tutto quello che hanno affrontato, vedere un cervello saltellante sembra quasi ridicolo.
Mentre il resto del gruppo ancora ride e si lancia battute sulla difficoltà di rimettere un cervello al suo posto, è Synthariel a riportarli con i piedi per terra. Senza perdere tempo, propone di distruggere completamente tutti i girini prima che possano diventare un problema più grande.
Myra, però, non è ancora pronta a dire addio a questa scoperta. Con un misto di curiosità e sconsideratezza, ne afferra uno tra le dita e lo solleva per osservarlo da vicino. Il piccolo essere si contorce furiosamente, tentando di divincolarsi e con sorprendente aggressività si lancia verso il suo volto nel tentativo di morderla.
Lei si limita a ridacchaire a questa sconsiderata aggressività e gli porge un polpastrello. Il dolore è minimo, solo un fastidio pungente, ma nulla di più. Myra continua a osservarlo con attenzione, cercando di capire se ci sia dell’altro dietro quel comportamento, ma alla fine, il piccolo mostriciattolo si rivela solo un minuscolo e rabbioso predatore. 
La porta in fondo alla stanza subisce la stessa sorte della prima. Myra, ancora stizzita per l’ultima interazione con Vryssal, decide di occuparsi personalmente della questione, evitando con cura ogni possibile contatto indesiderato. Con un suono stridulo di metallo forzato, la paratia cede, aprendosi di colpo e Myra si ritrova in piedi davanti al varco spalancato.
La stanza è circolare, dominata al centro da una gigantesca piscina colma di un liquido verdastro e denso, increspato da un movimento inquietante appena sotto la superficie. Non è appoggiata a terra, ma levita in maniera innaturale circa quindici centimetri dal suolo.
L’architettura intorno a loro è estranea, minacciosa, quasi opprimente. Non ci sono angoli, solo curve innaturali che si fondono in un’armonia distorta, come se la stanza stessa fosse stata plasmata da una mente estranea alla comprensione umana. Ogni superficie è ricoperta da geroglifici intricati, incisi con precisione e tutto emana un’aura malvagia, una presenza che li schiaccia con il peso di un’intelligenza aliena.
L’aria è pesante, come se la stanza stessa respirasse attorno a loro. Il senso di divertimento e leggerezza di poco prima si dissolve completamente. Perfino Vryssal, che raramente si lascia intimidire, apre la bocca per lanciare una battuta diretta a Myra, ma la richiude subito. Il gelo che gli stringe lo stomaco è più forte della sua voglia di sarcasmo.
Synthariel sembra immune a quella morsa di terrore che sta lentamente paralizzando il gruppo. Mentre gli altri sono scossi dall’opprimente sensazione di malvagità che pervade la stanza, lei mantiene la lucidità, osservando con attenzione ogni dettaglio.
Vryssal, al contrario, è in pieno panico. Chiude gli occhi con forza, coprendosi il viso come se bastasse quello a cancellare la realtà attorno a lui. La paura gli attanaglia la mente, impedendogli persino di muoversi.
Poi, dal fondo della piscina, una luce arancione si accende all’improvviso, pulsando con un bagliore sinistro. Prima che qualcuno possa capire cosa stia accadendo, un’ondata di topi psionici emerge dal nulla, sciamando fuori come un’onda vivente e riempiendo la stanza con il loro sibilo inquietante.
Vryssal è completamente fuori gioco, inchiodato sul posto dal terrore. Myra, senza pensarci troppo, lo afferra con forza e lo scaraventa sul lupo, che lo accoglie con un leggero sussulto. Con una semplice pacca sul fianco, la warlock gli dà il segnale: il lupo si allontana rapidamente, portando in salvo il suo carico inerte.
Lo sciame di topi psionici si muove con un coordinamento innaturale, come se fossero guidati da una mente comune. C'è un’intelligenza fredda e calcolatrice nei loro movimenti, un'inquietante consapevolezza che permette loro di individuare istantaneamente il bersaglio più vulnerabile.
Si avventano con ferocia, cercando di sopraffare il gruppo con la loro superiorità numerica. Ma Britz, Myra e Synthariel non si fanno cogliere impreparati: le magie precise della mezz’elfa e i colpi letali dell’arciere e della warlock spezzano l’ordine dello sciame, riducendone le fila. Alcuni dei topi cadono sotto i loro attacchi, mentre gli altri sembrano riorganizzarsi, rimanendo comunque una minaccia letale.
L’atmosfera opprimente della stanza e l’influenza psichica dello sciame giocano brutti scherzi alla mente degli eroi e per un attimo, le priorità si confondono. La battaglia sembra dimenticata, ma solo per un momento. Come se avessero attraversato un velo di nebbia mentale, a uno a uno tornano alla realtà, scacciando i pensieri superflui. Si concentrano nuovamente sul combattimento, respingendo gli ultimi assalti dello sciame fino a riuscire finalmente a liberarsi della minaccia.





