Avevamo
lasciato i nostri eroi a giocare a nascondino prima che arrivasse Orson, il
druido gigante e poco raccomandabile, deciso a trasformarli in uno spuntino a
chilometro zero.
Myra ha una
grande idea: con la finezza e la discrezione di un elefante in un negozio di
cristalli, decide di giocarsi la carta dell’inganno mentale con un trucco psi
psi psionico. Vuole convincere il druido che loro siano già finiti nella sua
trappola, spappolati come meloni marci sugli spunzoni sottostanti.
Peccato che
l’esecuzione lasci a desiderare.
Orson, invece
di cascarci, inclina la testa con aria perplessa, come se stesse cercando di
capire se Myra sia stupida, disperata o entrambe le cose, dato che la vede palesemente
nascosta dietro ad un piccolo rametto del pino poco distante. Nonostante la
mancata riuscita del trucchetto, il gruppo è ancora in gioco, anche se con un
druido gigantesco e affamato alle calcagna. Synthariel, ormai abituata a
salvare Myra almeno una volta al giorno, già si prepara al prossimo disastro,
che inspiegabilmente, però, non avviene.
Il
combattimento è veloce e privo di disastri e il vecchio e panciuto druido, cade
velocemente.
Dopo un breve
riposo, la temperatura inizia a calare, prima con un venticello fastidioso, poi
con una pioggerellina insistente che nel giro di poco si trasforma nella
tempesta perfetta. Il freddo è pungente, il vento taglia come una lama e la
visibilità è ridotta a pochi metri.
In qualche
modo, contro ogni previsione e nonostante il solito caos, il gruppo riesce a
non perdersi, proteggendo Bern dal peggio, ma mentre tutti stringono i denti
per resistere, è il ranger a cedere. Affaticato, pallido, barcolla sotto il
peso della stanchezza e del gelo.
Con estrema
fatica, avanzando contro il vento gelido e la pioggia battente, il gruppo
riesce a raggiungere Fiskerbak, un piccolo villaggio di poche case in legno,
incastrato tra il mare e la foresta come se si fosse dimenticato di esistere.
Alla ricerca
disperata di un riparo, si ritrovano nella piazza centrale, dove spicca una
costruzione più imponente delle altre. L’abitazione, interamente di legno, ha
una forma circolare e il tetto coperto di paglia e pece, come a voler resistere
alle tempeste peggiori, ma ciò che attira davvero l’attenzione, in particolar
modo di Synthariel, sono le porte d’ingresso: scolpite con inquietante
precisione, sembrano due enormi fauci di squalo spalancate, pronte a divorare
chiunque osi varcarne la soglia.
Il freddo morde
la pelle dei quattro (più uno), la neve a contatto col corpo, si scioglie e
cola lungo il collo, perdendosi all’interno delle vesti e il vento ulula come
un predatore affamato. Nessuno ha più voglia di pensare, né di preoccuparsi di
cosa si nasconda dietro quelle fauci scolpite. Nessuno parla, nessuno commenta.
Solo passi pesanti nel fango, respiri affannati e il desiderio di un tetto
sopra la testa.
L'interno
dell’edificio è un contrasto sorprendente con la tempesta all’esterno. Il
calore li avvolge immediatamente, sciogliendo il gelo che ha intorpidito le
loro ossa. Le torce e il grande focolare diffondono una luce tremolante,
proiettando ombre danzanti sulle pareti di legno.
La stanza è
spaziosa, con un'aria solenne, simile a una grande sala del trono. In fondo, su
uno scranno imponente, siede Jarl Frostgale; una figura maestosa, con una lunga
barba bianca che gli arriva quasi al petto e uno sguardo severo, perso nei suoi
pensieri.
Gli eroi
vengono fatti accomodare, accolti con un misto di curiosità e diffidenza. Non
perdono tempo e iniziano subito a scambiarsi informazioni, discutendo degli
ultimi avvenimenti e, ovviamente, sparlando con disinvoltura dell’Alleanza dei
Lord. Un passatempo che sembra accomunare sempre più persone.
Nonostante la
sua presenza imponente e l'aria severa, la voce di Skotah Frostgale è
stranamente incongruente con la sua immagine. È più sottile di quanto ci si
aspetterebbe, quasi flebile, ma questo non toglie autorità alle sue parole.
