Cap 10 - L'arrivo a Fiskerbak


Fiskerbak 19° - 20° profondo inverno

Avevamo lasciato i nostri eroi a giocare a nascondino prima che arrivasse Orson, il druido gigante e poco raccomandabile, deciso a trasformarli in uno spuntino a chilometro zero.

Myra ha una grande idea: con la finezza e la discrezione di un elefante in un negozio di cristalli, decide di giocarsi la carta dell’inganno mentale con un trucco psi psi psionico. Vuole convincere il druido che loro siano già finiti nella sua trappola, spappolati come meloni marci sugli spunzoni sottostanti.
Peccato che l’esecuzione lasci a desiderare.
Orson, invece di cascarci, inclina la testa con aria perplessa, come se stesse cercando di capire se Myra sia stupida, disperata o entrambe le cose, dato che la vede palesemente nascosta dietro ad un piccolo rametto del pino poco distante. Nonostante la mancata riuscita del trucchetto, il gruppo è ancora in gioco, anche se con un druido gigantesco e affamato alle calcagna. Synthariel, ormai abituata a salvare Myra almeno una volta al giorno, già si prepara al prossimo disastro, che inspiegabilmente, però, non avviene.
Il combattimento è veloce e privo di disastri e il vecchio e panciuto druido, cade velocemente.


Dopo un breve riposo, la temperatura inizia a calare, prima con un venticello fastidioso, poi con una pioggerellina insistente che nel giro di poco si trasforma nella tempesta perfetta. Il freddo è pungente, il vento taglia come una lama e la visibilità è ridotta a pochi metri.

In qualche modo, contro ogni previsione e nonostante il solito caos, il gruppo riesce a non perdersi, proteggendo Bern dal peggio, ma mentre tutti stringono i denti per resistere, è il ranger a cedere. Affaticato, pallido, barcolla sotto il peso della stanchezza e del gelo.
Con estrema fatica, avanzando contro il vento gelido e la pioggia battente, il gruppo riesce a raggiungere Fiskerbak, un piccolo villaggio di poche case in legno, incastrato tra il mare e la foresta come se si fosse dimenticato di esistere.
Alla ricerca disperata di un riparo, si ritrovano nella piazza centrale, dove spicca una costruzione più imponente delle altre. L’abitazione, interamente di legno, ha una forma circolare e il tetto coperto di paglia e pece, come a voler resistere alle tempeste peggiori, ma ciò che attira davvero l’attenzione, in particolar modo di Synthariel, sono le porte d’ingresso: scolpite con inquietante precisione, sembrano due enormi fauci di squalo spalancate, pronte a divorare chiunque osi varcarne la soglia.
Il freddo morde la pelle dei quattro (più uno), la neve a contatto col corpo, si scioglie e cola lungo il collo, perdendosi all’interno delle vesti e il vento ulula come un predatore affamato. Nessuno ha più voglia di pensare, né di preoccuparsi di cosa si nasconda dietro quelle fauci scolpite. Nessuno parla, nessuno commenta. Solo passi pesanti nel fango, respiri affannati e il desiderio di un tetto sopra la testa.
L'interno dell’edificio è un contrasto sorprendente con la tempesta all’esterno. Il calore li avvolge immediatamente, sciogliendo il gelo che ha intorpidito le loro ossa. Le torce e il grande focolare diffondono una luce tremolante, proiettando ombre danzanti sulle pareti di legno.
La stanza è spaziosa, con un'aria solenne, simile a una grande sala del trono. In fondo, su uno scranno imponente, siede Jarl Frostgale; una figura maestosa, con una lunga barba bianca che gli arriva quasi al petto e uno sguardo severo, perso nei suoi pensieri.
Gli eroi vengono fatti accomodare, accolti con un misto di curiosità e diffidenza. Non perdono tempo e iniziano subito a scambiarsi informazioni, discutendo degli ultimi avvenimenti e, ovviamente, sparlando con disinvoltura dell’Alleanza dei Lord. Un passatempo che sembra accomunare sempre più persone.
Nonostante la sua presenza imponente e l'aria severa, la voce di Skotah Frostgale è stranamente incongruente con la sua immagine. È più sottile di quanto ci si aspetterebbe, quasi flebile, ma questo non toglie autorità alle sue parole.
Mentre parla, racconta dello schianto di una nave sulle spiagge a nord di Fiskerbak, un evento avvenuto ormai tre decadi fa. Nessuno è mai tornato dalle spedizioni inviate a controllare e le storie locali la descrivono come una stella caduta dal cielo. Il dettaglio che più colpisce è la descrizione della nave: non di legno, ma di metallo. Un’imbarcazione che non sembra fatta per solcare i mari.
Il discorso poi si sposta su Bern e la sua famiglia. I suoi genitori, Taman e Westra, provengono da generazioni di pescatori. Hanno scelto di vivere isolati, appena fuori Fiskerbak e, proprio per questo, nessuno si è accorto dell’assalto fino a quando proprio loro stessi non ne hanno parlato.
Ma è quando si parla dei Sahuagin che un sospetto inizia a insinuarsi tra i presenti. Anche lo Jarl ammette che il loro comportamento è stato insolito, ben diverso dalla loro solita aggressività disorganizzata. Un dubbio inizia a serpeggiare tra gli eroi: e se il relitto e l’attività dei Sahuagin fossero collegati?