Lentamente l’elfo blu torna in sé, ritrovando la lucidità e sconfiggendo quella paura che lo aveva attanagliato, ma si rifiuta categoricamente di rientrare in quel buco di stanza con poteri psionici che non può controllare.

Appena Synthariel si avvicina alla piscina fluttuante, il liquido verdastro all’interno sembra agitarsi, come se rispondesse alla sua presenza. Atri girini nuotano freneticamente, formando per un istante delle spirali caotiche e poi per lei, il buio.
La sua mente si riempie di suoni orribili, sente un dolore come se delle gigantesche forbici di metallo le stessero tagliando il cervello. Vede immagini di un mare d’argento con stelle distanti e poi faccia a faccia con una di quelle creature con la pelle verde, ma questa davanti a lei sta bene e col grosso spadone a due mani, la colpisce all’addome ripetutamente, fino a quando lei stessa non si ritrova i suoi stessi intestini tra le mani. Di nuovo in un flash, sta precipitando avvolta dalle fiamme e quando colpisce il terreno tutto intorno a lei diventa nero.
Myra e Britz ascoltano attentamente il resoconto di Synthariel, elaborando ogni dettaglio con la solita meticolosità che riservano alle cose che non possono controllare con un colpo di spada o un incantesimo ben piazzato. Quando la warlock vede nella sua testa quelle stesse immagini nota che le emozioni, sono le stesse che accomunano ogni visione. È lo stesso schema che ha percepito ogni volta che si è trovata coinvolta in eventi legati a questa dannata nave, ai suoi occupanti, al ritrovamento di Bern e all’idolo senza pinne.
C’è un filo conduttore, questo è certo, ma i pezzi del puzzle continuano a sfuggirle, a rimanere sospesi nel vuoto senza incastrarsi alla perfezione. C’è qualcosa che manca, un elemento che non riesce ancora a vedere.

Nel frattempo, Bern ha deciso che aveva già sopportato abbastanza. Era stato interrogato, trascinato in giro come un pacco indesiderato e tenuto sotto stretta sorveglianza, come se fosse un esperimento instabile pronto a esplodere, ma ora, il suo limite era stato raggiunto.

Con gli occhi pieni di terrore e disperazione, si lancia verso il gruppo, supplicandoli di lasciare quel luogo maledetto. La sua voce è carica di una paura autentica, ma appena i suoi piedi toccano la zona intorno alla piscina fluttuante, tutto cambia.
Un suono raccapricciante riempie la stanza mentre la sua pelle inizia a friggere, come se un fuoco la stesse divorando dall’interno. Il suo collo si spezza all’indietro con un sonoro crack, un rumore che riecheggia nell’aria carico di orrore puro. E poi, dal suo viso, emergono tentacoli enormi, contorcendosi come serpi impazzite, gocciolanti di un muco viscido e innaturale.
Bern non esiste più. Davanti a loro si erge il Bernflayer e l’unica soluzione è quella di sconfiggerlo.