Mentre parla,
racconta dello schianto di una nave sulle spiagge a nord di Fiskerbak, un
evento avvenuto ormai tre decadi fa. Nessuno è mai tornato dalle spedizioni
inviate a controllare e le storie locali la descrivono come una stella caduta
dal cielo. Il dettaglio che più colpisce è la descrizione della nave: non di
legno, ma di metallo. Un’imbarcazione che non sembra fatta per solcare i mari.
Il discorso poi
si sposta su Bern e la sua famiglia. I suoi genitori, Taman e Westra,
provengono da generazioni di pescatori. Hanno scelto di vivere isolati, appena
fuori Fiskerbak e, proprio per questo, nessuno si è accorto dell’assalto fino a
quando proprio loro stessi non ne hanno parlato.
Ma è quando si
parla dei Sahuagin che un sospetto inizia a insinuarsi tra i presenti. Anche lo
Jarl ammette che il loro comportamento è stato insolito, ben diverso dalla loro
solita aggressività disorganizzata. Un dubbio inizia a serpeggiare tra gli eroi:
e se il relitto e l’attività dei Sahuagin fossero collegati?

Gli eroi
discutono tra loro prima di coricarsi, cercando di collegare i punti tra i
Sahuagin e il misterioso relitto metallico, ma per quanto ragionino, non
riescono a giungere a una conclusione soddisfacente. È evidente che mancano
ancora dei pezzi del puzzle.
Decidono di
accantonare le domande senza risposta e concedersi il riposo tanto meritato.
L’indomani mattina, rigenerati e pronti all’azione, si rimettono in marcia di
buon’ora. Il viaggio verso il luogo dello schianto dura poco più di un’ora,
abbastanza per prepararsi mentalmente a ciò che potrebbero trovare… ma nulla
avrebbe potuto prepararli davvero a ciò che li attende.
Una gigantesca
astronave aliena giace sulla spiaggia, un colosso di metallo spezzato che sfida
ogni logica e comprensione. La prua è devastata, segnata dal violento impatto
con il suolo, detriti metallici sono sparsi tutt'intorno, conficcati tra le
rocce.
Sprutzi, va a
controllare la zona e al suo ritorno riporta tutto ciò che ha annotato.
Sono presenti
dei corpi, sembrano cadaveri, immobili in posizioni totalmente innaturali e
tutto ciò che si staglia nella zona è completamente alieno.
Myra sente un
brivido correrle lungo la schiena.
Il metallo
della nave… Le basta uno sguardo per riconoscerlo. È lo stesso della zattera su
cui hanno trovato Bern; un dettaglio che fino a quel momento non aveva
considerato rilevante, ma ora, con un’astronave aliena piena di tentacoli,
schiantata davanti a loro, e corpi sparsi sulla spiaggia, quella coincidenza
diventa inquietante.
I suoi occhi si
spostano immediatamente sul giovane, che continua a seguirli imperterrito,
ignaro – o forse no – del peso che quella rivelazione porta con sé. Un’ondata
di diffidenza la assale. Istintivamente, Myra mette distanza tra sé e Bern,
mentre la sua mente inizia a macinare domande che non avrebbero mai dovuto
esistere.
La nave è immensa,
tentacoli metallici, apparentemente parte della struttura stessa, si contorcono
intorno al corpo centrale della nave, dando la strana sensazione che il
metallo, in qualche modo, possa essere morbido e malleabile in quei punti.
Nonostante
siano passate tre decadi dallo schianto, l'aria è ancora densa di vapori che
fuoriescono da fessure e spaccature lungo lo scafo e l'unico accesso evidente è
la prua, sventrata e lacerata dall'impatto.
I quattro
avanzano con cautela, osservando i corpi sparsi sulla spiaggia. Sono tre, umani,
pescatori del posto a giudicare dagli abiti logori e dall’attrezzatura, ma
qualcosa non quadra.
La loro pelle è
scolorita, spenta, e intorno alle loro orecchie il sangue rappreso forma
piccole macchie scure sulla sabbia umida. Britz stringe gli occhi, osserva
meglio. Quello non è sangue qualsiasi. È l’effetto tipico di un danno psichico.
La loro morte è avvenuta in prossimità dello schianto e non per cause naturali.
Synthariel
sente un brivido lungo la schiena. Conosce queste storie. Ne ha sentito parlare
in sussurri e leggende: i Mindflayer.