Gli eroi discutono tra loro prima di coricarsi, cercando di collegare i punti tra i Sahuagin e il misterioso relitto metallico, ma per quanto ragionino, non riescono a giungere a una conclusione soddisfacente. È evidente che mancano ancora dei pezzi del puzzle.

Decidono di accantonare le domande senza risposta e concedersi il riposo tanto meritato. L’indomani mattina, rigenerati e pronti all’azione, si rimettono in marcia di buon’ora. Il viaggio verso il luogo dello schianto dura poco più di un’ora, abbastanza per prepararsi mentalmente a ciò che potrebbero trovare… ma nulla avrebbe potuto prepararli davvero a ciò che li attende.
Una gigantesca astronave aliena giace sulla spiaggia, un colosso di metallo spezzato che sfida ogni logica e comprensione. La prua è devastata, segnata dal violento impatto con il suolo, detriti metallici sono sparsi tutt'intorno, conficcati tra le rocce.
Sprutzi, va a controllare la zona e al suo ritorno riporta tutto ciò che ha annotato.
Sono presenti dei corpi, sembrano cadaveri, immobili in posizioni totalmente innaturali e tutto ciò che si staglia nella zona è completamente alieno.
Myra sente un brivido correrle lungo la schiena.
Il metallo della nave… Le basta uno sguardo per riconoscerlo. È lo stesso della zattera su cui hanno trovato Bern; un dettaglio che fino a quel momento non aveva considerato rilevante, ma ora, con un’astronave aliena piena di tentacoli, schiantata davanti a loro, e corpi sparsi sulla spiaggia, quella coincidenza diventa inquietante.
I suoi occhi si spostano immediatamente sul giovane, che continua a seguirli imperterrito, ignaro – o forse no – del peso che quella rivelazione porta con sé. Un’ondata di diffidenza la assale. Istintivamente, Myra mette distanza tra sé e Bern, mentre la sua mente inizia a macinare domande che non avrebbero mai dovuto esistere.
La nave è immensa, tentacoli metallici, apparentemente parte della struttura stessa, si contorcono intorno al corpo centrale della nave, dando la strana sensazione che il metallo, in qualche modo, possa essere morbido e malleabile in quei punti.
Nonostante siano passate tre decadi dallo schianto, l'aria è ancora densa di vapori che fuoriescono da fessure e spaccature lungo lo scafo e l'unico accesso evidente è la prua, sventrata e lacerata dall'impatto.
I quattro avanzano con cautela, osservando i corpi sparsi sulla spiaggia. Sono tre, umani, pescatori del posto a giudicare dagli abiti logori e dall’attrezzatura, ma qualcosa non quadra.
La loro pelle è scolorita, spenta, e intorno alle loro orecchie il sangue rappreso forma piccole macchie scure sulla sabbia umida. Britz stringe gli occhi, osserva meglio. Quello non è sangue qualsiasi. È l’effetto tipico di un danno psichico. La loro morte è avvenuta in prossimità dello schianto e non per cause naturali.
Synthariel sente un brivido lungo la schiena. Conosce queste storie. Ne ha sentito parlare in sussurri e leggende: i Mindflayer.
Creature abominevoli, predatori psionici che viaggiano tra i piani come parassiti cosmici, in cerca di prede. La loro presenza non è mai una buona notizia. Usano poteri psichici per controllare le menti, sottomettono intere civiltà con la pura forza del pensiero e si nutrono di cervelli come fossero tramezzini.
Mentre gli eroi analizzano la scena, Britz si accovaccia vicino alla sabbia bagnata, scrutando attentamente il terreno. Ci sono tracce.
Piedi palmati. Sahuagin?
Ma la cosa inquietante è un'altra: qualcosa è stato trascinato via e non ci sono i corpi di coloro che sono stati mandati dallo Jarl.
Purtroppo, il brutto tempo degli ultimi giorni ha fatto il suo lavoro. La pioggia ha lavato via parte dei segni, rendendo difficile seguirli con precisione. Quelle che rimangono sembrano dirigersi a nord, ma ce ne sono anche altre che puntano a sud.
Mentre gli altri sono ancora intenti a ispezionare l'esterno del relitto, Vryssal, con il suo solito approccio alla vita privo di qualsiasi senso di autoconservazione, decide di entrare con un guizzo dalla prua e si infila tra le lamiere contorte.
L'ambiente è claustrofobico e disturbante: il metallo strappato dall'impatto crea ombre inquietanti, mentre un gas sbuffa dai tubi devastati, mescolandosi a un odore poco rassicurante di pesce: un chiaro segno della presenza dei Sahuagin.