Il Bernflayer, nonostante sia appena nato, possiede già un potere devastante. Gli eroi si rendono subito conto che non è un avversario da sottovalutare: la sua aura psionica è opprimente, il suo controllo sulla mente è letale e la sua presenza stessa sembra risucchiare la speranza da chi gli sta di fronte.

Vryssal, rimasto in fondo al corridoio fino a quel momento, si lancia in avanti con uno scatto fulmineo. Non c’è esitazione nei suoi movimenti, nessuna pietà nel colpo che sferra, ma questa sicurezza gli costa cara.
Con un movimento innaturale, quasi troppo veloce per essere seguito dagli occhi, il Bernflayer lo afferra. I suoi tentacoli avvolgono la testa del rogue, stringendo con una forza terrificante. Il silenzio nella stanza diventa assordante mentre tutti osservano, paralizzati, i sottili denti che iniziano a perforare la carne.
Vryssal è intrappolato. Il Bernflayer si attacca al suo cranio, iniziando a succhiare con l’entusiasmo di qualcuno che sorseggia un cocktail esotico sulla spiaggia. Gli manca solo una cannuccia e un ombrellino per rendere la scena più poetica, ma nelle menti degli eroi c’è solo terrore.
Britz e Synthariel colpiscono con tutta la forza che hanno, fendendo l'aria con precisione e disperazione. Il Bernflayer è resistente, troppo, ma non possono permettersi di esitare. Ogni secondo è un secondo in più in cui Vryssal rischia di non tornare indietro.

Myra, solitamente imperturbabile, resta pietrificata per un attimo. Per quanto spesso abbia voglia di strangolare Vryssal con le proprie mani, per quanto lui le dia alla testa con la sua arroganza e il suo atteggiamento sprezzante, non lascerà che sarà un altro a togliergli la vita. Se qualcuno lo farà fuori, quella sarà lei.

Non questo abominio e non ora.
La paura si trasforma in rabbia pura e Myra scatena sul Bernflayer tutto ciò che ha, con una furia che nemmeno lei si aspettava di provare.
Il Bernflayer lotta fino alla fine ma poi finalmente crolla. Il silenzio che segue è innaturale, denso.
Vryssal, il primo a liberarsi dalla presa dell'orrore, si lascia cadere all'indietro, il petto che si solleva in un respiro affannoso. Gli altri non sono da meno. Per la seconda volta in quel maledetto giorno, nessuno trova alcun motivo per ridere.
Mentre Synthariel si affretta a stabilizzare Vryssal, Myra è colpita da una delle sue fulminee genialate. Mentre gli altri sono ancora alle prese con il sollievo e lo shock, lei si china sul cadavere del Bernflayer, esaminando il suo cervello con un interesse che probabilmente non dovrebbe avere.
Un piccolo morso. Solo un assaggio.
Lo butta giù con un sorso di rum ma il sapore metallico e disgustoso le graffia la gola.
La sua mente esplode. Un’ondata di connessione telepatica la investe come un'onda anomala, una voce sussurra nelle profondità del suo essere, qualcosa tenta di farsi strada nella sua coscienza. Per un istante sente l'eco di pensieri che non sono i suoi, una vastità aliena e inimmaginabile.
Poi, con uno scatto di volontà, si ritrae.
Non è il momento. E probabilmente non è neanche il caso, ma il potenziale di quel cervello è innegabile.
Si guarda intorno, cercando un contenitore adatto e il suo sguardo si posa sul cappello di Britz. Con naturalezza, lo afferra e ci infila dentro il disgustoso trofeo.
Nonostante le proteste del legittimo proprietario, Myra annoda i lembi del cappello per trasformarlo in una borsetta improvvisata. Quel cervello potrebbe rivelarsi utile ed essere un’arma in più nel loro arsenale.




Comments

  1. Ma il cervello non era stato messo nella bottiglia di rum svuotata?

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