Creature
abominevoli, predatori psionici che viaggiano tra i piani come parassiti
cosmici, in cerca di prede. La loro presenza non è mai una buona notizia. Usano
poteri psichici per controllare le menti, sottomettono intere civiltà con la
pura forza del pensiero e si nutrono di cervelli come fossero tramezzini.
Mentre gli eroi
analizzano la scena, Britz si accovaccia vicino alla sabbia bagnata, scrutando
attentamente il terreno. Ci sono tracce.
Piedi palmati. Sahuagin?
Ma la cosa
inquietante è un'altra: qualcosa è stato trascinato via e non ci sono i corpi di
coloro che sono stati mandati dallo Jarl.
Purtroppo, il
brutto tempo degli ultimi giorni ha fatto il suo lavoro. La pioggia ha lavato
via parte dei segni, rendendo difficile seguirli con precisione. Quelle che
rimangono sembrano dirigersi a nord, ma ce ne sono anche altre che puntano a
sud.
Mentre gli
altri sono ancora intenti a ispezionare l'esterno del relitto, Vryssal, con il
suo solito approccio alla vita privo di qualsiasi senso di autoconservazione,
decide di entrare con un guizzo dalla prua e si infila tra le lamiere contorte.
L'ambiente è claustrofobico
e disturbante: il metallo strappato dall'impatto crea ombre inquietanti, mentre
un gas sbuffa dai tubi devastati, mescolandosi a un odore poco rassicurante di pesce:
un chiaro segno della presenza dei Sahuagin.

L'interno
appare come un laboratorio distrutto, con strumenti sparsi e rotti, detriti
ovunque e chiari segni di saccheggio. Al fondo della stanza, una porta
circolare chiusa affiancata da una placca metallica semibruciata, incisa con
strani simboli che sembrano formare un linguaggio sconosciuto.
Quando Myra
viene informata della scoperta, si avvicina per poter comprendere quel linguaggio
alieno, ma, non appena varca la soglia della prua, una densa nube di gas si
solleva all’improvviso investendola in pieno, per fortuna, Vryssal è abbastanza
vicino da afferrarla prima che possa finire di faccia sulla porta metallica.
Gli altri due,
nel frattempo, incuriositi da quegli strani tentacoli, si avvicinano per
studiarli meglio e notano delle particolarità che annotano sul loro taccuino mentale:
- sono di metallo malleabile
- sono grandi
- sono tentacoli
Myra intanto
decifra il linguaggio alieno sulla placca metallica, il significato del rituale
per aprire la porta si svela davanti ai suoi occhi: è necessario dar corso ad
un rituale che prevede la genuflessione di un mindflayer col contatto dei suoi
4 tentacoli contemporaneamente ai 4 lati della porta, ma prima che possa
processare questa rivelazione nel modo corretto, un’ondata psichica brutale la
colpisce in pieno. Un dolore acuto le trapassa il cranio mentre immagini
frammentate si riversano nei suoi pensieri. Vede l’impatto della nave, sente
morte, dolore, distruzione…
Il suo corpo
vacilla, le gambe cedono, e si rende conto solo all’ultimo di essere sul punto
di collassare. Fortunatamente, Vryssal è lì. Rapido come sempre, la afferra e
le impedisce nuovamente di sbattere il muso.
Ancora scossa, la warlock si prende qualche secondo per riprendersi, mentre si riuniscono al gruppo,
poi, con la freddezza di chi sta per dire qualcosa di estremamente inquietante,
si sistema e sgancia la bomba.
Con tono
piatto, informa mentalmente il gruppo che non è la prima volta che ha avuto un
contatto telepatico sospetto; con Bernardo, nel momento esatto in cui aveva
provato a comunicarci telepaticamente qualcosa non era andato per il verso
giusto.
A quel punto,
tutti gli sguardi si spostano su Bern.
Myra senza
pensarci troppo inizia ad inondarlo di domande, senza quasi dargli il tempo
necessario per rispondere; lo mette sotto pressione incalzandolo sempre di più,
facendo via via domande che assumono sempre meno significato e, quando lo vede
sul punto di cedere, senza il minimo preavviso tenta una lettura dei suoi
pensieri più profondi, certa di trovarci qualcosa che possa, almeno in parte,
rispondere alle loro domande.
Voglio lasciare un commento ma boh, non e' successo niente di che. Solo la voce dello Iarl, che cambiava alle mille domande di Vryssal :D
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