L'interno appare come un laboratorio distrutto, con strumenti sparsi e rotti, detriti ovunque e chiari segni di saccheggio. Al fondo della stanza, una porta circolare chiusa affiancata da una placca metallica semibruciata, incisa con strani simboli che sembrano formare un linguaggio sconosciuto.

Quando Myra viene informata della scoperta, si avvicina per poter comprendere quel linguaggio alieno, ma, non appena varca la soglia della prua, una densa nube di gas si solleva all’improvviso investendola in pieno, per fortuna, Vryssal è abbastanza vicino da afferrarla prima che possa finire di faccia sulla porta metallica.
Gli altri due, nel frattempo, incuriositi da quegli strani tentacoli, si avvicinano per studiarli meglio e notano delle particolarità che annotano sul loro taccuino mentale: 
  • sono di metallo malleabile
  • sono grandi
  • sono tentacoli    
Myra intanto decifra il linguaggio alieno sulla placca metallica, il significato del rituale per aprire la porta si svela davanti ai suoi occhi: è necessario dar corso ad un rituale che prevede la genuflessione di un mindflayer col contatto dei suoi 4 tentacoli contemporaneamente ai 4 lati della porta, ma prima che possa processare questa rivelazione nel modo corretto, un’ondata psichica brutale la colpisce in pieno. Un dolore acuto le trapassa il cranio mentre immagini frammentate si riversano nei suoi pensieri. Vede l’impatto della nave, sente morte, dolore, distruzione…
Il suo corpo vacilla, le gambe cedono, e si rende conto solo all’ultimo di essere sul punto di collassare. Fortunatamente, Vryssal è lì. Rapido come sempre, la afferra e le impedisce nuovamente di sbattere il muso.
Ancora scossa, la warlock si prende qualche secondo per riprendersi, mentre si riuniscono al gruppo, poi, con la freddezza di chi sta per dire qualcosa di estremamente inquietante, si sistema e sgancia la bomba.
Con tono piatto, informa mentalmente il gruppo che non è la prima volta che ha avuto un contatto telepatico sospetto; con Bernardo, nel momento esatto in cui aveva provato a comunicarci telepaticamente qualcosa non era andato per il verso giusto.
A quel punto, tutti gli sguardi si spostano su Bern.
Myra senza pensarci troppo inizia ad inondarlo di domande, senza quasi dargli il tempo necessario per rispondere; lo mette sotto pressione incalzandolo sempre di più, facendo via via domande che assumono sempre meno significato e, quando lo vede sul punto di cedere, senza il minimo preavviso tenta una lettura dei suoi pensieri più profondi, certa di trovarci qualcosa che possa, almeno in parte, rispondere alle loro domande.







Comments

  1. Voglio lasciare un commento ma boh, non e' successo niente di che. Solo la voce dello Iarl, che cambiava alle mille domande di Vryssal :D

    ReplyDelete

Post a Comment

Popular posts from this blog